A Carlo Casini, mio compagno di banco a Montecitorio nei primi anni ’90, dobbiamo una immensa gratitudine. Ce lo ricorda il volume che, recentemente pubblicato dal “Movimento per la Vita”, offre una bellissima panoramica della sua pluridecennale lotta a difesa della vita e documenta la straordinaria stima che lo ha circondato in vita e tuttora persiste. Del resto, la sua battaglia non appartiene al passato. E’ di straordinaria attualità, non solo per l’eredità che ci ha lasciato con il Movimento da lui creato che continua ed amplia il suo impegno.

La vita, la difesa, la promozione della vita non deve forse essere – oggi in modo del tutto particolare, esposti come tuttora siamo allo schiaffo mortale della pandemia –  un compito, anzi un imperativo morale, che compete a tutti e singolarmente ad ognuno, qualunque sia la cultura di provenienza, a prescindere da presupposti ideologici che pure su questi temi hanno diviso il campo di una contrapposizione politica dura e lacerante?

Il diritto alla vita, fonte e fondamento di ogni altro diritto, dal concepimento ad ogni fase dello sviluppo dell’ essere umano, secondo un criterio che oggi abbiamo imparato a definire di “ecologia umana integrale”; la tutela del più debole, a cominciare, dunque, dal più disarmato, dalla protezione giuridica dell’embrione; l’embrione come “uno di noi”, espressione coniata in un importante documento del Comitato Nazionale di Bioetica, che dice in modo limpido ed immediato il suo valore pieno, compiuto, umano ed inalienabile fin dal primo istante: la battaglia di Carlo Casini aveva il dono di questo carattere radicale.

Radicale, nel senso etimologicamente proprio del termine: prendeva le mosse  e, nel contempo, approdava lì, alla consapevolezza incrollabile della radicale verità dell’uomo, del suo originario valore ontologico che, a sua volta, ne definisce la  intangibile dignità.

La difesa della vita come inalienabile bene personale, ma anche  collettivo e sociale: non si difende la vita senza difendere la libertà, l’eguaglianza, la solidarietà, la giustizia e nemmeno si tutelano questi valori ove si prescinda dal difendere la vita.

Insomma, da Carlo Casini abbiamo appreso una lezione insuperabile che abita il cuore, la regione più intima della motivazione morale e politica della nostra partecipazione al discorso pubblico.

Ricordo, ad esempio, quando nell’aprile ’93 scrivemmo insieme una mozione di indirizzo generale sui temi di carattere bioetico, che, pochi giorni dopo il referendum elettorale di quell’anno, presentammo alla Camera, chiedendo all’amico Gerardo Bianco, allora capogruppo DC, di sottoscriverla come primo firmatario, assumendola, dunque, come documento ufficiale del gruppo parlamentare democratico-cristiano. Seguirono, in pochi giorni, sullo stesso argomento, altre mozioni di più gruppi parlamentari.

Giorgio Napolitano, allora Presidente dell’Assemblea di Montecitorio – nel bel mezzo della discussione della nuova legge elettorale che prese nome dal suo relatore, Sergio Mattarella – le pose in discussione in aula il successivo 30 giugno. Ne risultò una risoluzione che stava particolarmente a cuore a Carlo Casini, in quanto conteneva – significativamente votata all’unanimità, con la sola astensione del gruppo leghista, quindi dalle stesse forze favorevoli all’aborto – una affermazione di particolare rilevo, che, pronunciandosi a favore della protezione giuridica dell’embrione, sostenendo il divieto di ogni sperimentazione su di esso ed ammettendo solo interventi che avessero un diretto carattere terapeutico, di fatto, ne ammetteva il pieno valore umano e, dunque, l’insopprimibile dignità.

Una battaglia che continua e che anche a noi che diamo vita ad INSIEME spetta il dovere di riprendere con la necessaria convinzione.

Domenico Galbiati

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