C’è chi dice no! C’è qualcosa che non va in questo cielo
Così qualche anno fa il Blasco metteva in musica i problemi di una realtà complessa, nel suo personalissimo stile. Di certo non mancano mai motivi per ritenere che qualcosa non vada nel “nostro” cielo, come già sostenuto autorevolmente da Dante nel VI Canto del Purgatorio, dolendosi della “serva Italia di dolore ostello, nave senza cocchier in gran tempesta…..”.
Di questi tempi ci sono però problemi più gravi che affliggono l’umanità. Dopo il Covid, che ci ha obbligato a prendere atto della caducità dell’esistenza e che sembrava avere risvegliato sentimenti di solidarietà da tempo sopiti, venti di guerra si sono alzati impetuosi sulla nostra Europa. Putin ha attaccato l’Ucraina, in un conflitto che si trascina da più di due anni e che continua a provocare dolore, morti e distruzioni. Il mese scorso il gruppo terroristico Hamas, con un’inattesa incursione, ha attaccato Israele annunciando che non si fermerà se non quando avrà fatto giustizia di tutti gli israeliani. Israele, risponde da par suo, ripagando con la stessa moneta e, a farne le spese sono cittadini inermi, uccisi o costretti a lasciare le loro case, senza avere idea di dove riparare. Il Papa richiama con insistenza alla pace e ha attivato i canali diplomatici della Santa Sede, per cercare intese tra i contendenti che, al momento non sembrano possibili. Il rischio di un effetto a cascata del conflitto è del tutto reale e non sappiamo ancora come andrà a finire.
Va da sé che le ripercussioni di questo turbolento periodo non tarderanno a farsi sentire e già le economie di tutti i Paesi sono in sofferenza. L’Italia non è da meno e l’aumento dell’inflazione è un termometro sensibile di quanto sta accadendo.
Tante e preoccupanti sono le cose che non vanno in questo cielo
Sorprende allora che la Presidente del Consiglio decida di varare una riforma costituzionale, di non poco conto, convinta, come sostiene, che per salvare il Paese, serva assicurargli quella stabilità politica, compromessa dalla politica dei partiti: di cui magari farne a meno?. A sostegno porta dei dati sul cancellierato tedesco e il semipresidenzialismo francese, per dimostrare come in quei paesi i governi durino più a lungo che da noi. Ecco che allora il Premierato sarà, a suo dire, la panacea di tutti gli atavici mali italiani.
Le pur rispettabili opinioni della nostra Presidente del Consiglio meritano però qualche considerazione, partendo dal dire che, in una contingenza internazionale che rischia di far esplodere le sorti del mondo, il Premierato non è sicuramente la priorità del momento. Ma a far riflettere è il modo in cui è stato presentato; come se riguardasse solo una parte del Paese e non l’Italia intera. La nostra Costituzione, frutto di un particolare periodo storico e politico, rappresenta in termini istituzionali, l’autorevole riscatto culturale e ideale a quel ventennio cupo e disastroso che ci aveva ridotti a lacrime e sangue. L’esperienza dell’uomo solo al comando avrebbe dovuto mitridatizzarci da eventuali riproposizioni, ma si direbbe che la storia non è maestra.
La proposta del Governo, con l’elezione diretta del Premier, riprende l’esperienza dello Stato di Israele, unica nel suo genere, abbandonata pochi anni dopo la sua introduzione. A oggi, in nessuna nazione esiste una legge sul Premierato, come quella decisa dal nostro governo. Personalmente non sono tra quelli che considerano la Costituzione inattaccabile e immodificabile, anche se gli esempi che si possono citare non sono certo edificanti, ma sono convinto che meriti il rispetto per l’apprezzamento che si è guadagnata sul campo e che quindi non si possa eroderla un pezzo alla volta, in ragione di interessi parziali. Se lo si deve fare, allora serve la partecipazione di tutte le forze politiche e non della sola maggioranza del momento. A far riflettere però è proprio il meccanismo che, attribuendo la scelta al voto popolare, pone il Premier eletto, al di sopra delle altre cariche dello Stato. Non ci vuole molto a capire che questa è una forzatura, che peraltro non garantisce stabilità proprio per le ragioni che hanno portato a scegliere il Presidente del Consiglio, fuori dal Parlamento, non trovando i partiti un accordo tra loro. Nella sua formulazione, la legge prevede che il Premier possa essere sfiduciato nella sua stessa maggioranza, consentendo al leader del secondo partito di diventare a sua volta Premier e rimanere nell’incarico sino a fine legislatura!
Non è comprensibile poi perché il Premier debba essere eletto attraverso il consenso popolare, essendo comunque espressione di una parte e non viceversa il Presidente della Repubblica che invece rappresenta tutti gli italiani.
C’è qualcosa che non va sotto questo cielo
Non si capisce perché il Parlamento debba eleggere il Capo dello Stato, ma non sia titolato a eleggere il Capo del Governo. Nessuno di questi provvedimenti credo serva a riavvicinare il Paese alla politica e quindi al voto e così si inventano dei premi che attribuiscono alla formazione vincente una maggioranza assoluta, anche con una scarsa partecipazione al voto, violando i limiti della rappresentanza democratica.
Governare è un esercizio che, oltre al consenso, richiede preparazione e competenza e i tentativi di autocelebrazione, a lungo andare giocano a sfavore. Attribuire le colpe della situazione attuale e delle difficoltà a reperire risorse, stante il risaputo ammontare del debito, a chi c’era prima è un copione logoro, che non convince più nessuno.
La Costituzione si può certamente rivedere e migliorare, ma non avvilirla, come quello che vorrebbe fare il Governo con questa legge; e perciò dico no!
Adalberto Notarpietro