Ultimo articolo di approfondimento sul tema del gioco d’azzardo e la ludopatia, a cura di Valter Brunetti, sostituto procuratore generale presso la Corte di Appello di Napoli.

Parte terza di tre. Leggi la prima parte e la seconda parte.

1. NOZIONE NORMATIVA

a. L’evoluzione normativa descritta nelle precedenti parti d questa riflessione, evidenzia una nuova attenzione del legislatore per i costi occulti sopportati dalla società a causa della politica non virtuosa promossa nel settore del gioco legale d’azzardo. Costi che si sono palesati con una tal evidenza che lo stesso termine ‘ludopatia’ ha finito per significare nel linguaggio tecnico del legislatore e nei testi di medicina meno di quanto la semantica potesse suggerire.

Invero, come evidenziato in una ricerca di Maria Cristina Torchia – studiosa specializzata in sociolinguistica e consulente linguistica dell’Accademia della Crusca (cfr. M.C. Torchia, Ludopatia. Consulenza linguistica. Accademia della Crusca https://accademiadellacrusca.it) – la ricerca semantica del significato del termine ‘Ludopatia’, partendo dalla origine latina e greca dei termini che lo compongono (ludus\ gioco e pateia\ sofferenza) approda alla conclusione che esso possa indicare ‘le forme in cui la tendenza al gioco, anche a giochi che non prevedono scommesse o esborso di soldi, degenera in comportamento patologico, compulsivo, reiterato ossessivamente’.  Il contributo di Maria Cristina Torchia, nell’evidenziare l’uso del termine ludopatia con valore di iperonimo rispetto a Gioco d’azzardo patologico, richiama il saggio sul tema del semiologo Stefano Bartezzaghi (Il gioco infinito. Forme, linguaggi, sconfinamenti, patologie, pubblicato nel 2008 nel numero 337 della rivista “AutAut”), interamente dedicato al tema del gioco. Evidenzia dunque l’autrice: ‘Sull’azzardo disponiamo di descrizioni letterarie, scientifiche e testimonianze personali: la rilevanza sociale del problema lo ha reso più riconoscibile.  Ma così come sarebbe sbagliato espellere i giochi d’azzardo dal novero dei giochi – sulla base di una moralistica considerazione della nobiltà disinteressata del gioco – un errore simmetrico e non meno rilevante sarebbe quello di confinare la ludopatia al solo ambito del gioco d’azzardo. Vere e proprie forme di ludopatia scacchistica sono, per esempio, quelle descritte in opere come la Novella degli scacchi di Stefan Zweig ( scrittore e drammaturgo ndr). Se dal punto di vista del trattamento clinico conviene che le diverse forme di ludopatia vengano ben distinte, dal punto di vista teorico andranno riassorbite nel quadro delle diverse degenerazioni del gioco che l’antropologo Roger Callois aveva delineato e previsto già negli anni cinquanta. Nello stesso saggio, come pure in altri interventi su questi temi, Bartezzaghi include nel novero delle ludopatie diversi possibili comportamenti di gioco devianti legati, per esempio, ai videogiochi, ai giochi di simulazione, a quelli in cui la competizione degenera in scontro fisico e, per quanto possa apparire improbabile, anche a giochi di tipo verbale’.

A fronte di tanto il termine ludopatia è usato dal legislatore nel meno esteso significato di malattia legata al gioco d’azzardo, ovvero come sinonimo di gioco d’azzardo patologico (G.P.A.). Il decreto-legge 158\2012 – convertito in legge 189\2012 e recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute – introduce, con la disposizione di cui all’ art 5, la disciplina dell’Aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, con particolare riferimento alle persone affette da malattie croniche, da malattie rare, nonché da ludopatia.  Per quello che rileva, il comma secondo dell’art. 5 recita: Con la medesima procedura di cui al comma 1 e nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica, si provvede ad aggiornare i livelli essenziali di assistenza con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia, intesa come patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definita dall’Organizzazione mondiale della sanità (G.A.P.)’.

Il legislatore ha, dunque, utilizzato il termine ludopatia attribuendo il significato meno ampio di gioco d’azzardo patologico, che in vero trova cittadinanza nelle classificazioni scientifiche. Si evidenzia ancora nel contributo di Maria Cristina Torchia che “fanno fede le versioni italiane del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, curato dall’ American Psychiatric Association) a partire dalla terza edizione, e della decima revisione dell’ICD (International Statistical Classification of Diseases, Injuries and Causes of Death, redatta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità). Il lessema gioco d’azzardo patologico è stato scelto come termine tecnico della lingua medica italiana per tradurre il corrispettivo inglese pathological gambling in maniera esatta (gambling = ‘gioco d’azzardo’ vs play e game). Ludopatia è invece il traducente adottato come tecnicismo medico-scientifico in lingua spagnola: ha il vantaggio di essere più breve, trattandosi di una parola sola, ma è meno preciso dal momento che si perde il riferimento specifico alla componente dell’azzardo”.  Conclude, dunque: “(…) Sembra quindi corretto segnalare le preoccupazioni di chi, occupandosi di questi problemi da clinico o specialista, percepisce l’uso di ludopatia, in luogo del tecnicismo appropriato, come ambiguo e potenzialmente fuorviante”.

2. LA TUTELA DEL LUDOPATICO NEL DIRITTO GIURISPRUDENZIALE. L’IMPUTABILITÀ DEL LUDOPATICO. IL REGIME SANZIONATORIO PIÙ FAVOREVOLE DELLA CONTINUAZIONE PER I REATI. NON ASSIMILABILITÀ DELLA LUDOPATIA ALLO STATO DI TOSSICODIPENDENZA

A. LUDOPATIA E IMPUTABILITÀ

Il riconoscimento in epoca relativamente recente della ludopatia come patologia classificata non è indifferente per il nostro ordinamento. Se la patologia consiste in un’alterazione del meccanismo di controllo degli impulsi al gioco d’azzardo, si pone la questione della sua incidenza sulla imputabilità del ludopatico, ovvero sulla sua capacità di intendere e volere al momento del fatto. La cosa non è di poco conto tenuto conto di quanto previsto dall’art 85 cod. pen.: ‘Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. E’ imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere’. La mancanza di imputabilità al momento del fatto esclude la punibilità ex art 88 cp o comunque incide sulla entità della risposta punitiva, imponendo una diminuzione della pena da irrogare, ove la capacità di intendere e volere senza essere esclusa risulti solo grandemente scemata a causa dell’infermità sofferta, ex art 89 cp

Sul punto rileva la decisione della Sesta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione del 18 luglio 2018 nr 33463. La sentenza pone il principio della possibile incidenza della patologia del Gioco d’azzardo patologico sull’imputabilità, sotto il profilo della incidenza sulla capacità del volere, pure dichiarando l’inammissibilità del ricorso per cassazione per ragioni formali avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze del 29\9\2016 di conferma della sentenza del Tribunale di Arezzo. I giudici di primo grado avevano condannato un dipendente della Asl di Arezzo che si era appropriato in tempi diversi di circa 16 mila euro, somme di cui aveva disponibilità per ragioni di ufficio. La difesa aveva proposto il tema della esclusione della imputabilità per effetto della ludopatia da cui l’imputato era provato fosse affetto al momento dei fatti contestati. La Suprema Corte, per quello che interessa, inquadra il Gioco d’azzardo patologico tra i disturbi della personalità consistente in particolare – alla stregua dei più recenti approdi della nosologia medica (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali o DSM nei suoi successivi aggiornamenti) – in disturbo del controllo degli impulsi e definito come comportamento persistente, ricorrente e maladattativo che registra una compromissione delle attività personali, familiari o lavorative. La decisione rileva nella parte in cui riconosce che il disturbo della personalità ben possa integrare gli estremi dell’infermità in grado di incidere sulla capacità di intendere e volereescludendola o scemandola grandemente, purché ne sia provata la consistenza, intensità e gravità e si verifichi la condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale.

Il principio della possibile incidenza della patologia del Gioco d’azzardo patologico sull’imputabilità e dell’esclusione di ogni automatismo tra l’accertato detto disturbo della personalità e l’imputabilità è confermato ancora in una recente decisione della Suprema Corte di Cassazione. Rileva la decisione della seconda sezione penale della Suprema Corte nr 14467\2020. Nel caso di specie, la incapacità di intendere e volere era stata inutilmente vantata da un agente assicurativo ludopatico condannato per il reato di truffa consumata incassando premi versati da clienti cui aveva fatto sottoscrivere polizze mai emesse dalle Compagnie di assicurazione la cui intestazione risultava sul contratto.

La correlazione tra ludopatia e consumazione di illeciti – a riprova dell’attualità dell’emergenza – è segnalata anche nella diffusa e interessante relazione – già sopra richiamata –  approvata con delibera 3 Dicembre 2021 della Corte dei conti – Sezione Centrale Di Controllo Sulla Gestione Delle Amministrazioni dello Stato, ove per quello che interessa al f. 39 si legge: Inoltre, appare opportuno segnalare, che, nella più recente giurisprudenza della Corte dei conti in materia di responsabilità amministrativo-contabile, ricorrono, non raramente, casi di peculato o ammanco contabile, a fronte dei quali le difese invocano, a discolpa dei convenuti, la ludopatia da cui questi erano affetti. In nota sono ivi richiamati a titolo di esempio le decisioni più recenti cfr. Sez. giur. Sardegna, sentenza n. 352 del 4/11/2021; Sez. giur. Campania, sentenza n. 675 del 08/06/2021; Sez. giur. Emilia-Romagna, sentenza n. 104 del 25/03/2021; Sez. giur. Calabria, sentenza n. 243 del 15/07/2020; Sez. giur. Abruzzo, sentenza n. 60 del 6 giugno 2014”.

B. LUDOPATIA E ISTITUTO DELLA CONTINUAZIONE

Il Gioco d’azzardo patologico in quanto patologia destinata a incidere sulla capacità di volere del reo e a predisporre lo stesso alla commissione di più reati è stata ritenuta compatibile con la sua capacità di ideazione originaria degli illeciti commessi, anche in tempi diversi, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. E’ noto che il legislatore ha previsto, con l’art. 81 comma II cp, un regime sanzionatorio più favorevole per il caso di commissione di più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, in ragione della ritenuta minore pericolosità del reo.

Sul punto rileva la decisione della Prima sezione penale della Suprema Corte di Cassazione del 17 dicembre 2018 nr 56704. La sentenza pone il principio del possibile riconoscimento della più favorevole disciplina della continuazione anche con riferimento ai reati commessi da un ludopatico, imponendo al giudice di merito un vincolo a motivare se con riferimento al caso di specie la patologia oltre a predisporre il reo alla commissione di particolari reati, possa aver inciso in concreto sulla insorgenza di una determinazione originaria a commettere tutti o parte dei singoli reati, per i quali si chiede l’applicazione della disciplina della continuazione». La Corte ha, dunque, posto il principio per il quale: «la valutazione del giudice, […], deve svolgersi necessariamente sulla base dei dati emergenti dalle plurime sentenze di condanna, raffrontando i singoli fatti concreti nel periodo in cui sono stati commessi con il periodo di persistenza della situazione di ludopatia, anche alla luce dell’avvenuta cura successiva di tale stato».

C. LUDOPATIA E STATO DI TOSSICODIPENDENZA

La sentenza rileva anche per avere statuito la non assimilabilità del ludopatico al tossicodipendente.  Il principio della non assimilabilità della ludopatia alla tossicodipendenza è ribadito in altre sentenze della Suprema Corte della Cassazione.

Da segnalare è la decisione della Prima sezione penale della Suprema Corte di Cassazione nr 866 del 20 aprile 2017 ( dep. Il 11\1\2018),cheesclude che in fase esecutiva, ex art 671 cpp primo comma ultimo periodo, lo stato di dipendenza patologica dal gioco d’azzardo si debba considerare come lo stato di tossicodipendenza ai fini del riconoscimento della continuazione tra reati per cui è condanna.

Nel caso di specie, la Corte pure prendendo atto che diverse condanne erano stato irrogate nei confronti di un ludopatico per reati contro il patrimonio consumati a breve distanza di tempo, non riteneva censurabile la decisione del Giudice dell’esecuzione. Il Tribunale di Bari aveva, nel caso di specie, assunto che la ludopatia – e la necessità di conseguire denaro per pagare debiti di gioco – poteva rilevare sul piano del movente dei delitti ma non poteva di suo costituire indice dell’unicità del disegno criminoso, inteso quale rappresentazione, già al momento della realizzazione del primo reato, degli elementi essenziali dell’illecito che si sarebbe successivamente commesso. La scelta, infatti, di pagare i debiti di gioco con i proventi dei reati non poteva implicare una predeterminazione, nelle loro linee essenziali, dei reati poi commessi.

La Corte ha dunque ribadito un principio di diritto già affermato dalla giurisprudenza di legittimità: “Anche se il D.L. 158/2012, art. 5, coordinato con la legge di conversione 189/2012, ha introdotto un programma di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza “con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia, intesa come patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definita dalla Organizzazione mondiale della sanità (G.A.P.)”, la ludopatia, pur potendo avere in comune con la tossicodipendenza la dipendenza dal gioco d’azzardo, non diversamente peraltro da altre situazioni che creano dipendenza come il tabagismo, l’alcolismo e la cleptomania, affonda le proprie radici in aspetti della psiche del soggetto e non presenta, al momento attuale, quegli aspetti di danno, che l’esperienza ha dimostrato essere alla base dei comportamenti devianti cui, nell’ambito della discrezionalità legislativa, la modifica normativa sopra indicata ha inteso porre un rimedio”, pervenendosi al rilievo conclusivo che “in definitiva, l’estensione dei livelli di assistenza alle persone affette da ludopatia non ne ha comportato l’assimilazione alla tossicodipendenza, né consente, per la differenza che si riscontra tra le situazioni di base, il ricorso all’analogia” (Sez. 1, n. 18162 del 16/12/2015, dep. 2016, Bruno, n.m.).

Rileva ancora in tema di non assimilabilità della ludopatia alla tossicodipendenza una recente sentenza della Suprema Corte intervenuta in materia di sospensione dell’esecuzione della pena detentiva di cui all’art. 656 c.p.p., comma 5 e D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 90 e 94,. In particolare, la Corte di Cassazione penale, sez. I, con sentenza dell’8 ottobre 2021 n. 36709, riconosce alla ludopatia il rango di disturbo psichico compulsivo che determina dipendenza e disturbo psichico alla stregua dei parametri elaborati dal DSM V, che costituisce l’ultima versione del Manuale diagnostico dei disturbi mentali, pubblicato a cura dell’American Psychiatric Association (APA).  Stabilisce, tuttavia,  il principio per il quale la sospensione della pena è istituto eccezionale espressamente previsto per le sole ipotesi di dipendenza da sostanze stupefacenti e non applicabile ad altre patologie, quali la ludopatia, non previste. Tanto, conformemente alla giurisprudenza consolidata della Suprema Corte in relazione al cit. D.P.R., art. 90 (cfr. Sez. 1, n. 42562 del 06/11/2008, De Giovanni, Rv. 241719; Sez. 1, n. 12372 del 21/03/2006, Sitzia, Rv. 233861). In caso dunque di condanna  alla pena detentiva a pena non superiore agli anni sei per reati commessi dal ludopatico in relazione al proprio stato di dipendenza, il PM dell’Ufficio esecuzioni competente dovrà ordinare – sussistendone le condizioni di legge – l’esecuzione della pena e l’accompagnamento del condannato presso un istituto di pena, senza contestualmente ordinare la sospensione dell’esecuzione, per consentire al condannato la presentazione di un’istanza indirizzata al Tribunale di Sorveglianza per le ulteriori valutazioni, previste per i tossicodipendenti ex art 90 dpr 309\90.

CONCLUSIONI. ESIGENZA DI UNA RISPOSTA GLOBALE ALLA QUESTIONE DELLE DIPENDENZE

La Commissione parlamentare mista per l’infanzia e l’adolescenza ha pubblicato in data 23 febbraio 2022 un documento di sintesi dell’Indagine conoscitiva condotta sul problema delle dipendenze patologiche, denominato: ‘Le dipendenze patologiche diffuse tra i giovani’. Tra le dipendenze comportamentali la Commissione, nel considerare la dipendenza patologica da gioco d’azzardo, ne individua l’allarmante diffusione tra i giovani, alla stregua dei dati risultanti da uno studio della Deloitte e dell’Università Luiss Guido Carli, forniti nel contributo dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. L’analisi del profilo sociodemografico dei giocatori evidenza in Italia una prevalenza dei giocatori giovani. Il 47 per cento ha, infatti, meno di 35 anni. Si legge nella relazione: ‘I luoghi preferiti dagli italiani per il gioco online differiscono in modo significativo rispetto a quelli del canale tradizionale. In relazione a quest’ultimo, i bar e le tabaccherie sono ancora i luoghi di scommessa più popolari (67,3 per cento), al contrario, per i giocatori online, è il proprio computer il modo più popolare di scommettere (71 per cento). In netta crescita è la quota di chi gioca online tramite smartphone (si è passati dal 16,4 per cento del 2013 al 50 per cento del 2017). Questa tendenza risulta particolarmente rilevante per i giocatori più giovani (15-34 anni)’.

La insidiosità dell’offerta on line di gioco d’azzardo e la sua diffusione tra i giovani rende necessario e urgente in una prospettiva di riforma una risposta dell’ordinamento netta alle questioni poste dalle dipendenze. Una risposta non può che essere globale e deve dunque interessare sia il piano normativo ma anche quello culturale. Sul piano normativo, a livello nazionale e regionale, appare decisivo – con la crescita del coinvolgimento degli enti locali e delle istituzioni scolastiche nell’attività di prevenzione – una coerente e chiara esclusione del gioco d’azzardo pubblico dal novero degli strumenti di politica fiscale. Vi sono ragioni evidenti per ritenere l’immoralità di una tassa sulla speranza dei più deboli. Una buona normazione e un’efficiente azione amministrativa nel settore alimenterà l’affermazione di chiari principi e valori di riferimento. Esse hanno pertanto un’immediata incidenza sul piano morale e culturale. Sotto questo profilo è auspicabile che la risposta si traduca nell’attivazione di virtuosi sistemi, che finalmente riconoscano alla persona – come del resto lo stesso Costituente ha inteso affermare con chiarezza nelle norme ex art 2, 3 co II,  4 Cost –  il ruolo di  protagonista del suo pieno sviluppo nella società in cui vive,  in quanto capace di una corretta vita di relazione nell’interesse comune e di esercizio di libertà responsabile in una prospettiva segnata dal valore della solidarietà.

Valter Brunetti

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