La Shell e il grande operatore nel campo dei prodotti combustibili olandese della Vitol sono stati accusati di sfruttare una “scappatoia” per aggirare le sanzioni europee decise contro i prodotti petroliferi della Russia. La denuncia è che la via utilizzata è quella della Turchia, ma sarebbero coinvolte anche raffinerie indiane. Le sanzioni prevedono il divieto d’importazione via mare del petrolio russo e dei prodotti della sua raffinazione come il diesel
Secondo alcuni dati, le raffinerie in India e Turchia hanno aumentato le loro importazioni di greggio dalla Russia e sono rimproverate di “nascondere” la provenienza del prodotto russo poi esportato in tutto il mondo.
Il gruppo no profit Global Witness sostiene che la Shell, multinazionale britannica che ha annunciato profitti record per oltre 32 miliardi di dollari agli inizi di febbraio, avrebbe importato più di 600.000 barili di prodotti raffinati in Olanda provenienti da impianti turchi, anche se non c’è la prova certa che si tratti della lavorazione di greggio russo. Shell aveva annunciato l’intenzione di non acquistare più prodotti petroliferi russi poco dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.
Sempre la Global Witness sostiene che, nel corso dell’anno scorso, la Turchia ha importato 143 milioni di barili di greggio russo, con un aumento del 50% rispetto al 2021. Si tratterebbe di più di 60 milioni di barili di greggio pari al 73% delle sue importazioni.
L’olandese Vitol, il più grande commerciante di energia privato al mondo, dall’inizio della guerra in Ucraina, ha acquistato 2,77 milioni di barili dalle raffinerie turche per la consegna di prodotti petroliferi in Lettonia, Cipro e Paesi Bassi.
Tutte queste vicende hanno provocato la reazione ucraina attraverso il consigliere economico di Zelensky Oleg Ustenko il quale, pur riconoscendo che la Shell non avrebbe violato formalmente le sanzioni, sottolinea la gran quantità di prodotti importati dalla Turchia da parte della multinazionale britannica, a suo avviso letteralmente inondata di greggio russo.