Ahi, noi! Salvini non se la sente. Bisogna che Conte si arrangi da solo. La patata scotta. E se ai primi di marzo si poteva ancora recitare la parte del Capitan Fracassa, adesso è meglio – Draghi sì o Draghi no – passare la mano.
E i conti – dice Salvini – li faremo dopo…
Senonchè- e un uccellino deve averlo sussurrato all’orecchio perfino a lui – quando saremo al “dopo” gli italiani avranno capito come – Draghi sì o Draghi no – si possa tranquillamente fare a meno di lui e della sua sodale Giorgia Meloni.
La comparsata in tv da Formigli ha messo in mostra un pugile suonato, spinto all’angolo da un giornalista che ha semplicemente fatto il suo mestiere che, come noto – cosa che, per la verità, non sempre succede – non contempla certo che si debba essere compiacenti con i potenti.
Del resto, è interessante la cronologia delle dichiarazioni di Salvini per capire la natura e la portata del personaggio, che, d’altra parte, si evince bene dai suoi atteggiamenti politici generali, pur senza inseguire questi particolari minuti.
Ma è francamente incredibile che, appena istituita la “zona rossa” a Codogno, il leader della Lega – non uno qualunque, bensì oggi capo dell’opposizione che precedentemente, per oltre un anno, ha retto il Dicastero da cui dipende la sicurezza del Paese – abbia rilasciato le dichiarazioni riportate a “Piazza pulita”.
Come è possibile lamentare, con i toni imperativi e perentorii  ascoltati, le carenze di materiale, in particolare per la protezione personale degli operatori sanitari, da parte di un esponente politico che ha governato fino a ieri l’altro e, con il suo partito, per la gran parte dell’ultimo quarto di secolo?  Possibile che, ancora pochi mesi fa, nella foga di difendere il fronte esterno, i confini del Paese dall’orda dei migranti, non sia accorto che era necessario attrezzare anche il fronte interno?
Peraltro, se uno dei maggiori leader del Paese si permette di sbeffeggiare ed irridere un provvedimento urgente e drammatico del governo – quali le restrizioni drastiche imposte a undici comuni lombardi – perché gli italiani, a cominciare dal popolo leghista, dovrebbero prendere la cosa sul serio?
Si è chiesto Salvini se e quale responsabilità politica e morale ricada su dichiarazioni talmente avventate, anche in termini di mancato rispetto delle prescrizioni date a contenimento della diffusione del virus? Ma soprattutto se riandiamo un attimo con la memoria, a quel sentimento di livore e di ostilità preconcetta, di rabbia, di diffidenza e di sospetto, addirittura di odio sociale che accompagnava la strategia disumana dei porti chiusi e dei respingimenti e, per incanto, la trasferissimo ai nostri giorni, posti quasi agli arresti domiciliari nelle nostre abitazioni, quale inferno invivibile, a maggior ragione, sarebbe questo Paese?
Un’ ultima considerazione meritano la Lega e, per la verità, anche gli altri partiti.
Anche ognuno di loro dovrà rifare da capo i conti con se stesso e certo non solo sul piano organizzativo. Ma la questione è – anche nell’interesse del Paese – più urgente ed impegnativa per la Lega cui va riconosciuto oggettivamente di aver messo in campo negli enti locali e talvolta anche nelle istituzionali regionali del Nord, una classe dirigente diffusa, radicata nei territori, attenta ad interpretarne gli umori, spesso capace di moderazione, se appena si sottrae, nella concretezza delle questioni locali vissute quotidianamente, all’imperativo di una dottrina dissennata che, in nome del sovranismo e di un populismo da strapazzo, l’ha spinta sulla china della peggior destra europea.
I leghisti dovrebbero cominciare seriamente a chiedersi se, a questo punto, Salvini, pur avendoli portati dal 4 al 30 ed oltre per cento – in una fase nuova della nostra vicenda politica ed ancor più in vista del famoso “dopo” – non stia diventando, a maggior ragione con i colpi da ko che negli ultimi mesi ne hanno appannato la lucidità, un limite e, soprattutto, un fattore di involuzione del loro movimento, talchè farebbero bene a disfarsene, checché ad oggi ne dicano i sondaggi.
Del resto, l’apparizione di Salvini da Formigli ricorda un vecchio detto con cui mia nonna, una maestra di Voghera, etichettava certi capitani coraggiosi del suo tempo di primo novecento: “Coraggio, scappiamo….”
Domenico Galbiati

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