Una una lettera di medici tedeschi pubblicata sul New England Journal of Medicine del 5 marzo ha comunicato che il primo caso europeo di Sars-Cov-2 potrebbe essere quello di un uomo di 33 anni di Monaco, in Germania, venuto a contatto con una collega cinese, proveniente da Shanghai, durante una riunione di lavoro il 20 e il 21 gennaio.

Il Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle ritiene che il Coronavirus sia entrato in Europa più volte e che “dal primo febbraio circa un quarto delle nuove infezioni in Messico, Finlandia, Scozia e Italia, come i primi casi in Brasile, appaiono geneticamente simili al focolaio di Monaco” (T. Bedford, Director of Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattleche).

Il Coronavirus si è propagato dalla Germania, cuore dell’Europa.

L’Italia non è quindi l’untore dell’Europa come da diversi giorni siamo stati definiti, bistrattati, umiliati (…persino protagonisti di uno spot televisivo francese con la pizza “Covid-19”).

Possiamo gioire! E prenderci la rivincita contro il resto dell’Europa, Germania e Francia in primis. Oppure no, riflettere su un significato più politico.

La situazione è delicata ma se ci si attiene alle indicazioni possiamo farcela, come tante città hanno dimostrato dalla campagna #italianonsiferma.

È nelle situazione di difficoltà che si vede la capacità di fare tesoro e trovare inedite vie d’uscita e di progresso.

Lungi da polemiche, ai legislatori europei si chiede però di valutare la portata di questo contagio che è ancora relegato ad ogni singolo Stato.

Il coronavirus non ha però rispettato confini e, in pieno stile europeista, ha girato e rigirato per l’Europa.

Non si vuole banalizzare la questione e pensare che si possa risolvere con una “quarantena legislativa” ma è necessario porre attenzione alle attuali politiche europee in particolare in tema di salute ed economia.

L’attivazione di un’unità di crisi da parte della Commissione Europea di cui fanno parte i Commissari all’Economia, alla Gestione crisi, agli Interni, alla Salute e ai Trasporti è apprezzabile ma dà la percezione di una governance europea.

Si innescano questioni economiche, di sicurezza, sanitarie e di mobilità che non trovano nella pratica una programmazione unitaria.

Nel rispetto delle autonomie e delle diverse conformazioni di governo (dalle Regioni al Parlamento Europeo) sono necessarie politiche coordinate ma ancor più programmate e gestite sistematicamente in maniera comunitaria.

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