Anche a me, come medico, “corre l’obbligo” di scrivere dopo i due articoli di Massimo Brundisini (d’ora in poi, per concisione, indicato con MB) apparsi su POLITICA INSIEME rispettivamente in data 25.07 (CLICCA QUI) e 21.08 u.s. (CLICCA QUI ). Egli, certamente con le migliori intenzioni, ha inteso informare circa “altri approcci” contro il SARS-CoV-2 per rimuovere “un manicheismo esasperato in tema di vaccinazioni”. Perché no? L’unione fa la forza. A patto che “una visione più articolata” sulle problematiche connesse alla vaccinazione anti-COVI-19 (COVI-19 è sinonimo di SARS-CoV-2; COVID-19 invece indica la malattia prodotta dal virus COVI-19) non sia il cavallo di Troia per seminare scetticismo su acquisizioni o evidenze scientifiche assodate. Ho deciso di scrivere per fornire a quanti abbiano letto le affermazioni di MB un supporto medico affinché non ne restino confusi.

Una premessa. Si è affermata, nelle competenze della medicina occidentale, la cosiddetta “medicina basata sulle evidenze”. Cos’è? Come funziona?

Orbene, le riviste mediche internazionali pubblicano articoli scientifici dopo che almeno tre revisori di pari competenza degli scrittori ne abbiano valutato l’attendibilità scientifica (peer review). Più la rivista è prestigiosa più esigenti sono i valutatori. Ciò che viene pubblicato, tuttavia, rappresenta solo il parere degli autori su un dato argomento.

Alcune riviste o organizzazioni sono in grado di effettuare raffinate ed attendibili verifiche per valutare se su certi argomenti (una classificazione, un protocollo diagnostico, un farmaco etc.) gli studi e le conclusioni dei ricercatori abbiano raggiunto un tasso di concordanza tale da imporsi come evidenza acclarata. Ovvero se, su un dato aspetto, l’esistenza di correlazioni fra alcune variabili possa configurarsi come rapporto causa-effetto (from correlation to causation).

Ho scritto “scientificamente”. Ci tengo a precisare che – secondo il mio parere – la medicina, pur avvalendosi di metodi scientifici, resta un’arte. Le sue metodologie scientifiche, per quanto sofisticate, non offrono verità assiomatiche sulle malattie e la loro cura bensì la migliore evidenza disponibile in un determinato momento su un determinato aspetto; quella evidenza, a sua volta, potrà essere scavalcata da nuove migliori scoperte purché di attendibilità dimostrata. Quindi le evidenze non sono dogmi. Tuttavia, fin quando un’evidenza non risulti obsoleta non tenerla in debito conto va contro il “migliore interesse” del paziente.

Le evidenze producono raccomandazioni di “forza” variabile in base alla qualità degli studi che le hanno generate. Un insieme di raccomandazioni può produrre linee guida appropriate per un determinato problema, spesso complesso, che si deve affrontare al meglio.

Ovviamente, la EBM è più lenta rispetto alle notizie “mediche” che circolano in tempo reale sulla “rete”. Occorre avere un po’ di pazienza ma poi si acquisisce quanto serve per non credere a fake news o all’incredibile.

Per tutto quanto sopra, si comprende bene come il legittimo parere di ogni singolo scienziato [quand’anche dello 89nne (!!) Luc Antoine Montagnier] non abbia di per sé alcuna dignità di “evidenza”, soprattutto se non accompagnato da prove robustissime. Purtroppo, Montagnier da diversi anni “va per la sua strada”, fuori dalle evidenze della buona Scienza che implacabilmente lo contraddice.

Parimenti, proprio “non fa storia” la notizia apparsa su un ritaglio di giornale incluso nel secondo articolo di MB: invece che negare l’evidenza dei dati ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sull’efficacia dei vaccini (CLICCA QUI , vedi oltre), essa è solo la fotografia dell’“effetto paradosso” vaccinale (vedi oltre).

UpToDate è la risorsa on line che – fra gli addetti ai lavori – continua ad essere considerata il riferimento indipendente più autorevole della evidence based medicine (EBM). Ecco, qui di seguito, le parti più importanti delle raccomandazioni sui vaccini contro il COVI-19 degli esperti di UpToDate basate sulla EBM. Sono il riassunto di molte pagine, aggiornate al 16 agosto scorso (consultazione del 22.08.2021), frutto della revisione di almeno 248 voci bibliografiche fino a tutto luglio 2021 (CLICCA QUI ).

  • I vaccini per prevenire l’infezione da sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus 2 (SARS-CoV-2) sono considerati l’approccio più promettente per il controllo della pandemia. Lo sviluppo del vaccino COVID-19 sta avvenendo a un ritmo senza precedenti.
  • Il bersaglio antigenico primario per i vaccini COVID-19 è la grande proteina spike superficiale che si lega al recettore dell’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2) sulle cellule ospiti e induce la fusione della membrana.
  • Diversi candidati al vaccino che utilizzano diverse piattaforme hanno dimostrato efficacia nella prevenzione del COVID-19 sintomatico confermato in laboratorio e sono disponibili in vari paesi.
  • Per le persone idonee alla vaccinazione in base alle priorità di assegnazione locale, consigliamo la vaccinazione COVID-19. La selezione del vaccino dipende dalla disponibilità locale. I diversi vaccini non sono stati studiati testa a testa e quindi l’efficacia comparativa è incerta.
  • Negli Stati Uniti, ai seguenti vaccini COVID-19 è stata concessa l’autorizzazione all’uso di emergenza (EUA):
  • Il vaccino mRNA COVID-19 BNT162b2 (vaccino Pfizer COVID-19): due iniezioni intramuscolari somministrate a distanza di tre settimane in individui di età pari o superiore a 12 anni. Questo è associato a un raro rischio di miocardite.
  • Il vaccino mRNA COVID-19 mRNA-1273 (vaccino Moderna COVID-19): due iniezioni intramuscolari somministrate a un mese di distanza in individui di età pari o superiore a 18 anni. Questo è associato a un raro rischio di miocardite.
  • Il vaccino con vettore adenovirus COVID-19 Ad26.COV2.S (vaccino Janssen COVID-19, indicato anche come vaccino Johnson & Johnson): una singola iniezione intramuscolare in individui di età pari o superiore a 18 anni. Questo è associato a un raro rischio di trombosi con trombocitopenia e possibilmente sindrome di Guillain-Barré.

Per gli individui con determinate condizioni immunocompromesse, i vaccini mRNA vengono somministrati in una serie di tre dosi.

I benefici della vaccinazione superano di gran lunga i rari rischi di eventi avversi specifici.

  • La seconda dose di entrambi i vaccini mRNA deve essere somministrata il più vicino possibile all’intervallo raccomandato, sebbene, se necessario, la seconda dose possa essere programmata fino a sei settimane dopo la prima dose. Se il vaccino viene somministrato in modo diverso dall’approccio raccomandato, la dose o la serie generalmente non devono essere ripetute.
  • I destinatari del vaccino devono essere informati che gli effetti collaterali sono comuni e comprendono reazioni locali e sistemiche, tra cui dolore al sito di iniezione, febbre, affaticamento e mal di testa. Se si sviluppano queste reazioni, possono essere assunti analgesici o antipiretici (p. es., farmaci antinfiammatori non steroidei [FANS] o paracetamolo), sebbene l’uso profilattico di questi agenti prima della vaccinazione sia generalmente sconsigliato a causa dell’impatto incerto sulla risposta immunitaria dell’ospite alla vaccinazione.
  • Le uniche controindicazioni alla vaccinazione COVID-19 sono reazioni allergiche gravi o immediate al vaccino (anti-COVI-19, ndr) o ad uno qualsiasi dei suoi componenti. Tutti gli individui devono essere monitorati per una reazione immediata per almeno 15 minuti dopo la vaccinazione. Gli individui senza controindicazione che hanno una storia di anafilassi di qualsiasi tipo, una reazione allergica immediata ad altri vaccini o terapie iniettabili o una controindicazione a una classe di vaccini COVID-19 diversa da quella che stanno ricevendo devono essere monitorati per 30 minuti (quindi possono essere vaccinati, ndr).
  • Sebbene l’infezione da SARS-CoV-2 possa ancora verificarsi nonostante la vaccinazione, il rischio è sostanzialmente inferiore. Alcune precauzioni di salute pubblica come la quarantena possono essere allentate per gli individui che sono stati completamente vaccinati (cioè, sono trascorse due settimane dal ricevimento di una serie completa). Tuttavia, nelle regioni con una sostanziale trasmissione di SARS-CoV-2 (vale a dire, ≥50 casi/100.000 persone nei sette giorni precedenti o >8% di tasso positivo al test di amplificazione dell’acido nucleico [NAAT]), gli individui vaccinati devono indossare maschere negli spazi pubblici interni data la potenziale trasmissione a seguito di infezioni intercorrenti con la variante Delta. Poiché gli individui con condizioni di immunocompromissione possono avere risposte non ottimali alla vaccinazione COVID-19, consigliamo loro di mantenere misure preventive personali, anche nelle regioni senza una trasmissione sostanziale, in particolare quando è possibile il contatto con individui non vaccinati.
  • Diverse varianti di SARS-CoV-2 con potenziale di fuga immunitaria sono state identificate in tutto il mondo. I vaccini COVID-19 probabilmente mantengono l’efficacia contro l’Alpha (B.1.1.7). L’efficacia del vaccino sembra ridotta contro l’infezione complessiva con la variante Beta (B.1.351) e in misura minore contro Delta (B.1.617.2), sebbene l’efficacia segnalata contro la malattia grave con Beta e Delta sia ancora elevata. La vaccinazione di richiamo per prolungare e ampliare l’immunità contro queste varianti è in fase di studio, ma la futura necessità di un richiamo rimane incerta.

Il Ministero della Salute, in totale accordo con UpToDate, ha diramato il 4 agosto u.s. un’apposita circolare ( CLICCA QUI – cui è seguita la pubblicazione anche di un Vademecum della Società Italiana di Medicina Generale e delle cure primarie (CLICCA QUI) – per regolare le certificazioni di esenzione alla vaccinazione anti-COVI-19. Ebbene, in occasione del primo inoculo di vaccino l’unica controindicazione è “l’ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti” e (solo per AstraZeneca e J&J) l’anamnesi positiva per sindrome da perdita capillare (rarissima). Quindi, se per caso i lettori di POLITICA INSIEME ricordassero di aver avuto nell’infanzia una febbre elevatissima dopo la loro vaccinazione anti-vaiolosa, non si lascino scoraggiare: possono, alle condizioni appena specificate, vaccinarsi contro il SARS-CoV-2. Se non si vaccinassero vorrebbe dire che non lo vogliono fare, non che non possono farlo. Infatti, non ha alcun senso scientifico affermare di non essere sottoponibili ad un vaccino X sulla base di una pregressa reazione avversa ad un vaccino Y.

Mi preme sottolineare che parlare di “vaccini anti-COVID-19” è nella fattispecie scientificamente corretto. Come tali essi sono definiti dall’OMS, dall’ISS, dal Ministero della Salute, dall’EMA, dall’AIFA, dalle riviste scientifiche e da UpToDate. Pertanto, è fuorviante aggiungere un “cosiddetti”.

Non c’è alcun motivo scientifico per temere, anche lontanamente, che i vaccini a mRNA intacchino il genoma (il DNA) della persona ricevente, come lascia intendere MB; né ha – quindi – correttezza scientifica affermare che i vaccini anti-COVI-19 configurino una terapia genica, come invece sembra sostenere MB. In proposito non serve attendere le conferme delle evidenze. Basilari cognizioni acquisibili nei primi anni di studio universitario sono sufficienti per non credere all’incredibile. Per chi ancora dubitasse parla l’ISS (CLICCA QUI). Spiace doverlo dire, ma “i virologi di casa nostra” (a cui MB crede) non sembrano avere competenze sufficienti in materia.

Sarà invece ben possibile che qualche vaccinato, fra 20 anni, sviluppi calli ai piedi o chissà … un alluce valgo. Per alcuni scatterà immediatamente il post hoc ergo propter hoc: occorre ricordare ancora una volta che correlation is not (necessarily) causation!

MB riferisce che in Francia il 50% delle persone è “restia a vaccinarsi (contro il SARS-CoV-2, ndr).”: a fronte di un 97% di vaccinati con altri vaccini. Innanzitutto, cosa intende precisamente con il termine “restia” MB? Si rende conto egli che: a) la prima percentuale non include tutti coloro di età ≤ 12, che non devono vaccinarsi? b) che “il 97% dei vaccinati” comprende invece anche le persone da 0 a 12 anni e si riferisce a individui che hanno prevalentemente completato cicli vaccinali vari nella loro prima infanzia, gestiti dai genitori e in un’epoca in cui il battage anti-vaccini era pressoché nullo? Insomma, le due percentuali (50% e 97%) non si riferiscono allo stesso campione e ogni illazione perde fondamento.

Il C.E.O. (amministratore delegato) della Pfizer, Albert Bourla, ha cancellato il viaggio che aveva programmato in Israele perché non aveva ancora ricevuto la seconda dose vaccinale, non certo perché fosse contrario ai vaccini. Qui una parziale verità viene usata per veicolare subdolamente affermazioni non corrispondenti al vero.

Concordo con MB che l’efficacia dei vaccini disponibili non è del 100%. Peraltro, se dovessimo ritirare dal mercato tutti i farmaci che non hanno un’efficacia totale, ci resterebbe solo … l’acqua fresca. In medicina (e non solo) non esiste un’efficacia del 100% e non esiste un rischio dello 0%.

Con l’emergere della variante Delta, molto più trasmissibile rispetto ad altre varianti, i vaccini finora impiegati potrebbero avere un’efficacia minore nel ridurre la trasmissione virale fermi restando, tuttavia, tutti gli altri vantaggi acclarati (CLICCA QUI). Sono in corso studi serissimi al riguardo. Invece, una certezza acquisita è che – diversamente da quanto sembra accreditare MB – l’impiego dello mRNA nel confezionamento di un vaccino non ha alcuna rilevanza con la eventuale perdita della capacità di bloccare la trasmissione del virus.

MB riporta “la semplice terapia” del prof. Remuzzi per i casi trattati a domicilio, illustrandola testualmente: “aspirina o Aulin al primo comparire dei sintomi per 15 giorni, prima ancora di avere gli esiti di un tampone, da accompagnare a desametazone se i sintomi persistono”. Epperò, AIFA ed EMA sembrano molto caute sulla nimesulide (il principio attivo dell’AULIN ®) (CLICCA QUI). MB non fornisce alcuna notizia di efficacia del protocollo Remuzzi né riporta se quell’eventuale efficacia abbia poi prodotto un’evidenza in merito.

L’ultima edizione del Vademecum della Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia, elaborato in base alla circolare del Ministero della Salute (0008676-26/04/2021-DGPROGS-MDS-P) nel luglio scorso, ha la correttezza scientifica di chiamare terapia sintomatica (cioè che allevia i sintomi ma non ha alcuna efficacia diretta e specifica contro l’agente patogeno) ciò che raccomanda per i pazienti affetti da COVID-19 trattabili a domicilio. In particolare, niente acido acetilsalicilico, niente nimesulide bensì solo paracetamolo. È lo stesso parere espresso da UpToDate in base alle evidenze (CLICCA QUI). Sul piano più strettamente preventivo/terapeutico: bocciatura di tanti anti-virali, proscrizione dell’azitromicina, prudenza per l’anticoagulazione preventiva, indicazioni molto circostanziate per l’uso del desametasone e degli anticorpi monoclonali.

A proposito della terapia con anticorpi monoclonali, vale la pena precisare che l’ex-presidente americano Trump, quando ricoverato per COVID-19, è stato trattato oltre che con una combinazione di essi (Regenera-COV ® della ditta Regeneron, approccio allora assolutamente sperimentale e poi non più indicato per i pazienti ospedalizzati!!) anche con remdesivir (un anti-virale), ossigenoterapia, desametasone (un cortisonico), acido acetilsalicilico, zinco, vitamina D, melatonina e famotidina (un protettore gastrico) (CLICCA QUI).

Al riguardo, UpToDate (https://bit.ly/3y5mHH6) è molto prudente affermando che “I risultati degli studi disponibili finora non dimostrano un beneficio degli anticorpi monoclonali nella maggior parte dei pazienti ospedalizzati” e riservandosi di valutarne l’indicazione in quelli immunocompromessi. Invece, nel trattamento dei pazienti che restano ambulatoriali (CLICCA QUI), solo se in fase precoce e sintomatica di malattia e solo se presentino fattori di rischio per la progressione verso una malattia grave, suggerisce l’utilizzo off label di casirivimab -imdevimab (Regenera-COV ®) purché somministrati il prima possibile dopo la diagnosi e comunque entro sette giorni dall’insorgenza dei sintomi.

È opportuno riflettere sul fatto che scegliere di vaccinare vuol dire ridurre il numero dei contagi e, nell’evenienza più riduttiva, banalizzare nella gran parte dei casi il decorso clinico di un’eventuale COVID-19 sopraggiunta nei casi di inefficacia del vaccino. Invece, somministrare anticorpi monoclonali senza vaccinare vuol dire curare una persona che ha contratto una malattia che si è rinunciato a prevenire. Aggiungo un dettaglio di farmaco-economia: il costo di Regenera-COV ® – a carico del SSN italiano – potrebbe essere spaventoso (forse € 2.000 per fiala) (CLICCA QUI).

Corrisponde al vero quanto affermato da MB: l’impiego dei vaccini negli USA è stato autorizzato solo mediante la procedura di emergenza (EUA) vista l’impennata dei decessi imputabili alla COVID-19. L’ISS ha rassicurato da tempo la popolazione circa le modalità di sviluppo, valutazione e approvazione dei vaccini contro il COVI-19 (CLICCA QUI).

Corrisponde anche al vero che nel Rapporto sulla Sorveglianza dei vaccini COVID‐19 (Rapporto numero 6 ‐ Periodo dal 27/12/2020 al 26/06/2021) di AIFA, cui MB rimanda, si legga che dopo l’inoculazione di 49.512.799 dosi di vaccino si è registrata la morte di 423 persone (pari allo 0,00083%). “ … L’età media è di 77 anni (range 18-104 anni). Il tempo intercorrente tra somministrazione e decesso varia da due ore fino ad un massimo di 78 giorni … Non sono segnalati decessi a seguito di shock anafilattico o reazioni allergiche importanti, mentre è frequente la correlazione con complicanze di patologie già presenti prima della vaccinazione …. Di queste morti tutti ci dispiacciamo. Molto.

Resta il fatto che nel bollettino di sorveglianza integrata sulla COVID-19 dell’ISS aggiornato al 18.8 u.s. e pubblicato il 20.8 u.s. (CLICCA QUI) il confronto fra infezione, decorso e mortalità dei pazienti vaccinati rispetto a quelli non vaccinati, tenendo conto dell’effetto paradosso, è talmente stringente a favore dei vaccinati che non merita che io mi dilunghi ulteriormente. Dice l’ISS: “Per esempio, nella fascia di età 80+, … calcolando a partire da questi dati il tasso di ospedalizzazione negli ultimi 30 giorni, si riscontra come questo per i non vaccinati sia oltre nove volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo. Analizzando allo stesso modo il numero dei ricoveri in terapia intensiva e dei decessi negli over 80, si osserva che negli ultimi 30 giorni il tasso di ricoveri in terapia intensiva dei vaccinati con ciclo completo è ben diciassette volte più basso dei non vaccinati mentre il tasso di decesso è otto volte più alto nei non vaccinati rispetto ai vaccinati con ciclo completo”. Per chi non comprendesse l’effetto paradosso valga quanto segue: supponiamo che in un piccolo comune ci siano 120 abitanti, 100 vaccinati e 20 non vaccinati. Supponiamo che per i vaccinati, la probabilità di ammalarsi di COVID-19 e poi essere ricoverati sia del 10%, quindi 10 su 100; e che per i non-vaccinati, tale probabilità sia del 25% (cioè molto più alta), quindi 5 su 20. In numeri assoluti, risulterebbero ricoverati 10 vaccinati e 5 non-vaccinati. Questo è conseguenza del fatto che la popolazione di vaccinati è ben superiore a quella dei non vaccinati. Credere che la probabilità di essere ricoverati sia doppia per i vaccinati lascia interdetti e desolati. MB non conosce o non vuole credere alla dinamica dell’effetto paradosso: diversamente si sarebbe ben guardato dall’incorrere nel clamoroso autogol di inviare il ritaglio di giornale incluso nel suo secondo articolo.

Infine, alla fine del suo secondo articolo egli ci presenta una vignetta che descrive un possibile caso limite (outlier). Quanto mostrato è una modellizzazione (e visualizzazione) errata dei possibili scenari. La vignetta mostra un solo scenario, per di più senza l’indicazione della probabilità. Una modellizzazione corretta mostrerebbe ogni snodo della ramificazione di eventi ipotizzati con l’associazione della relativa probabilità. Queste probabilità sono note e le infografiche che dimostrano una corretta valutazione degli scenari si trovano da tempo anche sui quotidiani nazionali. Non è difficile intuire che la probabilità che avvengano tutte insieme le circostanze che i disegnini di MB illustrano è bassissima, praticamente irrisoria. E ancora più bassa è la probabilità che tutte quelle circostanze avvengano più di una volta. MB sembra proprio esigere la perfezione, il rischio 0: la sola possibilità di un evento improbabilissimo è per lui sufficiente per diffidare dei vaccini e innescare “esitazione vaccinale”. Io invece, assieme a milioni di abitanti del pianeta, ho completato il mio ciclo vaccinale e ho una vita sociale prudente ma non ossessiva, contento di essermi protetto e di aver protetto anche gli altri contribuendo al bene comune.

Chi ha avuto la pazienza e la costanza di leggermi fin qui avrà osservato che ho presentato non opinioni di singole persone ma evidenze e dati delle più accreditate Autorità mediche in materia. Quella che MB definisce la “narrazione dominante vaccino-centrica” è lo stato dell’arte degli studi della comunità scientifica mondiale le cui conclusioni convergono nel considerare il vaccino la soluzione più efficace e più sicura tra quelle oggi disponibili contro il SARS-CoV-2. Non vedo pertanto nelle considerazioni “a volo d’uccello” che egli propone un punto di partenza per uno studio più articolato, tanto più dopo averne constatato l’ingenua infondatezza.

Roberto Leonardi

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