Antonio Balbiani da Bellano, nel suo libro “Lasco, il bandito della Valsassina”  racconta sinteticamente uno spaccato dell’Italia ai tempi della dominazione spagnola, che ben potrebbe adattarsi ai giorni nostri: “..Alterigia, ozio, cortigianeria, asili, immunità, pregiudizi, taglie ed imposizioni esorbitanti, carestie e pestilenze non impedite, industria, commercio, agricoltura annichiliti e spenti, leggi abbondanti e non mai fatte eseguire, tortura, ecco ciò che successe alle intestine discordie, ecco la storia dei nostri paesi durante la dominazione spagnola. Ma le province più afflitte e travagliate erano quelle di Milano, Napoli e Sicilia. Basti dire che correva nelle bocche di tutti il proverbio che i ministri di Spagna in Sicilia rosicchiavano, a Napoli mangiavano, a Milano divoravano…”.

Questo romanzo è sconosciuto ai più, ma fu scritto ottanta anni prima dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni. Anzi, da alcuni esperti è considerato prodromico e di riferimento per il grande romanziere nella realizzazione della sua opera.

Ma dove sta la differenza ed il grande successo dell’opera manzoniana che tutti gli studenti italiani conoscono? Il Manzoni ha saputo raccontare una storia similare ed ambientata nello stesso periodo storico con espressioni che valorizzano l’etica individuale, l’introspezione psicologica ed i sentimenti dei personaggi, al contrario del ruvido realismo di Balbiani.

Queste considerazioni ci servono ad introdurre una delle tematiche attuali in materia di formazione in ambito Covid.

Sembra che tutti i problemi siano dati e riguardano gli studenti, i quali, socialmente, hanno poca voce in capitolo, perché sono dei minorenni. Ma attenzione che, oltre ai giovani, nella scuola, ci sono anche gli insegnanti, che sono adulti ed anche a loro deve essere riservata la stessa attenzione. Perché la DAD o docenza a distanza impone loro di rielaborare i metodi didattici ormai consolidati alla luce dei nuovi strumenti, i quali trovano gli stessi limiti della fisica: lo spazio dilatato ed i tempi di formazione ristretti.

Le strade percorribili, solo individualmente da ogni docente, consistono, innanzitutto, nel rielaborare le tematiche delle loro dissertazioni secondo il concetto dell’essenza, come suggerisce Aristotele. Perché da un’idea chiara ne conseguono in modo naturale, come da una sorgente, tutta una serie di considerazioni che danno luogo ad un imprinting indelebile.

Inoltre gli strumenti mediatici permettono di compensare i tempi di insegnamento attraverso lo stimolo della vista, che una lavagna ed un gessetto, pur corredati da tante parole, non riescono a realizzare.

Il risultato non consiste unicamente nel riqualificare i docenti in termini di capacità mediatica di comunicazione, ma nel dare all’insegnamento una valenza di maggior verità con l’essenza del messaggio ed una sensazione del bello che arricchisce l’animo e valorizza i buoni sentimenti delle persone: per i giovani tutto questo diventa musica e nessuno può ignorare quanto loro la sappiano apprezzare e fare propria.

Nel gli anni ottanta del secolo scorso l’economia si trovò in una difficile crisi, a tal punto anche i tassi di interessi bancari della lira raggiunsero l’iperbolica cifra del 25% (venticinque per cento).

Gli imprenditori, tuttavia, non si fermarono, ma riuscirono a trasformare una difficoltà in opportunità, passando da un sistema produttivo essenzialmente meccanico, a quello elettronico ed infine informatico.

Per fortuna, anche nella scuola, non mancano esempi in tal senso, anzi sono molteplici. E’ il caso, ad esempio, dello chef Giovanni Guadagno, responsabile della scuola alberghiera del collegio Ballerini di Seregno (MB), una scuola paritaria della diocesi di Milano, il quale scrive, ma soprattutto mette in pratica, quanto segue:” Cerchiamo giovani che non siano studiosi, ma curiosi e vivaci. Giovani che abbiano una grande passione e la mettono a frutto per capire come funziona mettendo le “mani in pasta”, sperimentando sempre come si fa”.

C’è da sperare, tuttavia, che per cambiare i programmi ed i metodi didattici gentiliani non intercorrano tempi come quelli tra Balbiani e Manzoni.

Dino Manzolini

 

 

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