1 La pandemia ha messo in evidenza la scarsa resilienza che caratterizza la nostra struttura organizzativa complessiva (e forse proprio delle aree economicamente più ricche). Più in generale ha mostrato la scarsa resilienza di un modello economico globalizzato fondato sulla de-localizzazione delle attività, rispetto ad un modello più ri-territorializzato nello spazio geografico. La resilienza rappresenta la pre-condizione di un qualunque sviluppo, ma essa è stata oggetto solo di riflessioni accademiche e non di politiche pubbliche. Eppure si esce dalla crisi se si è, o si diventa, resilienti . L’attuale crisi da Covid 19 è solo una anticipazione di quello che potrà accadere se non si diventa più resilienti, nel senso che la pandemia attuale sta per alcuni versi anticipando di qualche anno una crisi che rischia di essere ancora più sconvolgente, che è quella conseguente al cambiamento climatico. Questa va vista come la più grande minaccia del secolo.
Occorre riconoscere che le interdipendenze tra cambiamento climatico, salute e pandemia sono numerose. Gli effetti stessi della pandemia sono accentuati dagli effetti del cambiamento climatico. L’inquinamento dell’aria, per esempio, causato da particolati vari, da ossidi di azoto, di zolfo etc è fortemente accentuato dalle conseguenze del cambiamento climatico, con danni a tutti gli organi vitali, soprattutto per la popolazione anziana( ed in particolare per le più basse soglie di reddito).Le zone più colpite dal virus appaiono allo stato quelle con maggiore inquinamento , anche se non sono ancora state chiarite tutte le correlazioni.
Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità(WHO) ha più volte evidenziato gli impatti negativi sulla salute umana, conseguenti al modello di sviluppo lineare. Dal 2018 ha cominciato ad evidenziare la riduzione di questi effetti negativi con l’assunzione del modello di economia circolare mettendo a fuoco da tempo il rapporto tra cambiamento climatico e salute/benessere, sulla base di specifici indicatori.
E la politica cosa ha fatto? Cosa sta facendo? Come al solito appare interessata a promuovere il ripristino delle condizioni ex-ante.
Orbene, qui si vuole sottolineare che la prospettiva nella quale inquadrare un qualunque possibile piano di azione per uscire dalla attuale crisi da Covid è quella del cambiamento climatico, interpretato appunto come la più grande minaccia del secolo . Occorre muoversi nella direzione della transizione verso la decarbonizzazione, con minori emissioni climalteranti. La velocità del cambiamento climatico appare sempre maggiore, mentre la velocità di nostra risposta appare sempre più lenta ed inefficace. Il cambiamento climatico ha degli impatti sull’ambiente e sugli ecosistemi naturali, sull’economia, sulla finanza. Ma ha impatti molto forti anche sulla salute e sulla percezione di benessere da parte delle persone. Ma questa dimensione centrata sulla salute è stata molto poco “coltivata” (soprattutto da parte dei mass media), con il risultato di non avere determinato una consapevole opinione pubblica ed una conseguente “reazione” nella stessa opinione pubblica e quindi nella politica. Eppure la salute è l’unico valore intorno al quale c’è sempre un consenso unanime, indipendentemente dalle culture e dalla geografia. Anzi,la tutela della salute è la prima istanza umana/sociale cui fare riferimento per iniziare un cambiamento di rotta.
Le misure che si stanno prendendo per il COVID fanno bene a quanti(tanti) sono in difficoltà e rischiano di perdere il lavoro. Ma anche all’ambiente naturale ed al contrasto al cambiamento climatico? Il problema è che fanno male all’economia (e poi anche all’ambiente ed alla società) se esse non sono rigorosamente inquadrate in una prospettiva coerente: nella prospettiva del modello economico circolare per far fronte appunto al cambiamento climatico.
2 Quali proposte, anche in vista del rinnovo dei Governi regionali?
2.1 Occorre premettere che non sarà possibile realmente (nè auspicabile) “tornare indietro” ma occorre “fare meglio” rispetto a quanto fatto finora. Questo è il momento nel quale l’economia va rilanciata in modo diverso dal tradizionale. L’economia circolare è la prospettiva generale. Occorre ricordare che il nuovo modello per generare e per redistribuire la ricchezza nel secolo in corso è il modello di economia circolare. Esso imita i processi metabolici della Terra/natura, che sono diventati perfetti nel corso di 3,8 miliardi di anni e che non lasciano spazio alcuno allo spreco, essendo fonte di continua nuova vita. L’economia circolare minimizza i rifiuti e riduce l’entropia. E’ un modello co-evolutivo tra economia della natura ed economia dell’uomo, che allunga la vita utile dei beni e sollecita la fruizione piuttosto che il possesso… . Più in particolare è’ l’economia delle relazioni, della cooperazione/sinergie/complementarità, che dimostra che cooperare è conveniente economicamente, ecologicamente e socialmente. Inoltre semplifica il trade-off tra esigenze economiche, ambientali e sociali.
Orbene,il modello di economia circolare rappresenta l’acceleratore della transizione verso una riduzione/annullamento delle emissioni climalteranti, e quindi verso un ambiente più sano per la salute delle persone e degli ecosistemi naturali. Quanto sopra ridurrà anche il rischio di eventuali altre pandemie.
2.2 Il suddetto modello trova la sua attuazione , la sua territorializzazione nella città: nella città circolare. Qui si produce la maggior parte del PIL regionale/nazionale. Qui si consuma la maggiore parte dell’energia disponibile e la maggior parte delle risorse naturali (circa il 75 %). Ma le città sono anche il luogo di massima produzione dei gas inquinanti e climalteranti. Sono i soggetti fondamentali da cui dipende la crisi ,ma anche per affrontare la crisi stessa conseguente alla scarsa resilienza .
E’ il momento che da parte delle istituzioni pubbliche nazionali/centrali ed anche da quelle regionali si assuma con decisione la prospettiva del cambiamento climatico come lo scenario generale nel quale proporre i vari piani di azione che riguardano i diversi settori con cui far fronte agli impatti da Covid 19 e tutte le politiche di settore: da quelle economicho/finanziarie a quelle urbanistiche,a quelle relative alla mobilità etc. Questa prospettiva si muove nella direzione di aumentare la resilienza ambientale, economico/finanziaria, sociale e nello stesso tempo produce occupazione già nel breve termine. Sui quasi 8000 comuni italiani, solo circa 200 hanno iniziato ,nel 2019, ad introdurre in qualche modo piani di adattamento e di mitigazione. Perchè? Solo a causa delle scarse disponibilità finanziarie? OpPerchè da parte delle Regioni è stato fatto poco sforzo di indirizzo operativo in questa direzione?
2.3 Eppure, con gli attuali tassi di interesse più o meno vicini allo zero, occorre proporre una strategia di investimenti mirati, evitando distribuzioni a pioggia che servono solo a ricostituire lo status quo pre- Covid. Occorre concentrare gli investimenti in un sistema di infrastrutture materiali ed immateriali nel campo delle energie rinnovabili, del recupero /rinnovo/riuso del patrimonio edilizio esistente, delle infrastrutture verdi e blu, della digitalizzazione , delle attrezzature per migliorare la salute/benessere della popolazione etc e volte a chiudere i loop, restringendone la dimensione territoriale(oggi globalizzata). In particolare,le infrastrutture digitali rappresentano non solo un formidabile acceleratore per l’attuazione del modello di città circolare ma sono altresì fondamentali per migliorare la governance, per migliorare ( e monitorare) il coordinamento delle azioni tra soggetti molteplici, ciascuno dei quali caratterizzato da specifici obiettivi: tra istituzioni pubbliche alle diverse scale, tra soggetti pubblici e soggetti privati, tra imprese ed imprese etc.
Non c’è dunque un momento più propizio di questo per aumentare la resilienza nelle diverse dimensioni. Ripristinare lo status quo antecedente rappresenta una occasione persa, ed anzi uno spreco perchè ex-post i costi economici e finanziari (a parte quelli sociali ed ecologici) saranno enormemente superiori. In questo modo si evita il rischio di una distribuzione a pioggia delle risorse comunque scarse di cui si può disporre anche grazie al contributo dell’Unione Europea. Esse garantiscono un “ritorno” nel breve tempo agli elettori .Ma non danno risposta alcuna alla necessità generale di creare condizioni positive nel medio-lungo termine ed a chi non sarà mai elettore, perché ancora deve nascere. Occorre, per uscire dalla crisi attuale, un Piano Strategico che assuma la lotta al cambiamento climatico come la prospettiva generale di tutte le politiche settoriali.
3 Per migliorare la resilienza nella dimensione culturale
In verità COVID e Cambiamento climatico stanno testimoniando entrambi la scarsa efficacia degli attuali sistemi di governo focalizzati sulle continue e quotidiane emergenze, senza una visione strategico/ sistemica di medio-lungo periodo. Occorre una opinione pubblica bene informata, e quindi realmente consapevole, e capace di discernimento critico. Essa può così pretendere attenzione da parte della politica a superare l’attuale “corto-termismo”, aprendo l’orizzonte temporale al lungo periodo. Questa opinione pubblica consapevole contribuisce a sostenere “dal basso” le iniziative tecniche e normative delle istituzioni pubbliche, moltiplicandone gli effetti positivi. Occorre rigenerare fiducia, che è il fondamento del buon funzionamento non solo del mercato,ma anche delle istituzioni pubbliche e della società. Essa è il fondamento di ogni capacità cooperativa,sinergistica, simbiotica, che soprattutto oggi è assolutamente essenziale.
Occorre allora che ogni città elabori anche un Piano Strategico di tipo culturale: è necessario infatti un cambiamento di mentalità che va al di la degli strumenti normativi, economici, finanziari, fiscali etc per diventare effettivamente resilienti.
Occorre fare rete tra Scuole, Università, Centri di Ricerca, Istituzioni culturali, Fondazioni, Soggetti del Terzo Settore etc per fare nel prossimo futuro quanto si è cominciato a fare in relazione al Covid 19. Occorre sostituire ai tanti talk show fondati sul temi affatto particolari la promozione di una responsabile consapevolezza della gravità della minaccia generale che incombe soprattutto sui giovani e sulle generazioni future. Prima che sia troppo tardi, perchè si è superato il punto del non-ritorno.
Occorre promuovere con esso diffusa consapevolezza che siamo figli della Terra. Come secoli fa sottolineava già San Francesco, dobbiamo vivere in simbiosi con la Terra: essa ci sostiene in tutte le nostre attività mentre noi dobbiamo prenderci cura seriamente di essa (e non rimanere indifferenti rispetto ai suoi tanti segnali, tra cui questo della pandemia) . Occorre certamente far riferimento a tutte le innovazioni tecnologiche digitali, dall’Internet delle cose alla Intelligenza artificiale. Ma anche occorre far riferimento all’intelligenza diffusa della città e dei suoi abitanti, imprenditori, rappresentanti politici ed insomma di tutti i settori della società per costruire un Patto nuovo per affrontare le nuove sfide che ci attendono, identificando insieme una diversa graduatoria di priorità nelle scelte pubbliche e private. Le sfide della rigenerazione di cui tanto si parla oggi, prima che economiche /ecologiche/sociali, sono innanzitutto sfide collegate ad una rigenerazione culturale, etica e spirituale, come già aveva esattamente cinque anni fa riconosciuto l’Enciclica di Papa Francesco LaudatoSì .
Luigi Fusco Girard