L’odierno 25 Aprile è giunto in un momento storico particolarmente anomalo. Ringraziando il cielo, i figli della mia generazione non possono nemmeno immaginare l’orribile sorte toccata a persone innocenti, a fronte dell’affermazione di un ideale distorto divenuto, conseguentemente, sistemico come il nazi- fascismo.
Dico, con orgoglio ed emozione, che mai come oggi mi sento parte della mia Nazione, grazie a chi ha combattuto e dato la vita affinché noi figli, avessimo un sentimento di appartenenza democratica.
Le catene dell’uomo, però, vanno ben oltre le lotte partitiche seppur spinte da ideali!
In effetti, nell’odierna era moderna, credo fortemente che ci si trovi a vivere un’altra forma di oppressione che, oserei dire, costituisce per molti la morte della “fabbrica delle idee”.
Non esiste, infatti, un univoco concetto di liberazione: questo può intendersi come la fine di una prigionia fisica ma anche interiore .
Contro la prigionia fisica si può scegliere di ribellarsi con una reazione materiale prontamente adeguata, come fecero valorosi predecessori nella lotta al fascismo; ma liberarsi dalla gabbia delle catene interiori è un percorso altrettanto arduo e per nulla indolore.
Allora viene da chiederci se oggi, come allora, possiamo considerarci donne e uomini liberi!?
La mia è evidentemente una risposta negativa e non certo perché siamo in misure restrittive da coronavirus!
Ed ecco che mi riallaccio, condividendolo in pieno, a chi , per definire il fascismo, lo ha considerato come “ “UNA CATEGORIA DELLO SPIRITO”.
Chi conosce bene la struttura di cui siamo fatti, ha definito l’uomo naturalmente MALVAGIO perchè incline, nell’immediato, ad una ricerca appagante della propria cupidigia, proiettata ad un’idea di successo popolare.
Così, oltre settant’anni fa, a duro prezzo, ci veniva consegnata un’Italia finalmente libera e pronta a costruire il proprio futuro sulla scia di principi di alto valore etico come la democrazia e la solidarietà.
Oggi, tali principi, seppur sbandierati da tutti, si sono svuotati dell’essenza del loro significato.
E’ pericoloso avere un popolo non pensante; chi non pensa non analizza, non crea, non spera, non vive seppur sopravvive come entità naturale.
La cultura, o meglio, ciò che rimane del suo significato, non è proiettata alla creazione di individui in grado di esaminare e progettare il futuro delle nuove generazioni ma unicamente indirizzata alla formazione di persone di successo, considerate tali per il plauso sociale che rivendicano.
Ed eccoci ad una cultura frammentata, troppo settoriale, poco attenta ad offrire contributo alla formazione strutturale dell’individuo e molto incentrata al successo professionale.
Quel successo che, unitamente alla ricerca di accumulo sfrenato ed ostentazione dell’apparire, ha determinato l’instaurarsi di una società fluida, gabbia del nostro spirito.
Ed allora ci troviamo ad essere prigionieri di noi e di un sistema rappresentativo spesso incline ad alimentare quei falsi problemi che infuocano le paure immediate della massa: la salute, la contrazione di ricchezza, l’incertezza del futuro.
Dall’altra parte gli innumerevoli input virtuali e tecnologici, utilizzati all’esasperazione, ci ricordano quotidianamente che SE NON HAI NON SEI!
Ed allora, così come il fascismo non precipitò come fulmine a ciel sereno, anche oggi la crisi epocale che stiamo vivendo e che ci ricorda che innanzi noi alberga un futuro colmo di sfide epocali non più rimandabili, anch’essa non ha nulla di caso fortuito.
Da qui ritengo urgente, prima di ogni altra cosa, un progetto di rieducazione sociale improntato su principi e valori senza tempo e senza spazio.
Un’opera che necessariamente deve partire dal singolo, ramificarsi nel popolo ed essere essenza della scelta degli istituti rappresentativi.
Questo per dire che la cultura dell’apparire, unitamente ad una classe politica dagli apparati rappresentativi ormai completamente disgregati, possono contribuire ad alimentare un “fascismo dell’anima” da cui, forse, sarà ancora più difficile liberarsi.
I valori Cristiani, condivisibili, anche da laici che si riconoscono nei principi inviolabili della Costituzione, possono essere una valorosa base di partenza per un cambio di rotta che non può più aspettare e dal quale dipende il futuro dell ‘Italia, dell’Europa e dell’Intero mondo.
Vania Bracaletti