Le immagini colpiscono ben di più di qualsiasi racconto o descrizione dei fatti. Le devastazioni della sede romana della CGIL sono la replica nostrana di quanto avvenuto nel gennaio scorso a Washington, con l’attacco al Campidoglio da parte del manipolo di giustizieri inneggianti a Trump.

Milano si è attivata ma non è stata all’altezza della falange romana. Certamente c’è stata una regia orchestrata da forze antisistema, che hanno avuto buon gioco nel reclutare i facinorosi del NO, assoldati, consapevoli o meno, come strumenti di azioni squadriste. Gli obiettivi della violenza non sono stati scelti a caso e si è voluto colpire l’emblema della cultura del lavoro: il sindacato e tra questi, l’espressione più simbolica per storia e tradizione. La bandiera usata come mazza è quanto di più ignobile si possa perpetrare nell’usare violenza all’immagine della Stato e alla dignità della Nazione.

Secondo alcuni politici di rango, il fatto in sé sarebbe stato depotenziato, o derubricato a normale dialettica politica, in presenza di un Ministro dell’Interno all’altezza della situazione. Non so cosa facciano intendere queste affermazioni; se stroncare sul nascere o reprimere con forza, com’è nella tradizione di chi sostiene quel tipo di soluzione, magari poi per recriminare sulla mano pesante della Polizia. In mancanza della prova dei fatti, ognuno si tiene le proprie idee e purtroppo, per chi li ha subiti, i propri danni.

Le parole sono armi e le armi sono fatte per essere usate: bisogna solo crearne le condizioni e il gioco è fatto. Così, quando l’occasione si presenta, l’eversione prende il sopravvento. Il teorizzare insistentemente, quasi ossessivamente, come un mantra, che nulla va bene e che siamo governati da una masnada di incapaci, porta inevitabilmente ad alzare i toni e a fomentare scontri, prima verbali e poi fisici. Non c’è buon senso che tenga o prove certe a dimostrare che il NO pregiudiziale, è una via inaccessibile, un porta chiusa a qualsiasi confronto o disamina. Il NO è il presupposto, lo schieramento, l’antefatto e non si discute. Non so se ci sia consapevolezza in chi li sostiene, di come questi comportamenti, possano foraggiare le forze antisistema. Succede però che cambiando posizione e passando dalla protesta alla proposta, cioè all’assunzione di quella responsabilità, spesso evocata dalla segretaria di FdI, il punto di vista cambi totalmente e così capita, che chi ha costruito le proprie fortune politiche sul “vaffa”, si erga a paladino delle istituzioni reclamando il rispetto delle regole e condannando la violenza. Sarebbe il caso di ricordare, a chi oggi con piglio austero difende la legalità, come ha fatto il Presidente della Camera, che ne ha uccisi più la lingua che la spada e che quando per anni si aizza la popolazione contro chi governa, non ci si può poi lamentare se qualche testa calda si lascia andare a gesti sconsiderati, passando dalle parole ai fatti o se la violenza faccia proseliti e così i partiti che la predicano.

C’è poi anche chi dalla maggioranza di governo, non intendendo abdicare al ruolo di tutore dell’opposizione, occhieggia al popolino, non rinunciando ad accreditarsi come agit-prop. Ancora una volta, si cerca di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, nel tentativo non corrisposto, stando agli ultimi esiti elettorali, di acquisire consenso. La memoria labile della gente è certamente il miglior alleato del demagogo, dedito all’irrinunciabile esercizio di lisciare il pelo al cittadino elettore. Basterebbe (e ne avanza) ricordare la compiaciuta destinazione d’uso del tricolore, dominante nella Lega del fulgore bossiano, di cui l’attuale segretario è stato fervente sostenitore, per comprendere la qualità del terreno di coltura caro ad alcuni dei nostri politici.

Anni di vilipendio e di insulti, contro cui si è speso con severa determinazione il Capo dello Stato, impegno oggi condiviso dal Presidente Draghi, fatto oggetto di dileggio da parte dei militanti di Forza Nuova, hanno creato l’humus favorevole allo scatenarsi di atti di violenza che offendono il Paese e tutte le oneste persone che quotidianamente svolgono il proprio lavoro, nel rispetto del prossimo.

La violenza delle parole è il substrato da cui prendono corpo sentimenti di aggressività e ribellione che hanno come fine la distruzione, l’annientamento dello status quo, ritenuto responsabile di ogni male possibile. Peccato però che dietro tutto questo non ci siano soluzioni, proposte, modelli di convivenza civile alternativi: solo violenza. Primum delenda, che è quanto succede ogni volta che c’è chi vuol prevalere sugli altri, riproponendo un copione trito e ritrito che ha dimostrato, con enormi tributi di sangue, che la Terra è fatta per tutti e non solo per alcuni. Peccato che, dopo milioni di anni, ci sia ancora chi non è disposto a capirlo.

Adalberto Notarpietro

 

 

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