Le modifiche introdotte dal Ddl Zan all’art. 604 bis del codice penale, contro le discriminazioni fondate sul sesso, il genere, l’orientamento sessuale, l’identità di genere, le disabilità, non vanno rigettate ma “rimodulate”, come emerge dalla «nota verbale» di monsignor Paul Richard Gallagher della Segreteria di Stato Vaticana, recapitata al Governo italiano.
Al di là delle preconcette e discriminanti ostilità verbali, fioccate da più parti, la nota dà atto che le finalità del disegno di legge non sono da respingere e sono in gran parte condivisibili. Non potrebbe essere diversamente per chi fa della tolleranza, della difesa della dignità umana, del principio di uguaglianza, il proprio credo identitario. Proprio per questo, ribadisce la nota, il metodo del dialogo e del confronto non può che essere il solo utilizzabile.
Animati da questo spirito, la Chiesa Cattolica italiana, le sue associazioni, i suoi uomini e donne non possono essere ostracizzati nell’esternazione del proprio punto di vista.
L’art. 604-bis del codice penale, come novellato, prevede che è punito con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi fondati sul sesso, sul genere, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o la disabilità. Non basta dunque la semplice propaganda discriminatoria per incorrere nel reato, ma servono comportamenti idonei ad “istigare” alla discriminazione.
La disposizione si fa carico opportunamente di circoscrivere le circostanze del reato. Tuttavia, non è immaginabile oggi quali potranno essere in futuro gli orientamenti interpretativi dei singoli magistrati, con il rischio che i confini tra libertà di pensiero, libertà di propaganda e divieto di istigazione potrebbero diventare non così nitidi, come appaiono astrattamente oggi. Da qui, la necessità di un ulteriore sforzo per rimodulare la legge. Il rischio oggettivo che si vorrebbe evitare è infatti quello del possibile scivolamento di un’opinione verso la criminalizzazione.
A ciò si aggiunge il disposto dell’art. 7 del disegno di legge, che prevede: «La Repubblica riconosce il giorno 17 maggio quale Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione, nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione». Quindi le scuole, tutte, sono tenute ad organizzate cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile per la realizzazione delle finalità di legge.
Anche in questo caso, la previsione legislativa non è criticabile in sé, quanto piuttosto per le connotazioni di obbligatorietà che riveste, nei tempi, nei modi, e all’interno di una cultura rivendicativa, che rischia di trasformare legittime ed auspicabili manifestazioni d’impegno etico e civile in occasioni cerimoniali divisive e festaiole.
Ad alcune dichiarazioni dialoganti del mondo della politica si sono contrapposte per lo più proclamazioni “politicanti”. Tuttavia, l’unica strada resta il dialogo. Non c’è dubbio che il Parlamento italiano è sovrano, ci mancherebbe. Le uscite di piccoli uomini e donne di spettacolo non meritano invece commenti.
C’è un punto che non va ignorato. Il coro di ostilità alla nota di monsignor Gallagher è l’ennesima testimonianza dell’imperante intolleranza, consapevole o inconsapevole, di tanti che si annidano tra i propugnatori di “nuovi diritti”. Costoro, in quanto sostenitori del “nuovo,” pretenderebbero di poter contare sul silenzio di chi, senza rinunciare al nuovo, non intende rinunciare all’antico.
Guido Guidi