Su “La Stampa” del 12 febbraio scorso, Giuseppe De Rita, in un’intervista, affronta la questione del crollo della natalità nel nostro Paese.

Messi in secondo piano i soliti argomenti invocati dal mondo politico e dell’informazione (la mancanza di asili nido, di scuole materne, di aiuti alle famiglie; gli insufficienti assegni familiari; la sottooccupazione femminile; la disoccupazione giovanile, e via dicendo) ne indica la causa nell’affermarsi di una “dinamica culturale malata”.

Significative sono alcune sue affermazioni. “Si è perso l’equilibrio nei rapporti sociali necessario per stare bene insieme, uno accanto all’altro. Per uscire dall’inverno demografico occorre rimboccarsi le maniche. Servono umiltà, volontà di fare, capire, migliorarsi. Altrimenti è decadenza“; “Se non si fanno più figli è soprattutto perché non si vuole ridimensionare il tenore di vita, abitudini e comodità. I figli costano e obbligano gli eterni Peter Pan a uscire dal loro egoismo”; “Le nuove generazioni, quelle in età fertile, vanno a studiare o a lavorare all’estero e lasciano il Paese al suo declino. La metafora della mucillagine rende bene l’idea: monadi scomposte che si riaggregano in poltiglie indistinte, senza un collante che le unisca in nome di un bene comune o di un progetto familiare. Non c’è più la speranza di migliorare, di crescere”; “Una società che non sa più dire ‘noi’ non fa figli”.

Relativamente a quest’ultima affermazione di De Rita, rilevo che, per molti esponenti della dominante cultura odierna, il termine “noi” è diventata una brutta parola perché il “noi” (famiglia, nazione e ogni tipo di comunità) comprime l’“io” e si contrappone agli “altri” o li esclude. Certo, De Rita introduce pure altri fattori riconoscendo che “c’è un quadro di incertezza occupazionale ed economica che contribuisce a una profonda revisione anche dei modelli culturali relativi alla procreazione. È un paradigma sociale segnato dalla tendenza a rinviare i momenti di passaggio alla vita adulta, soprattutto la scelta coraggiosa di diventare genitori”.

Tuttavia, a mio parere, i fattori prevalenti sono quelli riconducibili all’individualismo estremo introdotto dalla cultura liberal con l’esaltazione dell’io e la continua promozione di diritti (ovviamente sempre individuali). Lo conferma il fatto che il problema della denatalità riguarda anche altri Paesi (come Germania, Austria, Svizzera, Lussemburgo etc.) dove non ci sono fenomeni di incertezza economica e occupazionale paragonabili a quelli italiani.

Dovremmo piuttosto interrogarci sul perché Paesi come Francia, Inghilterra e oggi la Russia putiniana (per molti aspetti assai diversi) stanno un po’ meglio del resto d’Europa in tema di natalità.

Può forse dipendere dal fatto che in tali Paesi esiste ancora un significativo senso di appartenenza alla nazione, ovvero un “noi”?

Giuseppe Ladetto

Pubblicato su Rinascita Popolare dell’Associazione i Popolari del Piemonte ( CLICCA QUI )

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