Ieri è stato un anticipato 8 marzo… finito male, anzi malissimo. A Montecitorio, addirittura a Camere riunite, c’era la possibilità di portare per la prima volta al Quirinale una donna. Ma mai si è visto un karakiri più riuscito nella politica italiana.
La Presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, che tanto baldanzosamente si era convita di farcela, a dispetto di tutto e di tutti, si è ritrovata messa a tappeto in malo modo per un misto di personale vanità e convenienza politica dell’estrema destra desiderosa di contarsi. Quello che da molte e molti, anche un po’ ingenuamente, era stato visto, da parte di alcuni “spacciato”, come la possibilità di fissare finalmente una pietra miliare per quanto riguarda la parità di genere, si è trasformato in un rovescio politico raramente visto prima e, per di più, mettendo a repentaglio persino la figura della seconda carica dello Stato. La “mission impossible” della Casellati è finita veramente male ed ha scritto un’altra pagina nel libro tutto particolare che si potrebbe stampare dedicato ai “franchi tiratori”
Ma la questione del “genere” non si è esaurita così. Perché, subito dopo aver visto Casellati e centrodestra finire allo sbaraglio si è assistito ad un radicale cambiamento di passo, di significato e di rischio. L’ipotesi di portare al vertice dello Stato la donna responsabile, e attualmente in carica, dei servizi segreti ha suscitato accese discussioni e non poche preoccupazioni, di cui si è fatto interprete soprattutto Matteo Renzi.
Se davvero venisse eletta Elisabetta Belloni, che pure goda di buona stampa da parte di chi meglio la conosce, saremmo di fronte al pieno successo politico del sovranismo e del populismo. Non contento dei disastri che ha combinato finora, per quota parte sua, Matteo Salvini si è fatto promotore di una simile candidatura. Sembra aver riformato il governo giallo verde del dopo marzo 2018 perché la Belloni è sostenuta anche da Giuseppe Conte.
La serata di ieri, forse la prima veramente scoppiettante in questa tante monotone vissute in attesa, e durante le prime votazioni per il Quirinale, ha fatto emergere dei “veto” alla Belloni come non si sentivano esprimere da tempo tanto per la preoccupazione di vedere salire al Colle la capo dei servizi segreti e, per di più, portata sugli scudi da sovranisti e populisti.
Una via d’uscita da questa delicata situazione, è però offerta, al tempo stesso, con la manifesta preferenza da parte di un più che significativo numero di “grandi elettori” per un re-incarico a Mattarella. Questa preferenza si urta però con la preoccupazione dello stesso Presidente uscente per il carattere di “monarchia elettiva” che potrebbe venire ad assumere la massima magistratura della Repubblica qualora il suo mandato venisse a durare ben 14 anni.