Il decreto legge n. 20/2023 “Cutro”, non ha affrontato le problematiche relative al funzionamento della catena di comando: era prevedibile, in un’Italia delle frammentazioni dei sistemi di Soccorso Pubblico sempre più legati a gestioni di potere e meno al benessere del Paese, a cui nessuno da molto tempo ha deciso coraggiosamente (e con buon senso), di provvedere a trasformare positivamente, purtroppo creando plurime strutture, con tutto ciò che ne sta derivando.

Per tutelare la “safety e la security” ci si affida alla tecnologia, che permette di identificare, analizzare le molteplici informazioni preventive al fine di ridurre, o meglio evitare, l’insorgere di eventi di rischio e di predisporre l’intervento operativo quando necessario. La tecnologia più moderna e impattante può mostrarsi inefficace in un modello organizzativo che non funziona, e le informazioni “prese da sole”, non sono sufficienti per un’azione preventiva o di predisposizione dell’intervento di soccorso.

Francesco D’Arrigo, direttore dell’Istituto Italiano di Studi Strategici “Niccolò Machiavelli”,  in un recente articolo (CLICCA QUI), con una fotografia nitida della realtà, afferma che “…aziende e organizzazioni complesse vedono nella tecnologia un grande alleato nella gestione e risoluzione delle crisi, uno strumento determinante per conoscere e interpretare correttamente ciò che sta accadendo, per supportare i processi decisionali, agire tempestivamente ed efficacemente per risolvere e prevenire e ridurre al minimo i rischi connessi con le attività. Tuttavia le cause degli incidenti non cambiano nel tempo, sono i protagonisti che cambiano e per evitare gli errori umani bisogna progettare sistemi non ambigui”.

Prosegue d’Arrigo: “…il compito non è solo quello di reagire una volta avvenuta la catastrofe, ma è soprattutto quello di prevenire l’evento attraverso azioni mirate, protocolli solidi e condivisi che tengano conto dei cambiamenti geopolitici, formazione del personale e strumenti ad hoc sempre aggiornati e pronti a rispondere alle richieste di soccorso dei cittadini. Le responsabilità operative nelle organizzazioni complesse sono sempre molto difficili da attribuire, tra colpa di organizzazione e colpa di reazione, e sono il frutto della sempre maggiore frammentazione delle competenze e dei processi decisionali in cui la singola persona fisica non ha più il totale controllo sul fatto, appunto perché il singolo è solo uno dei molteplici anelli della catena decisionale di cui fa parte. In pratica, l’operatore si trova ad espletare le proprie funzioni in un contesto “frammentato” che vede la compartecipazione di più soggetti verso un’unica decisione”.

Vogliamo traslare questi concetti guardando in faccia il nostro sistema di Soccorso Pubblico partendo dalla gestione di una chiamata di soccorso con l’attuale modello organizzativo su più livelli? Già dalla telefonata al cosiddetto Call Center Laico 112, comincia “l’attenda che le passo…”, che poco o tanto che duri il principio non è accettabile scientificamente (retta temporale del soccorso), e nemmeno di buon senso. Vogliamo spaccare il capello in quattro andando a rivedere i modelli organizzativi di tutti gli enti italiani che si occupano di soccorso pubblico? Analizzando diversi testi (l’ultimo preso in esame “I Vigili del Fuoco nel sistema integrato di safety e security” di G. Del Moro ed. Themis 2022), come anche pubblicazioni e tesi di laurea (cito forse l’unica sul tema del dottore in Scienze Strategiche Stefano Agostinis “Un modello organizzativo interforze nell’ambito del 112 Nue”), dove si legge per la prima volta nella storia del Soccorso Pubblico, la volontà di chi professionalmente lavora nel settore, di aprire a una trasformazione di accorpamento di funzioni, ebbene l’elemento che spicca più di ogni altro è la proliferazione di decreti attuativi, leggi emanate in successione e disegni di legge a dir poco numerosi anche a livello regionale. Moltiplicandoli per ogni attività di soccorso (tecnico, sanitario, pubblica sicurezza, protezione civile, ecc.), emerge un quadro desolante in termini di pochezza di lungimiranza e buon senso, per la scarsa consapevolezza della politica di governo e dei sistemi dirigenziali che ci trasciniamo da almeno un decennio, condita con una perdita della memoria storica: meno memoria = più norme disgiunte; più memoria = revisione, unione, semplificazione e applicazione delle norme esistenti. Il risultato è la messa a terra di strutture, dirigenze, dotazioni che si moltiplicano esercitando la stessa finalità.

Il dottor Fabio Dattilo, ingegnere oggi in quiescenza, già Capo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, all’atto della messa in esercizio della struttura unificata di Soccorso Pubblico sita in Mestre, (un recente esempio sul territorio italiano, vi è uno simile anche ad Aosta, che a mio parere va replicato sul territorio nazionale includendo anche le forze dell’ordine), comprendente il Soccorso Sanitario, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, la Protezione Civile, sia come Centrale Operativa sia come operatività congiunta, affermava che “…ragionando in termini non campanilistici, ma di servizio, la maggiore integrazione dona alla gente una forte tranquillità. Lo stare insieme, parlare la stessa lingua, condividere tutto è fondamentale in emergenza. Occorre dialogare con i vari pezzi dello Stato che hanno varie competenze, ma nel momento della necessità la competenza deve essere unica e soprattutto il coordinamento”. Di fatto la riorganizzazione degli enti di Sicurezza Soccorso, con pieno recupero di efficienza e di miglioramento, dovrebbe far parte di quelle tante riforme mancate e non certo per colpa dei lavoratori del settore. E laddove si parla e si scrive di competenza è insito il pensiero al potenziamento del mondo scolastico e accademico per le professioni del settore.

Al di là dei dati, numeri, costi che ognuno può usare per confluire maggiore acqua al proprio mulino, occorre tener presente che il coordinamento di un’operazione è una funzione operativa essenziale che fornisce maggiore agilità ed efficacia alla manovra del dispositivo e consente di impiegare gli assetti dedicati, nello spazio e tempo desiderati, in maniera adeguata per l’assolvimento del compito. Quindi rivedere gli assetti degli enti che si occupano di soccorso sanitario, sicurezza, e soccorso tecnico accorpando per funzioni (una forza di polizia, una forza di soccorso tecnico, una forza di soccorso sanitario), agevolare la nascita di centrali operative di comando e controllo delle emergenze unificate ed interforze su scala provinciale o di area sovraprovinciale (con molta attenzione alle affinità territoriali), passando da circa 800 centrali a circa 50 è un bel rifinanziamento di investimento funzionale), permetteranno in ogni caso la stabilità di un sistema che deve tutelare l’integrità della vita, dei beni, delle risorse e dell’ambiente dai rischi e danni causati da eventi accidentali, eventi di salute, calamitosi o naturali. Anche spendendo di più se necessario, ottenendo risultati soddisfacenti: lo si deve al Paese e alla sua tranquillità! Un esempio concreto di una riforma in atto da circa dieci anni (strutturale, tecnologica, funzionale, professionale), si trova nei Paesi Bassi e si sta concludendo in questo periodo. L’EENA – European Emergency Number Association, un buon laboratorio di idee, ha documentato che negli ultimi quindici anni anni diversi paesi, anche extra UE, si stanno adoperando per una trasformazione integrata e interforze dei sistemi di Soccorso Pubblico, sia per l’aspetto operativo sia per la gestione del Comando e Controllo delle Emergenze.

Pertanto, l’evento di Cutro riuscirà a scalfire la mente dei Ministri della Repubblica Italiana a mettere mano seriamente a questo sistema, partendo dalle fondamenta e non dai tetti? Riuscirà a far abbandonare quegli atteggiamenti di “possesso” dell’uno o dell’altro ente di soccorso e mettere sul tavolo un serio riordino dell’ambito? Oppure dobbiamo attendere  nuovi eventi dal “banale” incidente alla grande emergenza?

Marco Torriani

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