Talvolta le apparenze ingannano. Il “non-partito” dei democratici ha guadagnato, con lo “spoil system” della nuova segretaria, quella chiarezza e quella trasparenza interna che la Schlein per un verso pretende e, per altro verso, promette? Oppure no ?

I parlamentari – come dispone l’art. 67 della Costituzione – sono eletti senza vincolo di mandato ed i “gruppi parlamentari” che vanno a costituire sono, o meglio dovrebbero essere, autonomi dallo stesso partito politico nelle cui liste sono stati eletti. E questo in virtù di quella “sacralità laica” – se così si può dire – cioè di quella responsabilità intangibile e, anzitutto, personale, che grava sul parlamentare, in tanto ed in quanto, nell’ esercizio della sua funzione, “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione”.

Nella “acclamazione” dei capigruppo PD di Camera e Senato che, pare, siano stati sostanzialmente imposti da Elly Schlein, c’è stato – peraltro, secondo una tradizione consolidata – un sostanziale vulnus ad un corretto funzionamento dell’ ordinamento democratico? E, soprattutto, a questo antico andazzo – per quanto l’ abbia rivendicato come segno dello stato di grazia di cui ancora gode – non si è forse troppo presto adattata la nuova segretaria , che. per quanto l’abbia fatto in nome del nuovo costume interno cui vorrebbe condurre il partito, di fatto si è lasciata irretire da riti e comportamenti di vecchio conio , per quanto apparentemente tirati a lucido?

L’acclamazione è una sorta di Giano-bifronte che, se per un verso, in molti casi, attesta davvero una piena e concorde adesione ad una determinata deliberazione, per altro verso rappresenta l’acme dell’ ipocrisia quando viene adottata al fine di nascondere sotto il tappeto, questioni, in vista delle quali, si preferisce prima affilare le armi e, pertanto, non affrontare fuori tempo la “conta”. Quale dei due suddetti casi concerne oggi il PD?

Ad essere ancora una volta irrimediabilmente bifronte è lo stesso partito che, di fatto, ha impalmato due leader, uno d’apparato, il secondo espressione di un elettorato che si presume, ma non è certo, rappresenti almeno parte sicuramente significativa del ”popolo” PD, salvo imponderabili intromissioni di altri soggetti, impossibile da verificare. Insomma, un pasticcio. Al quale, una forza organizzata – che vede la presenza di politici sicuramente avveduti ed esperti, i quali sono necessariamente avvertiti da tale incongruenza e la cavalcano – ha dovuto adattarsi non potendo altrimenti, se non facendo scorrere fiumi di sangue, delibare la questione della leadership.

E’ come se oggi, nel corpo del PD e del suo elettorato, scorressero, l’una accanto all’ altra, due falde acquifere carsiche, che si accostano o piuttosto si allontanano, si sovrappongono, talvolta di mischiano, più avanti invertono il loro corso o si incrociano, in funzioni degli strati geologici – delle tematiche – che incontrano nel loro cammino.

Sorge una domanda cui solo il tempo potrà dare una risposta e non tarderà a farlo. Elly Schlein, al di là di ogni apparenza, è davvero la donna solo al comando oppure, ella lo sappia o meno, lo strumento di un “cartello” interno – cui già si contrappongono, a quanto pare, nuove, inedite correnti – che persegue l’abusata tattica in virtù della quale perché nulla cambi, tutto deve cambiare?

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