Il tentativo di esportare la democrazia occidentale in uno paese islamico, già di per sé opinabile, è fallito miseramente davanti agli occhi della popolazione mondiale e con esso anche quella credibilità internazionale fortemente messa in discussione dagli attentati delle “torri gemelle” e alla Casa bianca, sì che oggidì sfugge il significato reale di “grande potenza” cui si è tradizionalmente legati in occidente e specialmente noi che l’abbiamo, sia pur a giusta ragione, mitizzato in seguito alla liberazione dall’occupazione nazista.

Il desiderio del presidente Biden, volto ad apparire un grande pacifista e decisionista anti-Trump, non si sta dimostrando artefice di una mossa ben studiata, né equilibrata tanto per gli incommensurabili danni in termini di vite umane, quanto per la stabilità di un’area di grande interesse economico e strategico, geopolitico, qual è il Golfo persico. In uno scenario del genere non è affatto comprensibile, tra l’altro, il motivo per il quale non si debba parlare della pesante responsabilità dei servizi di intelligence da parte degli operatori dell’informazione, dei politologi in generale, degli esperti di politica militare, eccetera.

Ovviamente la grave situazione umanitaria in atto, che il popolo afgano sta iniziando ad affrontare, significa per l’Italia e per l’U. E. quanto segue:

a) gli 8,7 mld di euro spesi negli ultimi anni per la causa di quel Paese non hanno prodotto concreti risultati;

b) gli organismi comunitari, e quindi pure l’Italia, si devono impegnare nella fase di evacuazione, nonché d’accoglienza dei profughi, prevedibili in molte migliaia, con ulteriori, cospicui investimenti finanziari e risorse organizzative e logistiche;

c) necessita, finalmente, porre all’ordine del giorno, discutere con priorità e deliberare di attribuire alla politica estera dell’UE la giusta valenza che essa merita, ivi compresa sia quella che afferisce ad un’intelligence capace di vigilare, informarsi e gestire una governance autonoma, indipendente e sovrana, sia una linea di assistenza e intervento di carattere umanitario.

Profilo, quest’ultimo, di particolare rilievo per noi, oltre per i greci e spagnoli, essendo le coste dell’Italia meridionale e insulare – com’è ben noto – il primo approdo dell’Europa. E’ pertanto l’occasione propizia, e magari decisiva, per proporre, affrontare e risolvere l’annosa questione dell’accoglienza della gente extra-comunitaria, destinata ad interessare le nostre autorità governative per non pochi lustri avvenire.

Michele Marino

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