Gli italiani hanno restituito – capitale ed interessi – il “vaffa” a Grillo ed ai suoi. La nemesi storica ha voluto che succedesse a Bologna da dove – settembre 2007 – i Cavalieri dell’Apocalisse avevano brandito la promessa del loro implacabile castigo al sistema corrotto.
E’ motivo di incoraggiamento e di speranza circa la maturità civile degli elettori e la capacità di tenuta del nostro ordinamento democratico, il fatto che gli italiani, dopo un iniziale abbaglio, non l’abbiano bevuta. Qualcuno potrebbe ritenere sorprendente che, perfino in una fase di transito e di turbamento, la saggezza del “popolo sovrano” non cessi di manifestarsi e di indicare la rotta che il Paese farebbe bene a seguire. Eppure è così e non succede per caso.
Non è in gioco solo un fatto statistico, comune a molti fenomeni naturali; una sorta di “gaussiana”, cioè un andamento, legato alla legge dei grandi numeri, per cui atteggiamenti sia pure del tutto indipendenti l’uno dall’altro, assumono una conformazione ordinata attorno ad un “valore medio”. Per quanto questa potrebbe apparire la formula, matematicamente necessaria, del fatidico “centro”.
E’ in gioco, piuttosto, la soggettività critica del singolo elettore, per quanto la singolarità di ciascuno sicuramente rifletta ampi tratti di un orientamento condiviso e comune ad un certo contesto. La precipitosa debacle dei 5Stelle, oltre ad attestare l’inconsistenza di un movimento senza costrutto, dice chiaramente come l’elettorato, nella sua ultima e conclusiva presa di posizione, sappia utilizzare una determinata forza per dire la sua protesta, ma poi, a ragion veduta, se ne guardi bene dal chiamarla a governare.
In politica succede, eccome, che si incroci un incompetente e così pure un presuntuoso. Senonché, quando questi due connotati coesistono nello stesso soggetto, anzi si avvitano e si alimentano a vicenda fino ad ergersi a sistema, la cosa diventa francamente insostenibile.
Davvero qualcuno ha potuto pensare che un Paese del G8 potesse reggersi sulla “dottrina del Vaffa” ? Il piede d’argilla che non ha potuto reggere il peso del gigante che fu, è, fin dalle origini, quell’atteggiamento dissacrante, sprezzante, rancoroso ed irridente, quell’impasto di approssimazione, di superficialità ed insieme quella pretesa di palingenesi instillata dal fondatore.
In ogni caso, un merito va riconosciuto al Movimento 5 Stelle – come, del resto, alla Lega di Bossi, a suo tempo: l’avere “parlamentarizzato” una tensione sociale che in Francia ha devastato le piazze con i “gilet gialli” ed in Spagna con il separatismo catalano. Ma questo è stato possibile perché movimenti che se lasciati correre per il loro verso, avrebbero potuto assumere toni fors’ anche eversivi, avrebbero trovato, a fronte di questa eventuale questa estremizzazione, un limite insuperabile nell’attitudine democratica di fondo del popolo italiano.
Il quale non ha mai conosciuto cosa fosse la democrazia fino al secondo dopoguerra, senonché – per quanto non ci riflettiamo mai – ha poi vissuto una lunga, ininterrotta stagione di libertà e di convivenza civile che lo ha coinvolto ed educato più di quanto non riteniamo a prima vista.
In tempi di populismo è forse sorprendente e paradossale ritenere o sperare che, sotto la coltre della demagogia, vi sia una consapevolezza democratica tuttora più consolidata di quanto pensiamo.
Domenico Galbiati