Draghi, come ha detto a Rimini, guarda ai giovani. Pensa al debito che carichiamo sulle loro spalle e, conseguentemente, ai doveri che necessariamente dobbiamo assumere nei loro confronti ed ai quali ispirare le stesse azioni che mettiamo in campo fin d’ora. In effetti – e su queste pagine tale discorso è già tornato in più occasioni – noi avremmo bisogno di una politica che espressamente prenda posizione nei confronti dei giovani. E li assuma come un riferimento privilegiato e prioritario non per questo o quel provvedimento di settore, più o meno occasionale, ma, piuttosto, in ragione di un investimento ragionato, articolato per vari ambiti, ma, ad ogni modo, espressione di una scelta strategica, cioè di un “progetto” organico, che direttamente li riguardi.
In sostanza, una politica che “prenda parte” espressamente; che stia “dalla loro parte”. E’ su di loro che si può costruire un domani credibile per l’Italia e per la stessa Europa, non diversamente. Ma chi sono e come sono i giovani oggi? Come vivono la loro condizione in progressivo avvicinamento alla soglia fatidica o al momento di iniziazione – quale, poi ? – destinato ad immetterli nel mondo dei “grandi”?
Intanto, quando parliamo di giovani, dovremmo intendere, in modo estensivo, le età minori della vita, tutti i soggetti, cioè, che dall’infanzia al soggetto giovane-adulto, passando per l’adolescenza, sono ascrivibili alla cosiddetta “età dello sviluppo”. Il che segna un discrimine che va osservato con molta attenzione, con delicatezza.
Infatti, qui il tempo assume un carattere del tutto particolare, un andamento “diacronico”. In sostanza, ogni evento della vita, in queste magiche età della crescita, non vale solo al momento, ma moltiplica i suoi effetti, secondo un moltiplicatore intrinseco al dato ” evolutivo” proprio del processo di sviluppo, tale per cui ogni esperienza si ripercuote a cascata su quelle successive, valorizzandone o piuttosto pregiudicandone il valore.
Questo, a sua volta, implica che quella separatezza di interventi plurimi accettabile nei confronti dell’adulto, nel caso dell’infanzia o dell’adolescenza, in modo particolare, deve lasciare il posto ad un approccio fondato su criteri di integrazione pluridisciplinare, ad esempio tra momento educativo e momento sanitario, come si rende necessario in tempi di pandemia e, quindi, tramite modelli di intervento congruenti ed innovativi anche da parte dei diversi comparti amministrativi della Stato o delle Regioni.
Insomma, non è facile essere giovani in un contesto civile complesso com’è quello delle nostre società a sviluppo maturo. Intanto, il fatto che si sia, per molti aspetti, interrotta la catena di una ordinata trasmissione di valori, abiti mentali, criteri di giudizio, comportamenti da una generazione all’altra, se rende più difficile il percorso di formazione di una chiara identità personale, per altro verso, libera questo processo dalle maglie e dai lacci di una pedante ripetizione pedissequa di costumi che non sarebbero nella sintonia del tempo nuovo che ci è dato vivere.
In sostanza, portare a sintesi le mille soverchianti stimolazioni che quotidianamente ricadono su ciascuno costa ai più giovani, in funzione della loro maturazione personologica, una straordinaria fatica psicologica. Crescono nella stagione di una cultura individualista ed autoreferenziale che, accampando come diritto ogni desiderio, determina l’inflazione di quest’ultimo, oltre il limite della ragionevolezza.
Senonché questa esagerata aspettativa di opportunità si scontra con quella eclissi del futuro che pure è un altro tratto tipico del nostro tempo. Ne consegue una contraddizione che ottunde e mortifica quel sentimento di speranza e di vigile attesa, indispensabile per attendere con entusiasmo al progetto delle vita propria e delle propria famiglia.
Insomma, la motivazione non regge o, perlomeno, flette sotto il peso di una condizione oggettiva cui e’ difficile tener testa in termini di responsabilità.
Per questo occorre una politica che sia espressamente dalla loro parte, cominciando da un progetto “educativo” e non solo professionalizzante della scuola. Autonomia di giudizio e pensiero critico sono le risorse indispensabili per sostenere la sfida della propria libertà nella “società della conoscenza”.
Domenico Galbiati
Immagine utilizzata: Pixabay

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