Che noia la sera qui al bar. C’era una volta la politica spettacolo, tutta lustrini e ballerine del Drive-In. Non ci piaceva e restiamo della medesima opinione: se non ci fosse stata, magari avremmo avuto un po’ più di noia ma anche i conti pubblici a posto, qualche scuola meno sgarrupata e un certo acolto nei consessi internazionali.

Invece l’abbiamo avuta, anche perché l’abbiamo voluta. Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Ma siccome esiste anche il problema della proporzionalità della pena, abbiamo sofferto abbastanza, o almeno così credevamo finoa ieri sera, quando abbiamo visto affacciarsi i due Mattei al salotto di Bruno Vespa.

Imbolsito lui, imbolsiti loro. Se Vespa crede di essere ancora ai tempi del Contratto con gli Italiani, o per lo meno del risotto amaro di D’Alema, dovrebbero fargli capire che il tempo è quello di firmare il contratto con il Circo Pace e Bene, come fece con maggior dignità Buffalo Bill. Ma a fare veramene tristezza erano i due ospiti.

Li avevano annunciati come due star del ring pronte a fare a cazzotti, abbiamo avuto due tacchini intronati che si beccavano senza accorgersi che ognuno di loro, in realtà, se la prendeva con la sua stessa immagine riflessa nello specchio. E, in mancanza di non diciamo proposte politiche, ché sarebbe troppo, ma anche semplici ragionamenti che non paressero usciti dai caffè più fumosi di Rignano o dei Navigli, hanno sfiorato l’insulto senza avere il coraggio nemmeno di sussurrare un “Capra!” come fa Sgarbi quando proprio non sa più che dire. Falsi come due wrestler lardellati alla corte di John Cena.

In declino l’uno, in asfissia l’altro. La pena, se non è proporzionale, è assoluta. E assoluta ieri sera lo era davvero.

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