Un rapporto sulla salute nelle città indicato da  OMS e Nazioni Unite riporta che oltre 3,7 miliardi di persone vivono oggi nelle città ed entro il 2030 se ne aggiungerà un altro miliardo. Ma le aree urbane sono un ambiente in cui è difficile garantire la salute degli abitanti più poveri: solo metà delle famiglie ha accesso alla rete idrica, la mortalità infantile è ancora molto elevata e oltre 400 milioni di persone si trovano a non avere accesso a cure sanitarie.

Il 2030 è l’anno in cui dovrebbe concludersi il Programma di Azioni per lo Sviluppo Sostenibile (SDG, Sultaniale Development Goals) delle Nazioni Unite che dal 2015 ha preso il posto del Millennium Development Goal.

Alcuni problemi affliggono le aree urbane di quasi tutti i paesi; per esempio, solamente il 12% della popolazione delle 1600 aree urbane monitorate può godere di un’aria che soddisfa gli standard di qualità stabiliti dall’OMS.

Nelle città, i progressi nel campo della salute non dipendono solo dalla forza dei sistemi sanitari, ma anche dalla capacità di plasmare gli ambienti urbani” ha detto Alex Ross, Direttore del Centro per lo sviluppo della sanità dell’OMS. “Sfruttare i diversi fattori interdipendenti porta a efficienza, a sinergie e a una cascata di benefici collaterali essenziali per raggiungere l’Obiettivo di sviluppo sostenibile

Il tema che si propone di affrontare FareRete Innovazione BeneComune APS- Onlus è quello della “Salute nelle città in tempo di pandemia” argomento molto dibattuto nei suoi molteplici aspetti, Scrivere oggi della salute come bene comune e di come conseguentemente il servizio sanitario dovrebbe essere riconfigurato vuol dire archiviare luoghi comuni e confrontarsi con un settore particolare, in cui se i fornitori (strutture ospedaliere, ambulatori, medici) e i fruitori dei servizi (cittadini) collaborassero e condividessero le responsabilità, certamente si verificherebbe un aumento di benessere sociale.

Per comprenderlo, è necessario far cadere un’altra “benda concettuale”: prima che un mercato di servizi e prodotti, la Sanità è il “luogo” del rapporto medico-paziente dove il cittadino, scegliendo il medico, gli delega la protezione di un bene che solo lui può difendere, la propria integrità psico-fisica.

Il bene comune come bene relazionale

Il bene totale è una somma di beni individuali, mentre il bene comune è il prodotto degli stessi. Ciò significa che il bene comune è qualcosa di indivisibile, perché solamente insieme è   possibile conseguirlo, proprio come accade in un prodotto di fattori: l’annullamento anche di uno solo di essi annulla l’intero prodotto. Mentre in una logica individualistica la creazione e la divisione di beni possono avvenire anche con l’esclusione di alcuni soggetti, nella prospettiva del bene comune ciò è del tutto inconcepibile, poiché è posto l’accento sull’intenzionale inclusione di tutti.

L’autentico bene comune, quale «dimensione sociale e comunitaria del bene morale», non riguarda la persona nella sua singolarità, ma, in quanto in relazione con altre persone, rappresenta la relazione stessa. Le persone godono di questo bene se vi partecipano comunitariamente.

Il bene comune, secondo quanto attesta la dottrina sociale cristiana, è una categoria comunitaria non centrata sulle cose ma sui rapporti tra le persone.

Oggi i fatti dimostrano che viviamo un elevato tasso di conflittualità: spesso accade che il mio bene (o quello di una ristretta categoria di soggetti) si scontri con il tuo bene (o con quello di una ridotta cerchia di individui).

Anche in questo caso la dottrina sociale cristiana ci viene in aiuto. Ci indica, infatti, che non dobbiamo assumere in alcun modo posizioni corporative – che tra l’altro danneggerebbero il bene comune – prestando magari il fianco ad una lotta sociale fine a sé stessa.

Occorre, invece, trovare insieme ciò che c’è da correggere, dando sempre la precedenza a quello che unisce piuttosto che ai motivi di contrasto e di divisione. I conflitti sociali, infatti, non si risolvono attraverso il sopruso del più forte sul più debole, ma ricercando, con pazienza e tenacia, la collaborazione, la coesione, la concordia in funzione appunto del bene comune.

Per questo motivo, la stessa dottrina sociale quando tratta della soluzione dei conflitti sociali, finalizzata al raggiungimento del bene comune, ammette sì la «lotta per la giustizia sociale, ma questa lotta deve essere vista come un normale adoperarsi per il giusto bene, non è una lotta “contro” gli altri. [Essa] avviene in considerazione del bene della giustizia sociale e non per eliminare l’avversario»

Il bene comune comprende tutte le condizioni della vita materiale che si richiedono per il miglioramento delle quantità e delle qualità proprie della vita umana, ma nello stesso tempo non può fare a meno di aprirsi ad altri beni altrettanto essenziali, quali sono la cultura, l’educazione, l’arte, la contemplazione, la dimensione spirituale e religiosa e nel nostro caso alla salute in un mondo aperto a tutti.

Occorre, perciò, rendere accessibili all’uomo sia i beni materiali essenziali sia quelli non materiali, comprese «tutte quelle cose che sono necessarie a condurre una vita veramente umana, come il vitto, il vestito, l’abitazione, il diritto a scegliersi  liberamente lo stato di vita e a fondare una famiglia, il diritto all’educazione, al lavoro, al buon nome, al rispetto, alla necessaria informazione, alla possibilità di agire secondo il retto dettato della sua coscienza, alla salvaguardia della vita privata e alla giusta libertà in qualsiasi  campo anche religioso»

Definire il bene comune?

Puntuale giunge la definizione di Bene Comune: «l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono, sia alla collettività sia ai singoli  membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente» (Gaudium et spes 1965)

“Il tema del bene comune – come dichiara la Vision e la Mission dell’Associazione FareRete Innovazione BeneComune APS-Onlus – è certamente ambizioso ma è quanto mai attuale in un momento come questo, in cui la situazione economica, ponendo sempre più a rischio le conquiste del welfare, richiede la massima cooperazione tra gli attori principali”.

Noi, ma come tutti, vogliamo vedere migliori condizioni di salute e di benessere per tutti in quanto diritto umano egualitario. Il denaro non comporta una salute migliore. Buone politiche che promuovono l’equità hanno migliori possibilità. Dobbiamo contrastare le cause profonde (della malattia e delle disuguaglianze) attraverso un approccio mirato ai determinanti sociali che coinvolga il governo e la società in maniera trasversale.

Solo i valori insiti nell’animo umano, strettamente legati l’uno con l’altro da rapporti di complementarità e reciprocità, si richiamano e s’illuminano a vicenda, poiché afferiscono alla dimensione integrale e relazionale della persona umana nella sua dinamica esistenziale e sociale. Per questo forte carattere unitario vanno tutti sostanzialmente colti e considerati nel loro insieme. D’altra parte, solo muovendo dal primato della persona, perseguendo il bene comune nell’accezione più ampia, attuando la sussidiarietà, la solidarietà, la fraternità, sarà possibile dare una risposta inequivocabile – nel segno di «quella carità cristiana che compendia in sé tutto il Vangelo» – alle molte sfide di questo nostro tempo assai difficile e, perciò, ancor più da amare.

Il BeneComune è un valore non negoziabile, esattamente come gli altri esplicitamente menzionati.

Rosapia Farese

 

Fonti:

Rapporto  sulla salute nelle città OMS  Aprile 2016

SDG, Sustainable Development Goals

La salute nelle grandi città italiane, il rapporto con l’ambiente – Telemeditalia

Discorsi BENEDETTO XVI,

Tratto da Gaudium et spes

 

 

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