Le prossime elezioni europee sono un test importante anche per il PPE, l’ occasione per ricordare, riaffermare, rinverdire la sua origine e la sua vocazione cristiano-democratica e sociale. Cioè, un’identità necessariamente antitetica alla destra, a maggior ragione a quella sua declinazione estrema, verso cui si avviano – e non solo per ragioni di tattica elettorale, come alcuni ritengono – i Conservatori Europei di Giorgia Meloni che accolgono Zemmour, il teorico della democrazia illiberale Orban, ed i camerati di Vox.

Nel nostro Paese, il Partito Popolare Europeo è rappresentato da Forza Italia, che, a questo punto, si trova di fronte ad un bivio che non può essere saltato a piè pari. Soprattutto su due versanti. Il primo, di carattere europeo, concerne le alleanze che, dopo la scadenza del 9 giugno, porteranno alla formazione della nuova Commissione, alla cui Presidenza aspira, per un secondo mandato, Ursula Von der Leyen, assidua frequentatrice della nostra Presidente del Consiglio.

Quanto più è rilevante il livello istituzionale in cui si opera e delicata la fase politica che si affronta, tanto più le alleanze che si contraggono sfuggono alla contingenza del momento e diventano impegnative per l’ identità e l’ immagine a lungo termine della forza che le adotta. Una eventuale alleanza con la destra estrema altererebbe profondamente la fisionomia dei popolari europei e li collocherebbe, di fatto, al di fuori della gloriosa vocazione europeista che rappresentano.

Forza Italia, a prescindere dal giudizio che si possa dare in ordine alla sua trentennale vicenda, è pur “scesa in campo” in nome di una rivoluzione liberale, per quanto mancata, di una istanza democratica, rivendicando, altresì, un riferimento cristiano. Siano state rispettate o piuttosto, più o meno, disattese, si tratta di connotazioni che nulla e poi nulla hanno da spartire con il saluto romano ed altre reminiscenze fasciste.

C’è da augurarsi che il far parte della maggioranza del governo Meloni, non venga interpretata da Forza Italia come occasione per auspicare o favorire o riprodurre una similare soluzione a livello europeo. E questo, se vogliamo, è una prima ragione per sperare in Forza Italia. Che, come già accennato, non può fare, su questo fronte, la parte del pesce in barile. A meno di accettare una posizione ancillare nei confronti di Fratelli d’ Italia che assumerebbe il significato di una resa, cui seguirebbe fatalmente una morte ingloriosa. Ma c’è’ un secondo bivio sul cammino di Forza Italia, anche se, in questo caso, sembrerebbe che la posizione assunta sia, forse, già stata compromessa. Sono sicuri gli epigoni di Berlusconi che la riforma del “premierato” sia nelle corde della loro proclamata identità liberal-democratica? E’ importante saperlo, in un quadro politico che non trova nelle stesse opposizioni quella capacità reattiva che rischia di abbandonare al suo destino la tenuta del nostro ordinamento democratico, nato, giova ricordarlo ancora, dalla lotta antifascista.

Domenico Galbiati

About Author