In Italia, l’idea del presidenzialismo è sempre stata appannaggio della destra. Nell’immediato secondo dopoguerra, ci pensarono Rodolfo Pacciardi e il Msi ad agitare un’idea del tutto contrastante con la Costituzione italiana. Poi arrivò la P2 di Licio Gelli a rilanciare, riproponendo una visione autoritaria e non popolare di un impianto istituzionale i cui problemi da risolvere non sono solamente quelli della cosiddetta “governabilità”.

Giorgia Meloni che resta nel filone della destra più estrema, non a caso ha lasciato nel simbolo di Fratelli d’Italia quella che fu la fiamma tricolore di Michelini, Almirante e altri neofascisti, ripropone questa suggestione. Le appare come il collante di un’area che, al di là delle dichiarazioni ufficiali, appare viaggiare in ordine sparso. Come rivelano i diversi posizionamenti in vista delle prossime elezioni del nuovo Capo dello Stato dei suoi alleati, Berlusconi e Salvini, al di là delle dichiarazioni ufficiali.

In questi giorni, Berlusconi si è detto pronto a firmare una proposta sul presidenzialismo. In questo, riprendendo  vecchie sue prese di posizioni in materia successivamente fatte cadere perché oggettivamente improponibili. Salvini pure ha fatto un’analoga dichiarazione. Ma in questo caso non c’è continuità. Si tratta, infatti, di un’altra rottura rispetto alla linea di Bossi il quale ha sempre considerato il presidenzialismo una fesseria giacché egli preferiva, semmai, occuparsi del federalismo.

Giorgia Meloni ha forse per questo spesso parlato di mettere insieme presidenzialismo e federalismo come quando sostenne: “Per noi  l’obiettivo è presidenzialismo e federalismo: una rivoluzione dell’assetto istituzionale che preveda uno Stato centrale completamente diverso, un governo scelto dai cittadini e un presidente eletto dirittamente dal popolo. In questo contesto è allora assolutamente giusto parlare di autonomia”.

E’ evidente una certa confusione sull’assetto istituzionale auspicato giacché appaiono dei concetti del tutto slegati tra di loro, come quel che riguarda l’accentramento dirigistico e l’autonomia. Inoltre, così concepita la cosa, il “governo scelto dai cittadini” finirebbe per cozzare inevitabilmente con la figura del “presidente eletto dirittamente dal popolo”. Tutto il delicato, e fondamentale, gioco degli equilibri tra i diversi poteri dello Stato, che costituisce una garanzia per tutti, istituzioni e cittadini, finirebbe con l’andare a farsi benedire.

Allora, visto che le cose non avvengono per caso, e le dichiarazioni pure, dobbiamo ritenere di essere di fronte ad una “boutade” d’ordine politico e comunicazionale. Tanto per non far pensare a ben altro che riguarda Fratelli d’Italia: soprattutto il sostanziale isolamento che il partito di Giorgia Meloni vive in Italia e in Europa. Al di fuori dai giornali e dei telegiornali, il peso politico reale di Fdi è prossimo all’inconsistenza.

Mentre ci si avvicina alla fine della legislatura, che senso ha parlare di una riforma costituzionale così rilevante? Quando mai sarà realizzata? E come sarebbe accolta dagli italiani che, invece, hanno sempre dimostrato di volersi tener cara la Carta fondativa della Repubblica?

Dopo di che è curioso constatare che questo rilancio dell’idea presidenzialista segua le pesanti critiche indirizzate da Giorgia Meloni a quanti hanno teorizzato, e teorizzano, l’introduzione di un “semipresidenzialismo di fatto” da realizzare con il trasferimento di Mario Draghi al Quirinale. In modo tale, come ha suggerito recentemente Giancarlo Giorgetti, aprendo la stura ad una sorta di “politica creativa ” ( CLICCA QUI ), che si giunga ad una trasformazione di fatto della Costituzione. Anche questa, poi, da vedere alla prova.

Insomma, grande è la confusione sotto il cielo e, questo, giustifica e spiega perché ci si perda a buttare la palla in fallo laterale con tante parole espresse in libertà. 

 

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