Il 16 settembre scorso, la giostra della finanza mondiale ha avuto un sussulto importante, avvertito forse solo dagli addetti ai lavori. Mentre i media generalisti erano intenti a ricordare l’undicesimo anniversario del fallimento della banca d’affari Lehman Brother’s, la Federal Reserve americana interveniva d’urgenza sul mercato interbancario mettendo 70 miliardi di dollari di liquidità. L’intervento, giustificato inizialmente da motivi di scadenze tecniche per minimizzare l’accaduto, era invece rilevante perché riportava la memoria (di quelli che hanno memoria!) all’agosto del 2007, l’inizio della ultima crisi globale.
Cos’è accaduto il 16 settembre? Provo a spiegarlo in termini semplici.
Normalmente quando a fine giornata le banche commerciali chiudono i conti dei depositi nelle filiali, verificano che ci sia una soglia minima di liquidità. Le banche che hanno liquidità in eccesso possono prestare l’eccedenza agli istituti che sono temporaneamente in carenza di liquidità, ricevendo titoli finanziari in garanzia. Il giorno dopo avviene lo scambio al contrario. E’ un mercato interbancario overnight (la sera per la mattina seguente) e gli strumenti utilizzati sono i Repo, dei pronti contro termine. Tale attività di finanziamento a breve termine è remunerata ad un tasso di interesse tendenzialmente basso, essendo finanziamenti a brevissima scadenza, con movimenti per circa 4.000 miliardi di dollari.
In un mondo a prevalenza di tassi negativi, il 16 settembre il tasso Repo overnight era arrivato al 10%, in sostanza c’era una crisi di mancanza di liquidità con istituti che sostanzialmente non si fidavano a prestare il proprio denaro, neanche per una notte. Non proprio un bel segnale.
Nei giorni seguenti, l’intervento della Fed è continuato, a conferma che il problema non era temporaneo ma sistemico. E dopo due settimane la stessa Fed ha iniziato un programma di acquisto di titoli, specificando però che non si trattava di Quantitative Easing (il programma di sostegno ai mercati iniziato nel 2009), quanto piuttosto un riequilibrio del bilancio della Fed dopo i due anni in cui aveva ridotto la liquidità in circolazione. Non ci ha creduto nessuno. Infatti, mentre il Non-Qe proseguiva, i tentativi di spiegare l’accaduto spaziavano dal rischio di fallimento di Deutesche Bank, alla crisi di qualche istituto bancario americano. E i nomi che giravano non erano tra i più piccoli.
Il salvataggio di Deutesche Bank come causa non era credibile. Le ultime mosse di Mario Draghi non erano dettate da urgenza, e oltretutto, dopo anni di naftalina, in Europa hanno pensato bene di ritirare fuori dal cassetto il MES, Meccanismo di Stabilità Europea, evoluzione del fondo salva-stati. Lo hanno tirato fuori prima che scoppiasse nuovamente la crisi, segno evidente che qualche problema in Europa c’è, ma non così grave e urgente.
No. Il problema c’era ed era di casa negli Stati Uniti. Ma di che tipo?
A svelare il mistero ci ha pensato la BRI, Banca dei Regolamenti Internazionali, per capirci la banca delle banche centrali. La massima istituzione mondiale in materia di controlli finanziari. Nell’ultimo report trimestrale ( CLICCA QUI ) si sono posti la domanda: lo stress sul mercato Repo americano è passeggero o strutturale? Bella domanda!
La ricostruzione di quanto accaduto è credibile, eloquente, ci svelerà tante considerazioni.
Prima notizia: il mercato Repo è condizionato da sole quattro banche in condizione di prestare denaro, tutte le altre hanno bisogno sistematicamente di liquidità. Non esattamente un indicatore di benessere per l’economia americana. Alla faccia dei record di occupazione e degli indici azionari di borsa.
Seconda notizia: al mercato Repo partecipano anche molti Hedge Fund, fondi speculativi molto aggressivi, che, per capirci, sono in grado di prendere a prestito 20 miliardi di dollari per investire sui mercati finanziari un controvalore di 200 miliardi.
Terza notizia: ad un certo punto JPMorgan, una delle quattro banche finanziatrici del mercato Repo, decide di togliere qualcosa come 140 miliardi di dollari dal mercato per investirli in titoli obbligazionari a lungo termine. Scelta improvvisa e non motivata neanche da condizioni favorevoli del mercato obbligazionario.
Se questa è la situazione, non ci vuole molto a fare una serie di considerazioni, che chiaramente difficilmente troverete in giro.
Prima considerazione: far partecipare allo stesso mercato banche commerciali, banche d’affari ed hedge fund speculativi è una follia. Una follia regolamentare. E’ legale, consentita dalle regole dei mercati, ma sempre follia è. Finanziarsi a breve per speculare a lungo. Azzardo puro a norma di legge.
Seconda considerazione: senza l’intervento della Federal Reserve, una serie di hedge fund avrebbero dovuto chiudere speculazioni per un controvalore di 200 miliardi, innescando una vendita di titoli per cui non ci sarebbero stati acquirenti. La stessa BRI infatti ha menzionato il precedente del fallimento del famoso fondo LTCM, gestito da due premi Nobel dell’economia (“Nobel”, altro consesso di geni accademici che sarebbe ora di mandare a fare altro mestiere) che dopo quattro anni di attività fallì con relativo crollo dei mercati internazionali nel 1998. La BRI ci dice che questa volta si è rischiato che di fallimenti come l’LTCM ce ne sarebbero stati una serie. Praticamente l’Apocalisse.
Terza considerazione: è evidente a tutti che il denaro circola tra i mercati finanziari, mentre non gira nell’economia reale. Le quattro banche finanziatrici del mercato Repo sono banche d’affari. Le cifre che girano sui mercati finanziari sono enormemente più grandi delle cifre che girano nell’economia reale. Forse è per questo che quando si deve salvare un’azienda si impediscono interventi statali, si costringono trattative lunghe ed estenuanti, mentre se fallisce una banca o un mercato, si interviene senza pensarci tanto! Infatti, quando i mercati finanziari vanno in crisi le banche centrali intervengono mettendo tutto il denaro che serve. Denaro creato dal niente. Perché le banche centrali vengono definite prestatori di ultima istanza. O per meglio dire creatori di denaro di prima o ultima istanza, fate un po’ voi.
Quarta considerazione: Il continuo salvataggio dei mercati finanziari, continua ad alimentare l’azzardo speculativo. E’ un ricatto morale o una connivenza? Ci sarebbe da chiederselo!
Ed infine una domanda che non mi sembra si sia ancora posto qualcuno: ma JPMorgan sapeva cosa faceva togliendo 140 miliardi dal mercato Repo? Secondo me si! Lo sapevano benissimo. Sono pazzi ma non stupidi. E allora perché lo hanno fatto? Sapendo che avrebbero provocato una crisi sui mercati! Non ci vuole molto ad immaginare che sapevano che ne avrebbero ricavato un qualche tornaconto. Hanno costretto la Federal Reserve a iniettare centinaia di miliardi sui mercati, su cui continueranno a speculare (è il loro mestiere) senza considerare la possibilità che possano avere fatto qualche scommessa sull’intervento della Fed.
Immaginate scommettere con un amico davanti ad una caserma dei vigili del fuoco sulla prossima uscita di una squadra di pompieri, sapendo che un vostro complice sta appiccando un incendio nello stesso istante per provocare un falso allarme. Dalle mie parti si chiama truffa. Il punto è che questo inganno si ripete in continuazione. Fino a quando l’amico credulone continua a cascarci.
E qui di creduloni ce ne sono tanti. Convinti tutti che il problema del mondo siano l’immigrazione? L’ambiente? La cultura dell’accoglienza e della “sana politica” che qui da noi ha portato in piazza tante sardine? (non proprio un animale dalla spiccata intelligenza).
Certo che ambiente, immigrazione sono problemi seri, importanti, ma non può non sorgere il sospetto che chi alimenta il dibattito su questi temi, dimenticando quello sulle regole della finanza e del suo rapporto con l’economia reale, o è colluso o é ignorante (nel senso che ignora).
Perché qui il tema è oramai evidente: le regole della finanza regolano la nostra vita, lavorativa e sociale, e sono regole che non sono in grado di garantire la sostenibilità della nostra società, esponendoci a continue sistematiche crisi, semplicemente perché sono regole sbagliate. E le nostre istituzioni politiche, economiche stanno difendendo regole sbagliate. Il populismo globale nasce per l’incapacità delle istituzioni di proteggere le persone e di cambiare le regole. E’ la crisi perenne a dimostrare la perdita di credibilità delle istituzioni.
La novità di oggi è che il sistema finanziario globale è inevitabilmente giunto alla fine, le toppe continue alle falle del sistema non reggono più. Lo sanno anche i banchieri centrali, che infatti stanno preparando una riforma globale che trasferisca gli scambi su piattaforme digitali sfruttando le nuove tecnologie blockchain. Piattaforme che renderanno i mercati ancora meno liberi e ulteriormente controllati e manovrati. Di certo non stanno pensando minimamente a separare ad esempio le banche d’affari da quelle commerciali. Perché la finanza globale deve mantenere il predominio sull’economia reale.
E in ossequio al sempre attuale gattopardismo, cambiare tutto per non cambiare niente, si sta lanciando il tema del Green New Deal, un gigantesco piano di investimenti per dare “un futuro sostenibile ambientale” al mondo. E chi dovrà gestire la creazione di queste enormi masse di finanziamenti (prestiti per creare nuovi indebitati)? La finanza globale, quella che oggi viene mantenuta in vita sotto il ricatto morale del tracollo dei mercati. Il tutto con la nostra partecipazione convinta, di consumatori acquirenti che depositano i propri risparmi in banche che partecipano alla grande giostra della finanza, acquistando ciò che soddisfa la nostra ansia di possesso da colossi digitali che stanno distruggendo l’economia reale e posti di lavoro.
Ma noi scendiamo in piazza con le sardine, o a fianco della piccola Greta, convinti di navigare tutti insieme nell’oceano della libertà, perché siam troppo piccoli per renderci conto che è solo un acquario più grande di noi.
Gianni Di Noia
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