Piaccia o non piaccia, simpatico o irritante, abile o fortunato, sta di fatto che Giuseppe Conte è l’unico leader della politica italiana di caratura europea. Non perché risiede a Palazzo Chigi, non è l’abito che fa il monaco. Ma perché riveste l’incarico di presidente del consiglio con la stessa naturale eleganza con cui indossa gli abiti di sartoria. Unico suo vezzo, ha confessato. Ma la fortuna, insegna Machiavelli, aiuta gli audaci: non è una catena casuale di causalità.
Infatti è passato sotto silenzio l’intervista che il Presidente del consiglio ha rilasciato al direttore di “Repubblica”, Maurizio Molinari, e pubblicata il 5 dicembre scorso. Il dialogo con il premier è introdotto da un breve incipit del giornalista. Dal quale emergono due particolari significativi: l’intervista dura un’ora, decisamente non poco, e viene
interrotta quando un collaboratore del presidente informa Conte che «c’è la Cancelliera Merkel al telefono».  Sicuramente non è una casualità ma è ben chiaro il messaggio che Conte vuol mandare: «Dialogo con l’Europa».
Ma è soltanto l’incipit, ben più forti le parole che seguono. L’intervista è uscita tre giorni prima dell’insidioso voto del Parlamento sulla riforma del Mes. Con il direttore di “Repubblica” il premier si dice tranquillo perché «non cadrò sul Mes». Alla fine ha avuto ragione. Ma perché così tranquillo, mentre gran parte dei mass media erano pronti a intonare il “Requiem”? Ecco la sua risposta: «Perché M5s sta completando la svolta pro-Ue». E poco più avanti:
«L’indirizzo M5s è chiaro: offrire un contributo critico al miglioramento dell’Europa». Parole a dir poco  rivoluzionarie: ma M5s non l’ha smentito. M5s si è trovato proprio sulla strada tracciata da Conte. Eppure non è passato tanto tempo da quando M5s chiedeva di uscire dall’euro; non è passato tanto tempo da quanto M5s era in piena sintonia con la Lega di Matteo Salvini sulla questione Europa; così pure non sono ancora passati 24 mesi da quando Luigi Di Maio, allora vicepremier, andò a incontrare i gilet gialli parigini. Adesso «M5s sta completando la
svolta pro-Ue».
Non credo che l’obiettivo di Conte sia quello di diventare leader del M5s, sarebbe riduttivo. Sta coltivando l’ambizioso progetto di essere punto di riferimento e nello stesso garante delle forze europeiste italiane in Europa. E’ difficile dire quanto rimarrà a Palazzo Chigi perché la politica italiana ha sempre delle variabili impazzite. Tuttavia mandare a casa Conte sarà più difficile di quanto pensano alcuni aspiranti leader. In primis il segretario del Pd
Nicola Zingaretti che studia da premier ma, per ora, da capopartito non riesce a dettare la linea neppure ai “suoi” governatori dem. Di Maio, senza dubbio, ha tanta ambizione, ma sufficiente senso pratico per capire che «simul stabunt vel simul cadent», ovvero: senza Conte non andrà da nessuna parte.
Un caso a parte è Matteo Renzi. Difficile capire quale sia il suo obiettivo, forse non ha neppure un obiettivo: più che
strategia, la sua è frustrazione per quello che voleva e poteva essere ma non è stato. A dir poco patetico sentirlo difendere la centralità del Parlamento quando avrebbe voluto eliminare il Senato e ridurre la Camera a passacarte. E mentre il Presidente del consiglio è al tavolo di Bruxelles, al giornale spagnolo “El Pais” dichiara di essere pronto a staccare la spina al governo: un comportamento che, giustamente, stigmatizzava quando il premier era lui.
Tanti galli nel pollaio della maggioranza, ma il premier dimostra di avere in abbondanza una dote che gli altri non hanno o possiedono in misura molto ridotta: la pazienza. Pazienza che non va confusa col tergiversare, ma è quella dote che genera prudenza. Prudenza non significa aver timore di agire, ma agire senza voler fare il fenomeno. Tanti sono gli attacchi quotidiani a Conte, ma più sono forti, più forte diventa la sua leadership. L’unico problema di Conte è quello di non avere alle spalle una forza politica che abbia una visione strategia sul futuro del Paese. Il compito del governo è quello di portare avanti un progetto, ma qualcuno deve scrivere quel progetto.
La maggioranza che sostiene Conte ha ben poche idee condivise e nessuna prospettiva comune. Almeno questo non è colpa di Conte.
Luigi Ingegneri

About Author