E’ bastato che Matteo Salvini facesse una giravolta e, subito, alcuni cattolici sono corsi a mettersi l’anima in pace. Lo ha fatto anche qualche personaggio autorevole che, così, riesce a rassettare la propria coscienza e a superare le infinite contraddizioni in cui finisce l’isterico grido dei “porti chiusi” rispetto al brandire il rosario come uno slogan politico. Quello dei migranti non è il solo tema su cui tali cattolici devono verificare la coerenza del loro schierarsi con il “salvinismo” condito con una salsa fatta di egoismo sociale e territoriale, di alleanza con i sostenitori di valori che confliggono con quelli delle democrazie e del concetto di libertà occidentali, di sostanziale ostilità verso l’ideale europeo, soprattutto per la parte che significa solidarietà e coesione. Sembra, però, che qualcuno si accontenti di due dichiarazioncine sull’Europa …
Bastano alcune piroette a far dimenticare la retta via che dei cattolici intenzionati ad impegnarsi attorno alla cosa pubblica dovrebbero seguire con un certo rigore intellettuale e di analisi politica? Il rigore è quello imposto dal dirsi ispirati alla Dottrina sociale della Chiesa presa nella sua interezza. Sia da parte dei cosiddetti cattolici del sociale, sia da quelli della morale, tanto per restare alla felice fotografia scattata dal cardinal Gualtiero Bassetti.
Noi riteniamo che il Governo Draghi possa costituire un’esperienza importante. Per taluni versi, fondamentale per le future sorti del Paese. Abbiamo sempre detto di voler costituire un’alternativa a un sistema politico inadeguato, rissoso e verboso, incapace nella sua complessità, da Salvini al Pd, di lavorare a quei presupposti ineludibili che significano ricerca vera della coesione sociale di una intera nazione, non solo di una sua parte, e cambio delle regole del gioco della politica.
Plaudiamo al fatto che il prof. Draghi sia riuscito dove non è riuscito Giuseppe Conte. A determinare, cioè, un allargamento della base parlamentare destinata a dare più energia, determinazione e continuità all’azione diretta contro la pandemia e ad una sana utilizzazione dei fondi che attendiamo dall’Europa attraverso il Next Generation Eu. A Draghi, come facemmo per Conte, diciamo in ogni caso che non comprendiamo perché in una situazione altamente drammatica, basta guardare alle nuova impennata del numero dei contagiati, non si attivi il Mes sanità senza condizionalità.
Mario Draghi, proprio grazie all’allargamento della base parlamentare del nuovo governo, potrebbe valorizzare come mai fatto prima il ruolo del Parlamento. Riportando tra l’altro il Paese nel pieno del solco indicato dalla Costituzione di una Repubblica parlamentare che non è la Repubblica dei giochi di potere dei partiti. Può lasciare, dunque, che si realizzino delle “maggioranze variabili” attorno ai problemi veri del Paese, su cui non può e non deve avere voce solamente il Governo. Si tratta, infatti, di questioni che vanno oltre lo spazio limitato di tempo di vita di qualunque esecutivo e giungono persino a richiamare la necessità di dare vita ad una nuova Assemblea costituente, come fu quella del secondo dopoguerra.
Già abbiamo parlato in più occasioni di un metodo che potrebbe rivelarsi l’unico in grado di superare, con il minor tasso di criticità possibile, tanti temi cruciali, altamente divisivi tra le forze di questa maggioranza d’emergenza di cui siamo ai primi vagiti. La risposta, invece, è il riformarsi di due blocchi contrapposti che convergono strumentalmente verso un meglio non definito Centro dentro il quale continueranno con i sistemi di sempre.
Forti della nostra ispirazione cristiana, e sulla base degli insegnamenti da tutti noi fortemente metabolizzati, recentemente venuti anche da mons Gastone Simoni, non possiamo sottovalutare che la nostra valutazione politica non può trascurare quella morale. Non moraleggiante, che è cosa diversa. Non possiamo sottovalutare ciò che è stato nei comportamenti tenuti, più o meno recentemente, e dei tanti giri di valzer cui molti si sono dedicati e si stanno ancora dedicando, anche all’interno del mondo cattolico.
Noi crediamo in una politica basata su un’ispirazione forte. Cosa che, in tante occasioni, può finire per contrastare con le idee di chi concepisce, e abbiamo anche tanti amici che tale tipo di valutazione la sentono come preminente, la politica come ricerca del proprio successo personale o del proprio partitino. Che ciò riguardi la dimensione nazionale o regionale, o locale, poco cambia.
Noi crediamo nella necessità di seguire un metodo nuovo, di presentare facce nuove. E’ necessario superare sia la lezione machiavelliana che accetta l’idea della perdita della tensione morale tra finalità e mezzi utilizzati, sia quella guicciardiniana del rifluire nella visione stretta dei propri interessi personali e di gruppo o d’appartenenza sociale.
Quando parliamo di autonomia non intendiamo prefigurare una posizione di notarile equidistanza tra destra e sinistra. Ci riferiamo alla necessità di portare sul piano politico una presenza forte, perché forte è il quadro di pensiero di riferimento. Una sua componente è costituita da un giudizio sia sui fini, sia sui comportamenti politici conseguenti.
Esiste un problema di credibilità della Politica in generale e di molti suoi attori in particolare. E’ su questo che si deve valutare ogni ipotesi di possibile convergenza. Un criterio che immediatamente riguarda il mondo cattolico interessato alla cosa pubblica, nel momento in cui sempre più diffusamente s’impone la necessità di provare a superare le storiche divisioni degli ultimi 25 anni.
Ciò vale a maggior ragione nel momento in cui assistiamo a ciò che si può definire un “affollamento” al centro che appare come una vera e propria transumanza. C’è chi continua a non capire che Draghi è oggi a Palazzo Chigi, magari anche contro una sua naturale volontà, proprio perché chi si sta inventando strane alchimie ha dimostrato, e a lungo, grandi contraddizioni tra il dire e il fare.
Giancarlo Infante