È drammatico che un imprenditore si sia affidato al proprio commercialista e avvocato per anni, agli esperti, per poi scoprire di “non avere la contabilità” e di rischiare la bancarotta fraudolenta e quindi la galera. Sembra irreale, ma da operatore, da tecnico chiamato di fronte al suicidio tentato tre volte in una settimana, mi devo ancora una volta rendere conto che in troppi casi le “cadute da cavallo” sono conseguenza di una scellerata consulenza del tuo commercialista e del tuo avvocato.
Sono parole pesanti lo capisco, ma in questo caso scatteranno le denunce penali. Siamo di fronte ad un imprenditore edile del Superbonus, con la sua famiglia, con il “frigo vuoto”, privati di tutto, a piedi, al freddo. Poi guardiamo a Benko, anche lui, il ritenuto “eccelso”, caduto, con tutte le risorse e con tutti i consulenti al suo servizio, ma forse è tutt’altro il suo caso. Lui vende il suo panfilo.
Nei casi che seguo, tutto è più umile, ma occorre “cultura” e “formazione” per capire bene cosa significa la delega al proprio commercialista, per cercare di “fare il pane” e solo il pane, mentre dietro alle quinte qualcuno lo mangia prima che sia cotto. Come fare per creare attenzione e questa cultura? Io ci provo da anni, in un’opera silente al servizio con umanità, ma anche con competenza. Comunque, nobile volontariato.
Le mie esperienze sono drammatiche. Io ci provo, talvolta ci riesco, con tanta vicinanza anche silenziosa, anche di miei amici, presi per la “giacchetta” con l’appello “aiutami”, con un pugno nello stomaco, con le notti insonne, perché io stesso soffro per loro e ,,devo” sapere recuperare la famiglia alla vita. Tanti capelli bianchi in più. Poi devo avere il coraggio di una denuncia e di cercare professionisti che mi aiutino nel penale. Nel voler “capire”, scoprono, anche loro increduli, tanti, troppi altarini di chi in un albo professionale non sa cosa è l’etica. E mi aiutano, “pro bono”, anche loro sgomenti, di fronte ai fatti che scoprono al mio fianco.
Occorrerebbe una “banca della solidarietà”, ma anche una banca delle competenze, al servizio di un aiuto da prestare, con grande autorevolezza, agli imprenditori sofferenti, oggetto di tante grandi superficialità e di mancanza di etica, etica che non dovrebbe essere in discussione, ma purtroppo non è così. Di fronte al suicidio silente degli imprenditori, non si può più stare zitti, bisogna capire ed agire con coraggio.
In 40 anni di mia attività ne ho seguiti tra Bolzano, Bergamo e Milano, nelle mie sedi di azienda oltre 500 di commercialisti, ai quali insegno ad usare i loro software professionali per applicarli sui temi dei loro clienti. Insegno precisione, non furberie. E molti, troppi, guardano alla “ciccia” da mangiare, non seguono i propri collaboratori ai quali delegano il “battere una contabilità arida”. Non guardano la contabilità, seguono i grossi contratti. Oggi, alla mia età, ho il coraggio di schierarmi con gli imprenditori per lanciare un appello a non cadere in una delega totale, senza rendersene conto.
Quando entri in contatto con un imprenditore in crisi, che ha avuto ancora la forza di chiamare il Telefono Arancione e cerchi di comprendere la sua disperazione, sai che dentro di sé quella persona è profondamente frustrata e si accusa di ogni colpa che ha condotto la sua famiglia, ma anche quella dei suoi dipendenti, in un tremendo vicolo cieco. L’operatore del Telefono Arancione sa che deve toccare i temi veri e riprendere in mano con una buona ricostruzione la genesi dei problemi. La prima necessità è quella di “chiarire bene” e con onestà lo stato delle cose, le situazioni reali. Questo è anche il ruolo del Telefono Arancione: l’aiuto nella verità, per accompagnare l’imprenditore a liberarsi dei sensi di colpa e delle paure, iniziando il lungo e spesso doloroso ma possibile cammino della rinascita.
Alberto Berger