Domani giureranno i vice ministri e i sottosegretari . La squadra di governo di Giuseppe Conte è completata e l’esecutivo giallo rosso comincia con le danze.

Tante le questioni aperte. A partire dalla legge finanziaria cui si accingono a lavorare sapendo di potere contare su occhi più benevoli da parte dell’Europa.

Il sostegno alla Ursula Von der Leyen, assicurato in tempi non sospetti dai due partiti che formano l’attuale compagine di Palazzo Chigi, ha portato ad un naturale cambio di maggioranza dopo che Matteo Salvini ha tirato troppo la corda. Aveva lui fatto una vera e propria piroetta alleandosi con i nemici di sempre, i 5 Stelle, senza aspettarsi  che lo stesso potesse fare il Pd sotto la costrizione di Matteo Renzi.

Cosa fatta capo ha. A nulla sono valsi gli estremi  tentativi del capo della Lega di restare al governo con il movimento fondato da Beppe Grillo. Adesso, Salvini ritira fuori l’impeto unitario con il centrodestra. Arrivano le regionali e quella che sembrava una ex coalizione di centrodestra( diventerà vera?)  si deve accontentare del girone di consolazione.

Il primo risultato utile del governo bis di Giuseppe Conte è stata la nomina di Paolo Gentiloni a Commissario agli Affari economici a Bruxelles. Posizione tanto importante, cui Matteo Renzi rinunciò per fare assumere alla Federica Mogherini  la figura, più virtuale che sostanziale, di “ ministro degli esteri” della Ue.

Oggi, quell’errore è rimediato. L’Italia, da essere considerata lo scolaro più indisciplinato dell’aula,  diventa addirittura capoclasse in materia di economia e …  di conti pubblici.

Un secondo risultato, sia pure ancora tutto da verificare, ma le buone intenzioni ci sono, è quello che sembra venire dal diverso atteggiamento che la nuova Commissione Ue intenderebbe assumere in materia di immigrazione. Si dovrebbe andare verso un sistema di ricollocazione automatica dei migranti tra tutti i paesi dell’Unione. Chi non l’accetterà ci rimetterà in termini di sostegno finanziario.

E’ chiaro che si tratta ancora di pannicelli caldi. Il fenomeno dell’immigrazione non potrà che essere affrontato con provvedimenti di ben altra portata. In casa propria, richiederebbero  l’applicazione del concetto che le frontiere di ciascun paese costituiscono, in realtà, quelle dell’Europa. La creazione di una Guarda costiera dell’Unione dedicata alla questione potrebbe essere già un passo in avanti, superando le tante carenti operazioni organizzate negli anni scorsi.

Sul fronte esterno, è evidente che se non si dà vita ad una politica di collaborazione e supporto, non di stampo coloniale, ai paesi in guerra e a quelli in via di sviluppo l’epocale fenomeno che ha rischiato di travolgerci non potrà essere seriamente affrontato.

L’Europa e l’Italia hanno di fatto abbandonato la politica di cooperazione allo sviluppo degli anni ’70 e ’80.

“ Aiutiamoli a casa loro”. Espressione che contiene anche accenti di supponenza, se non addirittura d’impronta razzista, e che riassume una semplicistica risposta alle dinamiche economiche, sociali e culturali in atto in parti di un mondo sempre più dipendenti ciascuna dall’altra, dovrebbe essere tradotta in una ben più significativa presenza.

Questi problemi si affrontano con “ più Europa” e non con le superficiali e puerili tendenze nazionalistiche.

In ogni caso, il Governo deve affrontare nuovi problemi. Originati dai presupposti che l’hanno portato a vedere la luce e insiti nei rapporti reali esistenti tra 5 Stelle e Pd, come in quelli interni a queste due forze politiche.

Anche il modo in cui si è giunti alla definizione delle  42 posizioni da viceministro e sottosegretario la dice lunga su cosa bolla in pentola.

Stiamo assistendo ad un autentica “ militarizzazione” dei partiti di governo. Le correnti hanno battagliato ferocemente per spartirsi le cariche.

Così, anche stavolta, si è finito per pensare più agli equilibri interni piuttosto che ad aprirsi alla società civile e ai tanti talenti inespressi presenti nel Paese, nelle università, nel volontariato, nell’impegno civico. Numerosi i nomi che ci si sarebbe atteso veder presenti nell’elenco dei 42 per lanciare un segnale di autentica discontinuità.

Coloro che, anche per quanto riguarda il pensiero culturale, sociale e politico cattolico, in questi anni hanno dimostrato la capacità di elaborare in modo aperto e progressivo: Mario Giro, con la tanta esperienza maturata sui temi della cooperazione internazionale; Leonardo Becchetti, tra i più insistenti in materia di economia civile e sulla necessità di avviare una rigenerazione sociale e civile. Ancora, Mauro Magatti  e Alessandro Rosina. Consistenti altre significative  novità avrebbero potuto essere raccolte in altri mondi, come quello liberale, repubblicano e socialista. Insomma, un’occasione persa per respirare, e far respirare al Paese, aria ben più fresca in un esecutivo che sembra smentire il promesso rinnovamento.

Quanto durerà questo Governo? Non avendo la palla di vetro, non è facile rispondere al quesito.

Elementi soprattutto di natura internazionale portano a scommettere sulla lunga durata. Vicende domestiche potrebbero far disperare, invece. In particolare, per le condizioni in cui si trova il Pd, dilaniato tra l’ipotesi Zingaretti e quella Renzi. Aspettiamo la Leopolda renziana per capire le vere intenzioni di quanti sono dati in procinto di far saltare per aria il principale partito del centrosinistra.

I primi a doversi preoccupare di questo scenario sono i tanti amici che fanno fatica a ragionare seguendo la logica dell’autonomia e continuano a puntare su un “ ravvedimento” dei democratici.

Una verifica verrà dalle imminenti elezioni regionali in Umbria, seguite da quelle di Emilia Romagna e Calabria.

In Umbria,  il Pd, soprattutto a seguito di recenti gravi scandali, è segnalato in caduta libera. Quanta commistione con realtà ambigue e gruppi di potere, persino inquietanti. Forte è il rischio che quello sempre indicato come uno dei cuori della “ rossa” Italia centrale finisca per cambiare colore e ritrovarsi “ protettorato” salviniano.

Basterà limitarsi alla presentazione di un capolista  proveniente dalla società civile per ritrovare una verginità?  Oppure, rischia di rivelarsi la classica foglia di fico utilizzata per coprire pudicamente il consolidato istinto di “ potere” di un partito che ha dimostrato, ma non solo in Umbria, di aver perso il rapporto con le realtà sociali e culturali più innovative?

Neppure in Emilia e Romagna la situazione dei democratici appare rosea. Non dappertutto i 5 Stelle sono disposti a sostenere degli alleati scoperti appena adesso.

In molte parti del Paese gruppi e circoli in via di organizzazione spontanea, assieme a persone singole, vogliono partecipare ad un processo di cambiamento scegliendo altre opzioni, all’insegna della distinzione rispetto alle forze politiche tradizionale, oramai screditate.

Questa voglia di libera aggregazione è basata sul comune riconoscimento di “ interessi” condivisi civicamente. Essa diventa più forte di fronte dell’arroccamento dei partiti attorno ai loro simboli e alle loro liste autoreferenziali di cui sono ferramente intenzionati a  perpetuare il controllo. Non si pongono il problema di partecipare a un processo di rigenerazione di metodo e di facce.

Non si capisce proprio perché il Pd debba continuare a pretendere che gli altri gli vadano in soccorso. Non basta accampare la necessità di arginare la Lega e, poi, confermare la mancanza di ogni sincera apertura verso altre espressioni culturali e politiche, oltre che nei confronti delle emergenti realtà dei territori.

Giancarlo Infante

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