Il Consiglio dei ministri approva il ddl delega “non autosufficienza” (impropriamente chiamato “anziani”) con il quale il Governo Meloni propone al Parlamento la cancellazione dell’indennitá di accompagnamento, sostituita da trasferimenti agli operatori privati dell’assistenza. Nel ddl anche l’istituzione di un sistema (SNAA) parallelo a quello sanitario, destinato solo agli anziani non autosufficienti, ma senza tutele universalistiche: il ghetto degli inguaribili.
Ora il provvedimento passa alle Camere, si apra il confronto per eliminare le palesi discriminazioni e riconoscere nel Servizio sanitario nazionale il diritto alle cure per malati non autosufficienti.
La Fondazione promozione sociale onlus/Ets e il Csa – Coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti di base, lanciano un appello al Parlamento dopo la nefasta approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del ddl delega “Politiche in favore delle persone anziane”, che è in realtà una controriforma epocale che esclude dalle cure sanitarie e socio-sanitarie i malati cronici non autosufficienti (per ora anziani, ma con prevedibile estensione a tutti coloro che sono giudicati assimilabili): si apra immediatamente un confronto nel merito sul provvedimento che discrimina milioni di italiani negando il loro status di malati (il testo omette sempre la causa della condizione di non autosufficienza, cioè la grave carenza di salute determinata da gravi malattie), sottraendo loro il diritto alla tutela della salute e annullando l’indennità di accompagnamento, sostituita con prestazioni sociali non garantite e gestibili da operatori privati.
I punti più negativi del ddl:
➢ L’abolizione dell’indennità di accompagnamento e l’introduzione per i malati cronici non autosufficienti «di una prestazione universale graduata secondo lo specifico bisogno assistenziale» (articolo 5, comma 2) erogabile in servizi o come trasferimento monetario. L’indennità di accompagnamento Inps viene oggi data come diritto esigibile a tutti coloro che ne hanno diritto «a solo titolo della minorazione», senza valutazione socio-economica dei richiedenti e senza limitazioni di bilancio. Il ddl vuole invece istituire una «prestazione» falsamente chiamata «universale» perché sarà vincolata alla valutazione del bisogno assistenziale (meglio sarebbe dire “di tutela della salute”, al quale dovrebbe rispondere la sanità) e «nei limiti delle disponibilità del Fondo – l’ennesimo! – per la prestazione universale per gli anziani non autosufficienti», che ingloberà anche «risorse rivenienti dagli eventuali risparmi di spesa sanitaria» fatti sulla pelle degli stessi malati!
➢ L’assoluta mancanza di un’istituzione unica di riferimento che svolga la funzione di centro direttivo, gestionale e di erogazione delle risorse. Il ddl prevede che il nuovo sistema sia governato dal “Coordinamento interministeriale per la popolazione anziana” (tutta, dai vecchi malati senza autonomia a quelli amministratori delegati di aziende multimilionarie!), «presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, è composto dai Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, per le disabilità, per gli affari regionali e le autonomie, dell’economia e delle finanze o loro delegati». È la garanzia che le decisioni saranno al ribasso per chi ha più bisogno e che non sarà individuabile un soggetto responsabile.
➢ L’istituzione del vero pilastro dell’emarginazione, e vero interesse del ddl: il «sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente» (SNAA). Si tratta di un Sistema, e non un Servizio come quello sanitario nazionale, «a parte», a cui destinare tutti i malati non autosufficienti ai quali non viene riconosciuto lo status – e i corrispondenti diritti – di malati. Trattati come «casi sociali» al massimo da «accudire» previa valutazione socio-economica (ma se hanno qualche risorsa, nessun servizio sarà attivato perché il settore di riferimento è quello delle politiche sociali e non quello della sanità).
➢ La «valutazione multidimensionale unificata» con valutazione socio-economica (Isee) e sociale più in generale (famigliari, abitazione…) che includerà i malati non autosufficienti nel «Sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente», escludendoli così dal resto delle prestazioni assicurate agli altri cittadini che hanno bisogni simili (la cura delle proprie malattie). Ne è un esempio l’accorpamento – previsto dal ddl solo per i malati non autosufficienti – dei servizi Adi (Sanità) e Sad (Comuni), in modo da negare la prestazione sanitaria a chi non avrà i requisiti per quella comunale/sociale. La valutazione avverrà in fantomatici «punti unici di accesso (PUA), collocati presso le Case di Comunità», che lo stesso ministero della sanità ha messo in dubbio per carenza di professionisti.
➢ La limitazione alle «risorse disponibili a legislazione vigente», ricorrente in tutto il testo del ddl. Sappiamo, invece, che la presa in carico dei malati non autosufficienti ha necessità di più risorse (che ci sono, come dimostrano gli stanziamenti per altri capitoli di spesa – anche improvvisi – mai soggetti a limitazione) e di un riconoscimento della tutela della salute a casa attraverso un maggiore impegno della sanità, universalistica, accessibile a tutti senza valutazione socio-economica o limitazione preventiva delle risorse, nelle attività di assistenza tutelare. Quest’ultimo obiettivo è fondamentale per la tutela della salute dei malati non autosufficienti a domicilio e per il rispetto del diritto ad una vita dignitosa dei loro parenti “caregivers”. Si può ottenere con l’inserimento nei Lea (articolo 22 delle prestazioni sanitarie che lo Stato è obbligato a fornire) del riconoscimento delle prestazioni informali di «aiuto infermieristico e assistenza tutelare alla persona», con corrispondente assegno di cura sanitario destinato a riconoscere l’attività dei famigliari o di assistenti famigliari regolarmente assunti. È questo l’unico provvedimento utile e decisivo per il riconoscimento della tutela della salute dei malati cronici non autosufficienti a casa loro. Il ddl invece vuole attaccare i risparmi del ceto medio togliendo a milioni di italiani le tutele del Servizio sanitario, unica vera assicurazione sulla nostra salute e su quella delle future generazioni. Il testo del ddl passa ora al Parlamento per la discussione. Chiediamo che si apra un confronto nel merito per il rispetto degli articoli 32 e 38 della Costituzione (nei rispettivi ambiti sanitario e sociale) e della legge 833 del 1978 per garantire nel Servizio sanitario nazionale e non in un «Sistema» emarginante le cure di lungo termine domiciliari, semiresidenziali e residenziali (previste dai Lea) ai malati cronici non autosufficienti.