La lite perenne, ora strisciante, ora conclamata, si potrebbe dire simile ad una vera e propria “guerra d’attrito”, tra le forze che si oppongono al governo Meloni o addirittura al loro interno, come succede nel PD, ricorda la vicenda dei due polli, in verità capponi, di Renzo Tramaglino. Si beccavano l’un l’ altro mentre, accomunati da un ferale destino, si avviavano verso la studio del dottor Azzecagarbugli. Per quanto ad un certo punto parve aprirsi per loro uno spiraglio di speranza, l’intervento imperativo della domestica del noto professionista lecchese, li ha irrevocabilmente consegnati alla padella. Rischiano di fare la stessa fine PD, 5Stelle e Terzo Pol(l)o?

Chi invoca da loro una opposizione congiunta non considera come l’esercizio di un tale ruolo non si configuri quale pura e semplice marcatura stretta, applicata alle caviglie del governo. L’ opposizione è un’arte non meno difficile di quanto lo sia il “governare”. Se si concepisse come azione di mero contrasto – sia pure “costruttivo”, come, eufemisticamente, si usa dire – significherebbe che a condurre la danza degli argomenti e dei programmi, sarebbe pur sempre la maggioranza, cosicché le variazioni sul tema, suggerite dall’opposizione, tutt’al più riguarderebbero la “sostanza seconda”, cioè gli accidenti di un percorso o di un progetto che, nell’essenza del suo impianto, resterebbero tale quale la maggioranza di governo lo pone.

Derubricandola in tal modo, più facilmente le forze che la interpretano potrebbero trovare conveniente convergere in un fronte comune, misurato sulla forza bruta – si fa per dire – della contrapposizione. Ma, in effetti, l’opposizione non può limitarsi ad un alterco con l’altra parte, ha un ruolo ben più nobile. Il suo vero interlocutore non è, in primo luogo, come dirimpettaio, la maggioranza parlamentare che regge il governo, in un vai e vieni di contrappunti che finiscono per intrecciarsi in un gioco a somma zero. Il che stranisce gli elettori e li allontana. Il suo vero interlocutore è il Paese, cui ha il compito di offrire una proposta alternativa, una visione prospettica differente.

Del resto, senza una vera opposizione anche la maggioranza, sia pure nel tempo medio-lungo, soffre. Se non è incalzata, fatica a leggere il profilo altimetrico della sua corsa, non vede dove la strada si impenna o dove ci vuole uno scatto, la fa da passista e si insabbia. Le opposizioni al governo Meloni, almeno come le vediamo oggi, tutt’ al più sostengono una schermaglia, ma sono prive non solo di un disegno comune, ma pure di un vero progetto singolare per ciascuna delle tre. Ed anche qui la condizione in cui versa il PD è emblematica. Passi per i “democratici” nelle more del congresso, ma è possibile dire che i 5Stelle abbiano un disegno? Basta il reddito di cittadinanza per sostenere che si tratti di un partito di sinistra?

Anche una destra potrebbe esibire un’ agenda sociale, ma ciò che fa la differenza è la politica, il diverso avviso circa i rapporti di forza nel contesto sociale, le alleanze, la scala valoriale complessiva cui ci si rapporta, i modelli istituzionali e la concezione del potere che li sottende. Il Movimento 5 Stelle è di sinistra o di destra o semplicemente un impasto confuso che la pochezza politica di Conte non sa redimere dalla cifra originaria? Non a caso, con il PD, quando pur convergono, non vanno mai oltre un mero accostamento tattico-elettorale. In quanto a Calenda che, talvolta, reca a Palazzo Chigi consigli non richiesti, intende essere veramente opposizione oppure, pur controvento e, dunque, veleggiando di bolina, non disdegna una rotta, che non necessariamente collida con la destra al governo, ma studi, se mai, come accostarla all’occorrenza?

 

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