“Sinodo” significa letteralmente “camminare insieme”. Anche la politica ha bisogno di riscoprire una dimensione “sinodale”, senza con ciò svilire, con un uso improprio, un termine reso impegnativo dal lessico ecclesiale, dove sta per collegialità e corresponsabilità. Una parola, dunque, da non sciupare ed a cui ricorrere con parsimonia per non confondere i piani tra ciò che è universale e compete alla religione e ciò che, al contrario, spetta alla particolarità del discorso politico.
Eppure, trasferirla per una volta a questo livello è un modo suggestivo e forse un pò provocatorio per dire, in modo secco ed inequivocabile, con una espressione sintetica e forte, come sia davvero urgente che la politica esca fuori da quella deriva “leaderistica” cui, da troppo tempo, sembra essersi abbandonata attraverso i partiti “ personali” che si protendono dal proscenio del nostro sistema, cosicché si condanna da sé ad una sostanziale impotenza.
Ed, altresì, per suggerire come la necessaria riscoperta della “collegialità” dell’impegno politico esiga un concorso del tutto speciale da parte dei cattolici, nella misura in cui dovrebbero tuttora custodire, nelle loro corde, un’alta considerazione di una responsabilità che sia, nel contempo, personale e condivisa.
“Insieme”, non a caso, reca, nel suo stesso nome, questa prospettiva, per quanto siamo del tutto consapevoli che non bastiamo da soli e l’impegno inclusivo che abbiamo fin qui espresso, non si debba intendere esaurito con l’Assemblea fondativa dello scorso 3/4 ottobre.
“Camminare insieme” non significa, di per sé, avanzare a braccetto e tanto meno in fila indiana, cosicché qualcuno detti il percorso e la cadenza del passo ed altri debba necessariamente allinearsi. Ma piuttosto creare una rete.
Anziché una struttura piramidale e gerarchica che, in qualche modo, pretenda di riproporre il paradigma del vecchio collateralismo, occorre dar vita ad una vasta articolazione di rapporti, cosicché la reciprocità di versanti diversi, per un aspetto focalizzi la peculiarità di ciascuno e, per altro verso, valorizzi la visione comune.
Mi rendo conto che questo può sembrare un discorso astratto, al limite un gioco di parole, eppure dobbiamo pur avvertire quanto sia urgente superare pruriti, prudenze e minuetti leziosi pur di assecondare una svolta.
Occorre cambiare il verso della partita e proporre come “baricentro” attorno a cui costruire una nuova stagione di consapevolezza e di maturità civile, quella vocazione popolare vera, autentica, che si nutre della concezione cristiana dell’uomo, della vita e della storia e la assume come matrice dell’ autocomprensione che ciascuno di noi ha di sè stesso e della collettività.,
“Autocomprensione” che nella cultura e nel sentimento profondo del Paese, al di là di ogni contraria apparenza, è tutt’altro che smarrita e rappresenta il cardine di quella società del “valore umano” cui aspirava Aldo Moro.
E’ fin d’ora il momento di rompere l’assedio di una politica sghemba ed inerte per preparare la possibile evoluzione di nuovi equilibri.
Oppure c’è chi pensa seriamente che quella rigenerazione del Paese cui dovremo attendere appena affrancati dal morso della pandemia, la si possa affrontare replicando una condizione politica che, comunque si configuri, altro non sia che un altro “bricolage”, messo in scena dagli attori attualmente in campo?
“Camminare insieme” vuol dire muovere anche da postazioni diverse, dotati di un differente bagaglio, in funzione del ruolo particolare, politico o piuttosto sociale, culturale o formativo, che ognuno privilegia per sé, secondo una pluralità di compiti, attraverso percorsi in linea retta per taluni, oppure più elaborati per altri, in ragione di una mappa articolata che vada ad esplorare territori meno ravvicinati.
Purché si risponda ad un “attrattore” comune, cioè liberamente evocati, si potrebbe dire, assorbiti, catturati da un nucleo strutturato di pensiero organico e forte, che, a sua volta, sappia dar conto dei valori che lo supportano e lo giustificano.
Non si tratta di proporre una sorta di unità dei cattolici che non è mai esistita come tale, bensì, nella piena consapevolezza del pluralismo delle opzioni politiche, di richiamare alla responsabilità di ognuno, singolarmente e nelle forme associative in cui ciascuno opera, l’urgenza di non ritrarsi nell’ ”aurea mediocritas” di un opportunistico, asettico “centro” , ma, al contrario, di accettare apertamente la sfida che incombe sul nostro tempo.
Domenico Galbiati
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