E’ fin troppo banale l’osservazione circa le diffuse sensazioni di pessimismo che attraversano il mondo in questi tempi nei quali piuttosto che dalla pace, sono segnati da sentimenti bellicosi, di ogni genere.

Quasi tornano alla mente degli anziani come dei giovani i concetti acquisiti nei corsi di storia sulla relazione sempre intercorsa tra confronti economici esasperati da misure ritorsive (questa una delle finalità dei dazi, la ritorsività) e successivi confronti armati.

Per la verità, nonostante la chiarezza della narrazione, non si può dire che la questione dei dazi susciti nell’opinione pubblica generale la paura. E’ un errore. Un errore in qualche modo determinato, in particolare nell’occidente, dall’assuefazione alla pace.

La diamo per scontata, oggi più di quanto non avvenisse nei tempi dei blocchi e delle connesse politiche di equilibrio militare. Ma non è così. Nonostante il tentativo di oscurare la voce dei cristiani, tema del quale i cristiani poco si occupano, se non didascalicamente e di tanto in tanto, il messaggio dato da questo Papa, Papa Francesco, di un tempo bellicoso e guerresco, quello attuale, sovrasta ogni sforzo dei potenti della terra di mascherare il pericolo. C’è una ragione. I potenti sono sempre preparati alla guerra, i popoli no.

Di tutte le esperienze che conosciamo, in questi termini, resta la verità che dai confronti inaspriti tra i Governi, tra gli Stati, tra le economie, residuano sempre lutti, dolori e povertà per i popoli, mentre, miracolosamente, da un tempo all’altro, le ragioni e gli interessi dei potenti restano intatti.

Industrie, i grandi commerci, oggi i potentati globali potrebbero tranquillamente sopportare la disgregazione e resistervi e proiettare, intatti, i loro interessi nel futuro.

I dazi come è noto, sono se si vuole, antiquati perfino dal punto di vista economico e finanziario. Farvi ricorso denota un arretramento culturale, integra quella caduta di intelligenza globale che cinquant’anni fa era stata magistralmente intuita da San Paolo VI.

I dazi, lo ha fatto notare il Presidente Mattarella al Presidente degli Stati Uniti Trump, con linguaggio diplomatico ma diretto, costituiscono la tomba delle relazioni tra i paesi, tra le culture, tra le economie.

Non è sfuggito, credo, che perfino organismi internazionali creati con approccio evolutivo, per regolare i commerci internazionali, mi riferisco al WTO (Organizzazione del Commercio Internazionale), alla fine delle loro istruttorie non hanno trovato di meglio che autorizzare dazi per chiudere un confronto tra Stati.

Gli Europei costruiscono aerei ? Lo fanno con il supporto di finanze pubbliche ? Allora, gli Americani possono imporre dazi sulle merci europee.

La contesa ha riguardato l’industria aeronautica ? Si, ma gli Americani colpiscono nei punti più dolorosi per le economie occidentali, europee, colpiscono l’agricoltura dei francesi, le birre inglesi, i beni più pregiati della cultura gastronomica italiana, anche se noi non abbiamo colpe specifiche per aver l’Europa costruito aerei “europei”.

Cerchiamo di capirci, i dazi sono uno strumento dell’economia utilizzato da sempre.

Forse sono stati anche necessari, in qualche tempo. Ma questi dazi, quelli di cui parliamo oggi, sono punitivi, assomigliano molto, anzi integrano, delle sanzioni.

Servono a ridurre le aree di autonomia degli Stati Nazionali. Viene da ridere, ma sono lo strumento principale cui fanno ricorso i sovranisti di ogni parte del globo.

Neppure hanno il pudore, questi signori, di dissimulare il fatto che non potendo ancora dichiarare guerra perché funziona la capacità deterrente degli organismi internazionali, dall’ONU a quelli regionali, si risolvono ad insidiarsi reciprocamente nella riduzione delle autonomie nazionali. Perché sanno che alla fine la capacità di resistenza degli Stati si esaurirà e resterà libero il campo per l’esercizio della guerra.

E dire che se classi politiche di ispirazione cristiana, riuscissero finalmente a consolidare una presenza politica, questo tipo di strumenti sarebbe anche utile.

Allora, poniamo in ipotesi che sugli interessi delle concentrazioni economiche e finanziarie, nonché degli Stati sovranisti, prevalessero, diffusamente gli interessi delle persone. Poniamo che classi politiche di ispirazione cristiana riuscissero a spiegarsi e a spiegare all’opinione pubblica globale che i contenuti di un’azione politica cristiana ispirata alla dottrina sociale della chiesa non avrebbe bisogno di traduzioni locali, per essere in sé universale. Allora, la salvaguardia della pace (che è un interesse di tutti), poggerebbe su modelli sociali riequilibrati, nel mondo, con l’uso pacifico e accorto dei carichi di costo per la produzione di beni e servizi. Se, cioè, gli organismi internazionali diventassero la sede nella quale gli Stati si aprissero ad un confronto riequilibrato  da un’autentica ispirazione personalistica, per la prima volta ne uscirebbero affermate, politicamente, le linee di un umanesimo integrale, globale. Per ottenerlo questo risultato, non lo nascondiamo, in se complicato, occorrerebbe l’applicazione dell’intelligenza invocata, come detto, da Paolo VI.

Ma, per non fare di questa riflessione una specie di manifesto religioso, occorrerebbe la dose di intelligenza che lo stesso Confucio richiedeva come medicina per le grandi crisi sociali e politiche di ogni tempo e di ogni luogo.

Allora, per provare a dare una conclusione, conviene essere chiari sul punto che il tema dei dazi non può e non deve essere affrontato esclusivamente in chiave di difesa di questo o quel prodotto. Per quanto si sia affezionati al prosciutto, alle arance, alle automobili e a tutti i beni che possiamo immaginare, quegli strumenti vanno denunciati per essere portatori di instabilità e di pulsioni bellicose. Chi li interpreta e li usa si candida ad entrare nella storia tra le figure che hanno determinato i peggiori disastri per le comunità nazionali di ogni dove.

Per combattere questo stato di cose, non basta lamentarsene, bisogna agire.

Alessandro Diotallevi

Articolo scritto per Aurora, rivista della diocesi nissena

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