Pensando ai 28 magistrati uccisi in Italia in poco più di sessant’anni, emerge la riflessione che manca nei loro confronti un sentimento forte espressione della intera società civile. Così il prof. Giulio Prosperetti. Giudice della Corte Costituzionale, ha concluso il ricco dibattito che si è svolto presso il Centro italiano di studi americani di Roma in occasione della presentazione della edizione in inglese del libro curato da Stefano Amore “Ritratti del coraggio. Lo stato italiano e i suoi magistrati”.

Si è trattato di un occasione anche per sottolineare la lunga collaborazione che, grazie al giudice Giovanni Falcone, si è stabilita tra magistrati e inquirenti italiani e statunitensi uniti nella lotta contro pericolosi fenomeni quali quelli della criminalità organizzata e del terrorismo.

Nel corso dell’incontro sono tra gli altri intervenuti il prefetto Roberto Sgalla, Presidente del Centro studi americani, Benedetto Della Vedova, Sottosegretario agli Affari esteri, Stefano Bonaccini, Presidente della Regione Emilia Romagna, Francesca Lo Voi, Procuratore della Repubblica di Roma, Fausto Cardella, già Procuratore presso la Corte d’Appello di Perugia, Ignazio De Francisci, già Procuratore preso la Corte d’Appello di Bologna e Isabella Giannola, figlia del primo magistrato assassinato in Italia nel 1960.

Secondo Stefano Amore, anch’egli magistrato, oggi impegnato presso la Corte Costituzionale, il sacrificio dei 28 colleghi assassinati nell’arco di oltre 60 anni dimostra “l’importanza dell’individuo che cambia le cose”. Ne viene l’insegnamento che “tutto dipende da noi” e, così, non siamo autorizzati a “nasconderci dietro le istituzioni”.

Allora, secondo il prof. Prosperetti, non si può continuare a guardare al sacrificio delle vittime di mafia e terrorismo “in un’ottica burocratica” e dimenticare che manca un legge organica attraverso cui si registra in maniera coerente ed adeguata la partecipazione dell’intera società. “Trattare in modo così diverso chi ha sacrificato la propria vita per il dovere e le Istituzioni- ha concluso Prosperetti-  è veramente la più grave delle violazioni dell’articolo 3 della Costituzione, di quel principio di uguaglianza formale e sostanziale di cui la Repubblica è e deve essere garante”.

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