L’attacco hacker al sistema informatico del Regione Lazio è solo un episodio delle migliaia che avvengono tutti i giorni sulla rete. Secondo un’analisi della London Business School gli attacchi di intrusione ostile a scopo di estorsione nei sistemi di I.T. sono quadruplicati in un anno. Dagli ospedali alle reti elettriche, dalle amministrazioni pubbliche ai sistemi gestionali delle grandi imprese, dagli aereoporti al traffico navale, la caccia alla intrusione è aperta.

In un bel libro ormai datato (“Uno specchio lontano” Einaudi) la storica americana Barbara Tuchman proponeva il suo sguardo penetrante di narratrice sul Trecento il secolo di Dante ,di Giotto, delle università do Oxford e di Padova,  secolo di grandi cambiamenti ma anche di guerre senza fine, di devastazioni, di pandemie come quella della peste nera, di crisi economiche, di strade e rotte navali insicure e soprattutto di un costante pericolo esterno per l’incombente minaccia ottomana.

La singolarità del libro della Tuchman, già sottesa nel suo titolo intrigante, era già nei riferimenti non casuali al tempo che viviamo: anche oggi non mancano guerre senza fine, disastri naturali, crisi economiche, pandemie e il costante pericolo esterno rappresentato dai terrorismi. Inoltre, come a quel tempo predoni e briganti imponevano gabelle e riscatti , oggi i nuovi predoni 4.0  si insinuano nelle reti informatiche e chiedono molto danaro anonimo per rimettere le cose a posto.

Non è certo un caso che governi, grandi istituzioni, potenti multinazionali e servizi di intelligence sono costantemente impegnati su questo fronte e lo sviluppo delle nuove tecnologie informatiche è tutto incentrato sulla esigenza di coprire i rischi.  Tanto più che l’espansione della digitalizzazione dei processi, dalle imprese alla pubblica amministrazione, dalla sanità alla scuola, alla giustizia, è ritenuto uno degli obiettivi della ripresa economica in tutto il mondo e nello stesso tempo aumenta l’esposizione a rischi sempre maggiori.

Noi, come al solito, siamo in ritardo. Gli ultimi due governi, dalle elezioni del 2018, hanno fatto ben poco e nel corso dell’ultimo G20 ci siamo accorti di essere tra i Paesi sprovvisti di strumenti per la sicurezza facendo affidamento solo nella Polizia Postale e poco più.

Ora il governo Draghi è corso ai ripari e il Senato della Repubblica ha recentemente approvato un provvedimento per costituire una “Agenzia per la Cybersicurezza” che passerà tra breve alla Camera. Ma il ritardo è reale e ci vorranno anni per adeguarci. Questo i pirati informatici lo sanno.

Tanto più che l’occasione di istituire un’agenzia di intelligence forte e sicura, per disporre di perimetri di messa in sicurezza dei sistemi, è sollecitata non solo dalla crescita dei fenomeni criminosi di intrusione ma anche dal ruolo e dallo spazio che stanno assumendo le grandi piattaforme digitali del web. Anche qui si pongono problemi non semplici: queste grandi intraprese, nate come soggetti privati che macinano utili rilevanti, dispongono ormai di una potenza decisiva, dalla conoscenza ai social, che ha effetti economici e organizzativi sulla convivenza e quindi sul consenso, sulla “governance” delle istituzioni e in ultima analisi sulla politica.

Lo hanno capito americani e cinesi. I primi si stanno avventurando sulle complesse e potenti nuove tecnologie quantistiche; i secondi non nascondono la loro insofferenza dalla dipendenza delle grandi piattaforme mondiali e vogliono introdurre forme di monitoraggio delle attività e l’uso della moneta digitale per disporre di controlli stretti sui cittadini.

Intanto i nuovi predoni non esitano nelle loro scorrerie. proprio come ai tempi di “uno specchio lontano”.

Guido Puccio

 

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