Michele Busi, studioso di storia sociale e politica e presidente del Ce.Doc- Centro di Documentazione di Brescia ha pubblicato, in occasione del centenario della nascita del Partito Popolare Italiano, un interessante libro dal titolo “ Liberi e forti”. I primi passi del Partito Popolare a Brescia evidenziando come nella  “piccola costituente”, composta da quaranta persone, che nel dicembre 1918 posero le basi del Partito Popolare Italiano, i bresciani erano ben cinque. Un segno tangibile del peso che la provincia di Giovanni Maria Longinotti, Luigi Bazoli e Giorgio Montini (padre del futuro Pontefice) ebbe nel partito fondato da don Luigi Sturzo.

Il volume indaga i primi sviluppi del partito sul territorio bresciano ed allarga lo sguardo oltre i protagonisti principali, dando visibilità anche alle molteplici sezioni che man mano andarono a costituirsi a Brescia e nella sua provincia.

Sulla scia del filone storiografico di studi dedicati all’indagine degli sviluppi locali del PPI nell’Italia settentrionale, l’autore si sofferma sull’analisi del periodo che va dai passi iniziali della sua esistenza fino al buon risultato conseguito nella consultazione elettorale nazionale che si tenne il 16 novembre 1919, in cui in provincia di Brescia vennero eletti 4 deputati del PPI e dove il nuovo partito toccò il 45% dei voti ( a livello nazionale raccolse il 20,5% dei voti).

Emerge dalle pagine di Busi la tipicità dell’approccio dei popolari bresciani nei rapporti con le forze laiche e liberali. A Brescia, infatti, il PPI si afferma avendo alle spalle una consolidata esperienza di governo locale compiuta in collaborazione con i moderati, collaborazione nata in funzione antizanardelliana. C’è da notare però come emerga anche una diversità di approccio, soprattutto per quanto riguarda la “tattica elettorale”, tra la città e la periferia, con particolare riferimento alla Valcamonica e ad alcune zone della Bassa, in cui maggiore era l’esigenza che la nuova forza politica si presentasse distinguendosi nettamente rispetto ad altre forze in campo quali quelle socialiste, ma anche le stesse forze moderate.

Nei sette capitoli che costituiscono il lavoro, dopo aver ricostruito la genesi dell’appello “ A tutti gli uomini liberi e forti”, Busi si sofferma sul dibattito sui giornali e sull’apertura della sezione del PPI a Brescia. Successivamente registra il rapido succedersi dell’apertura delle sezioni in provincia e dà conto del dibattito sviluppatosi al primo Congresso nazionale del PPI che si tenne a Bologna nel giugno 1919 ed in particolare della posizione bresciana circa la “tattica elettorale”.

Interessanti le pagine dedicate alla campagna elettorale in provincia di Brescia in vista delle elezioni politiche del 16 novembre 1919.

Infine, dopo aver riportato i lusinghieri risultati ottenuti alle elezioni, l’autore propone alcune considerazioni circa le prospettive di azione che si andavano delineando per il PPI sia a livello nazionale che a Brescia.

Le Appendici finali forniscono nel dettaglio l’elenco delle sezioni del PPI aperte in provincia di Brescia e i risultati elettorali del 16 novembre nei 280 comuni bresciani.

Molto utile l’indice dei nomi: oltre a quelli più noti che spesso ricorrono nelle cronache, vengono ricordate le molte persone che, con il prezioso e appassionante lavoro sul territorio, hanno contribuito in modo determinante alla costruzione della ricca e lungimirante storia di questo partito.

Da segnalare che il Centro di Documentazione sul Movimento cattolico bresciano, che ha edito questo volume, sta predisponendo per la fine del 2021 anche uno studio sulle origini e i primi passi della Democrazia Cristiana in provincia di Brescia.

Franco Franzoni

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