Introduzione

In tempi così difficili, abbiamo bisogno degli antivirus della Dottrina sociale della Chiesa. In tempi così duri, abbiamo bisogno dell’ancora di salvezza della Costituzione. Anche il sistema giudiziario ha bisogno di trovare efficaci antivirus e ancore di salvezza per uscire dalla tremenda scossa sismica della crisi.

Ecco alcune opinioni piuttosto diffuse: la poca chiarezza delle leggi, la lentezza dei processi civili e penali, troppe fattispecie di reato, la Cassazione intasata di ricorsi, una magistratura corporativa e politicizzata legata ai centri di potere, frantumata in correnti, malata di autoreferenzialità e protagonismo che fa “ pesca a strascico” ( sono parole di G.M.Flick) con il metodo delle intercettazioni. Insomma – nota Giovanni Verde –  un “ eccesso di giustizia” potenzialmente dannoso alle istituzioni democratiche.

Alcuni dati statistici confermano queste opinioni critiche: l’Italia dispone di 11,5 magistrati per ogni 100.000 abitanti, contro 10,9 della Francia e i 24,5 della Germania. I pubblici ministeri in Italia sono 3,7, in Francia 3 e in Germania 7,1 , sempre per 100.000 abitanti. Ma le differenze maggiori si notano nei livelli retributivi che in Italia  sono il doppio di quelli vigenti in Francia e Germania e, a fine carriera, addirittura maggiore da due a quattro volte.

Le risorse finanziarie messe a disposizione della giustizia non hanno subito diminuzioni rispetto alla Francia e alla Germania mentre nell’ultimo decennio  le iscrizioni di nuovi procedimenti sono addirittura diminuite.

Nella relazione del 2021 il presidente della Corte di Cassazione ha comunicato che, a metà del 2020, i procedimenti civili e penali pendenti erano quasi 6 milioni.

La durata media dei processi in Italia è di sette anni per quelli civili e di tre per quelli penali mentre in Francia  i processi civili durano non più di due anni e un anno quelli penali; in Germania i processi civili e penali durano mediamente non più di un anno.

C’è poi la questione largamente discussa della prescrizione penale che, però, non tiene conto del fatto che nella maggior parte dei casi matura nella fase delle indagini preliminari e prima che venga fissata la prima udienza dibattimentale. E’ evidente che i riti alternativi non hanno svolto la loro funzione per cui erano stati pensati.

La carenza dei cancellieri ha impedito l’esecuzione di circa 50.000 sentenze irrevocabili, il 35% dei detenuti è in attesa di giudizio definitivo e il 9% è stato poi assolto mentre nel 2020 l’ingiusta detenzione è costata ai contribuenti circa 37 milioni di euro.

Dunque,  il sistema giudiziario italiano è in “ terapia intensiva” per scarsa produttività.

Sapere per capire

In un contesto così poco esaltante s’innestano, per iniziativa del Partito Radicale e della Lega, i referendum ammessi dalla Corte Costituzionale.

  1. Ammissione alla discussione e votazione dei componenti cosiddetti laici nei Consigli giudiziari

Il CSM ha il potere di valutare la professionalità e la competenza dei magistrati e lo esercita sulla base delle valutazioni di organismi territoriali; i Consigli giudiziari.

I Consigli giudiziari sono composti  da magistrati  e da una c.d. componente laica rappresentata da avvocati e professori universitari in materie giuridiche.

La componente laica non partecipa alla discussione e votazione che riguardano la competenza dei magistrati.

Il referendum abrogativo si prefigge l’obiettivo di ammettere alla discussione e al voto anche i membri laici.

Votare “ SI” significa eliminare le limitazioni imposte sulla partecipazione e sulle funzioni dei componenti non togati.

Votare “NO” significa mantenere l’attuale stato delle cose.

In entrambi i casi sarà necessario un intervento legislativo del Parlamento per la riscrittura sia dell’art.16 sia dell’art.15 della legge n.150/2005 per migliorarne l’impianto normativo.

La riforma “ Cartabia” all’esame del parlamento introduce anche il voto degli avvocati nei consigli giudiziari sulle valutazioni di professionalità dei magistrati ma solo per i casi in cui il Consiglio dell’Ordine abbia fatto una segnalazione formale di comportamenti scorretti da parte del magistrato che si deve valutare.

2. Contro le “Correnti” nella Magistratura

Il quesito chiede l’abrogazione dell’art. 25 comma 3 L. 195/1958. La norma richiede ad un magistrato che intenda candidarsi nell’organo di controllo della magistratura (CSM), di procurarsi dalle 25 alle 50 firme per presentare la propria candidatura.

I promotori del referendum ritengono, consentendo a tutti i magistrati in servizio di candidarsi al CSM, di scardinare il  sistema delle “correnti “  eliminando ( o limitando fortemente) la loro influenza esercitata  nelle decisioni del CSM.

Votare “ SI “ significa eliminare la necessità di accompagnare la candidatura con una lista di presentatori.

Votare “NO” significa mantenere l’attuale stato delle cose.

Va sottolineato che la proposta referendaria  NON ha alcun effetto di scardinare il sistema correntizio.

A tal fine occorre una completa riforma del sistema elettorale che solo per legge può essere attuato.

La riforma “ Cartabia” propone un sistema elettorale misto. I collegi vengono formati mediante sorteggio nei distretti delle Corti d’Appello. I collegi sono binominali e, ciascuno, elegge due componenti del Csm. Per i  giudicanti è prevista una distribuzione proporzionale di 5 seggi a livello nazionale; per i requirenti il recupero di 1 miglior terzo.

La composizione del CSM è prevista di 30 membri , di cui 20 togati( due di legittimità,5 pubblici ministeri e 13 giudicanti) e 10 laici oltre ai 3 membri di diritto (Presidente della Repubblica, Primo Presidente di Cassazione, procuratore generale Cassazione).

Le candidature sono individuali ( quindi non sono previste le liste).

In tal modo – consentendo alle candidature individuali di emergere senza alcun collegamento a liste – si ritiene di contrastare le “ spartizioni” e quindi il correntismo.

Con la riforma  all’esame del parlamento il referendum appare superato.

3. Sulla separazione delle “funzioni” dei magistrati

Non si tratta di separazione delle carriere ( per la cui attuazione occorrerebbe una profonda modifica costituzionale). Il presidente della Corte Costituzionale ha correttamente precisato che “la carriera secondo questo referendum non viene toccata, rimane unica”. “Quando si parla di carriera, ci si riferisce propriamente al come si entra, come sono regolati gli avanzamenti, qual è l’organo che decide su avanzamenti e spostamenti; tutto questo rimane comunque comune, e la carriera è la stessa in realtà”.

Si tratta, invece, del passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente ,e viceversa, che con l’approvazione del quesito si ridurrebbe nel tempo.

Votare “SI” significa abrogare tutte le norme che consentono il passaggio del magistrato dalle funzioni di giudicante a quelle del requirente.( Alcune norme che si vogliono abrogare sono di fatto già superate dalla successiva normativa).

Votare “NO” significa mantenere l’attuale stato delle cose.

La riforma “ Cartabia”  all’esame del parlamento prevede, nel settore penale, un solo passaggio di funzione tra requirenti e giudicante  entro i 10 anni dall’assegnazione della prima sede. Il passaggio al settore civile è possibile senza limite.

Anche qui il referendum appare superato.

4. Sospensione, incandidabilità e ineleggibilità di politici condannati ( cosiddetta Legge                                Severino)

La Legge Severino (CLICCA QUI), dispone l’automatica incandidabilità, ineleggibilità e decadenza di parlamentari, membri del governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali, in caso di condanna penale.  L’art. 11 impone la sospensione anche degli amministratori locali condannati anche in via non definitiva.

Il quesito referendario si propone di abrogare l’automatica incandidabilità, ineleggibilità e decadenza ritenendo misura eccessivamente afflittiva nell’ipotesi di successiva assoluzione. Eliminato l’automatismo i magistrati potranno comunque valutare se applicare ai politici l’interdizione dai pubblici uffici.

Votare “ SI “ significa tornare al regime delle incandidabilità vigente prima del 2013.

Votare “ NO” significa mantenere in vigore la legge “ Severino”.

La riforma “Cartabia “ non si occupa della materia.

La legge Severino, nel porre condizioni di candidabilità, deve ritenersi costituzionalmente legittima. Essa persegue l’obiettivo di contrastare l’illegalità e la corruzione all’interno dell’amministrazione per proteggere l’integrità del processo democratico.

5. Sulla custodia cautelare

Il quesito referendario ha l’obiettivo di  introdurre limiti alla custodia cautelare in carcere con l’abrogazione dell’art 274 comma 1 lett c) del Codice di Procedura penale (CLICCA  QUI), nella parte in cui consente la carcerazione preventiva  se vi è il rischio che l’imputato possa commettere un reato della stessa specie di quello per cui si procede.

I promotori del referendum ritengono in tal modo di evitare che la carcerazione preventiva possa colpire persone che poi risultino innocenti.

Il quesito riguarda solo una parte  della lettera c) del comma 1 dell’art.274 c.p.p.( evidenziata nella nota n.2) e cioè, il pericolo di reiterazione del reato “ della stessa specie di quello per cui si procede”. Votare “ SI “ significa che la custodia cautelare non potrebbe essere applicata:

a) a tutti i delitti contro l’incolumità pubblica ( a condizione che non siano commessi da organizzazioni criminali, da terroristi, mediante armi o altri mezzi di violenza personale).

b) commissione reiterata di reati di istigazione o aiuto al suicidio ( anche qui a condizione che non siano commessi da organizzazioni criminali, da terroristi, mediante armi o altri mezzi di violenza personale).

c) condotte come la rapina o l’estorsione ( se poste in essere senza armi e senza mezzi di violenza parsonale ma,per esempio, con la minaccia).

d) la cessione di sostanze stupefacenti ( a condizione che non sia accompagnata dalla partecipazione ad associazioni per delinquere volte al traffico della droga).

e) delitti anche gravi contro la pubblica amministrazione.

f) reati puniti nel massimo con 5 anni di reclusione e neppure per il delitto di finanziamento pubblico dei partiti.

Se, dunque, la sola esigenza cautelare fosse il rischio di reiterazione del reato l’arresto in flagranza per queste tipologie di reati sarebbe seguito dalla immediata  remissione in libertà.

Votare “ NO” significa mantenere la norma nella sua formulazione attuale.

Vero è che esiste il problema di un uso distorto della custodia cautelare in carcere ma è altrettanto chiaro che la soluzione proposta dai promotori del Referendum è peggiore del male laddove appare dettata da interessi diversi dalla concreta volontà di fare giustizia.

Noi crediamo che sia possibile il rispetto della dignità dei detenuti e, nel contempo, mantenere adeguati livelli di sicurezza individuale e collettiva.

Capire per cambiare

E’ possibile uscire dal tunnel della crisi della giustizia con lo strumento referendario abrogativo ?

La domanda  esige una risposta almeno in due direzioni:

  1. I quesiti referendari incidono su questioni tecniche con rilevanti riflessi di politici.

La riforma del sistema giudiziario per via referendaria abrogativa non può essere condivisa. L’incisione per quanto “ chirurgica”  dei quesiti referendari nel corpo normativo vivo ha l’effetto di destabilizzare il sistema quando, invece, vi è la necessità di renderlo più efficiente. Per questo lo strumento referendario è inadeguato.

L’efficienza di un sistema giuridico che deve governare la giustizia dell’intero Paese si può ottenere solo per via legislativa nel rispetto della Costituzione.

2. I quesiti referendari, apparentemente indipendenti l’uno dall’altro, sono in realtà uniti da un medesimo                        disegno.

L’esaltazione del referendum quale strumento  di democrazia diretta come correttivo ovvero, talvolta, addirittura in contrapposizione, di quella rappresentativa, cela, in realtà, la sua imperfezione e per ciò inadeguatezza.

Se nei sistemi totalitari lo strumento referendario è funzionale al sistema perché segue dinamiche plebiscitarie, in democrazia   va usato con cautela proprio perché rischia di proporsi come sistema alternativo alla democrazia rappresentativa che regge lo Stato democratico.

A ben vedere l’idea di fondo che emerge leggendo in contro luce i quesiti referendari è l’affermazione di un principio di  libertà cara ai partiti che li hanno promossi.

Una idea di libertà  vicina al liberismo se non, addirittura, al libertarismo.

Infine, s’intravvede come ognuno dei due partiti promotori perseguano l’affermazione di loro “personali” obiettivi.

In conclusione, è una idea di libertà e di società che non ci appartiene perché  estranea al dettato costituzionale e alla Dottrina sociale della Chiesa.

Primo Fonti

 

 

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