Il famoso Discorso di Caltagirone di don Luigi Sturzo del 1905 (CLICCA QUI)è stato datato 24 dicembre, ma anche 25 dicembre, anche se la data più certa è quella del 29 di dicembre, così come è riportato in “Luigi Sturzo. Saggi e discorsi politici e sociali” curato da Vincenzo Clemente (Edizioni Cinque Lune, 1973).

Con quel discorso dal titolo “I problemi della vita nazionale dei cattolici italiani”, si apre la lunga gestazione del Partito popolare italiano e si definiscono contenuti e prospettive di un percorso che sfocerà  14 anni dopo in quello che Antonio Gramsci definirà “il fatto storico più grande dopo il Risorgimento” e Federico Chabod “l’avvenimento più notevole della storia italiana del XX secolo”. La nascita, appunto del Ppi.

L’intervento di Sturzo s’inserisce nelle lunghe traversie che avevano portato allo scioglimento dell’Opera dei Congressi e all’emergere di una spinta sempre più convinta per la nascita di una forza politica espressione del laicato cattolico intenzionato, anche, a rivendicare un’autonomia nei confronti della stessa Gerarchia della Chiesa. Un contesto in cui s’inseriva la creazione di numerosi circoli in tutte le diocesi, tra cui quelli della Democrazia cristiana di don Romolo Murri, e l’avvio,  sempre attorno al Murri, della Lega democratica nazionale, fondata a Bologna il 20 novembre del 1905, cioè poco più di un mese prima del discorso di Sturzo.

Con l’attenuazione del “non expedit” era inevitabile che il laicato cattolico indicasse la volontà di prendere pienamente nelle proprie mani la partecipazione alla cosa pubblica, pur nella consapevolezza delle difficoltà oggettive poste dalla presenza ancora viva della cosiddetta “questione romana”, a così pochi anni di distanza dalla presa di Porta Pia.

Ciò avveniva mentre, da un lato, il blocco conservatore liberale pensava di trovare forze e voti freschi nel mondo cattolico per contrastare l’impetuoso avanzare del movimento socialista e, dall’altro, tra i laici cattolici venivano poste con crescente forza le questioni sociali e si avviavano iniziative per assicurare una presenza sempre più organizzata tra le masse operaie e contadine.

E questo spiega perché il 29 dicembre del 1904 Filippo Meda avesse lanciato da Rho un programma d’iniziativa politica dei cattolici pensando ad un’organizzazione politica di natura più eminentemente elettorale che, in qualche modo, finisse per segnare la nascita di un’alleanza tra la borghesia cattolica e i liberali più moderati. E questo spiega perché Sturzo a Caltagirone parlasse di “una lotta di due tendenze diverse e anche opposte nel campo delle idee e della organizzazione; e come un lavorio di trasformazione psicologica e ambientale dei cattolici italiani, ed è l’una e l’altra cosa insieme”.

La risposta del futuro fondatore del Ppi quel 29 dicembre 1905 fu chiara a proposito della scelta tra conservatorismo e democrazia: “I cattolici italiani non possono sfuggire a questa situazione, né crearne un’altra; essi devono
affrontarla: o sinceramente conservatori, o sinceramente democratici; una condizione ibrida toglie consistenza al partito e confonde la personalità nostra con quella dei conservatori liberali, staccando i pochi coraggiosi che vogliono spingere il partito sul cammino delle progredienti democrazie”.

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