L’ intervista che Letizia Moratti ha rilasciato al “Corriere della Sera” e le dichiarazioni che ha reso successivamente, ospite di Lilli Gruber su La 7, meritano una riflessione ed un pacato commento, cui queste pagine non mancheranno di dare puntualmente seguito, accompagnando il percorso delle prossime elezioni regionali lombarde. Ma, intanto, fin da subito – e sia pure brevemente – almeno un’annotazione merita di essere fatta per individuare la categoria o la “cifra” cui ricondurre un primo giudizio di sintesi, in ordine al significato politico della candidatura Moratti alla Presidenza di Regione Lombardia.

La categoria cui ricorrere ci sembra debba essere, anzitutto, quella del “coraggio”. Il coraggio – cui troppi si sottraggono – di una posizione autonoma, riconoscendo che siamo entrati in una fase nuova della vita politica italiana, cosicché, a maggior ragione, bisogna rompere la crisalide o meglio la camicia di forza del bipolarismo coatto che ha imperversato anche a Milano, non meno che a Roma, così da liberare quelle energie vitali del Paese che un sistema politico ossificato ha rattrappito dentro gabbie ideologiche logore. Ed è di buon auspicio per l’intero Paese che questa sfida parta da Milano, dove – almeno da oltre cent’anni a questa parte – sono sorti tutti gli sviluppi, i nuovi eventi, i nuovi indirizzi della politica italiana.

Il coraggio di adottare uno stile comunicativo schietto, un linguaggio diretto e franco, dettando, a grandi linee, gli assi portanti di un “progetto”, che si articola, sì, in un programma, ma va oltre, lo ricomprende in una “visione”
di riscatto, ad un tempo politico, civile e morale, della Lombardia. Un progetto, dunque, concreto, ma non declinato in termini meramente pragmatici, bensì orientato da una vocazione popolare e liberale che viene chiaramente rivendicata.

Altrettanto importante l’invito rivolto. alle varie forme associative ed ai mondi vitali che arricchiscono il pluralismo del popolo lombardo perché concorrano a questa battaglia politica e non, par di capire, in termini collaterali alle forze maggiori, bensì recando ciascuna il concorso attivo della propria identità.

Non da ultima, è stata particolarmente netta e coraggiosa la dichiarazione di Letizia Moratti di voler assumere a punto di riferimento della propria proposta politica la Dottrina Sociale della Chiesa. Si tratta di una presa di posizione cui ci sentiamo di rendere omaggio, con un sentimento di gratitudine, convinti come siamo che da una visione cristiana della vita, declinata laicamente sul piano dell’azione politica, all’ Italia non possa che venirne un gran bene.

Da troppo tempo, nel nostro discorso pubblico, mancava un simile orientamento, detto con semplicità e franchezza, piuttosto che attraverso riflessioni spesso contorte o talmente caute da apparire sostanzialmente ambigue.

Domenico Galbiati

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