Pubblichiamo nuovamente un intervento di Domenico Galbiati dello scorso gennaio, concepito come avvio di un confronto su Milano, in vista della prossima consultazione amministrativa. Un primo, ristretto gruppo di amici milanesi che l’hanno ricevuto, lo discuteranno mercoledì 3 marzo, alle ore 21, in un incontro, ovviamente da remoto.

IL CUORE “EUROPEO” DI MILANO

Intanto che scorre la pellicola della crisi, senza che la trama fin qui osservata lasci intuire se il film sia o meno a lieto fine, resta fermo l’impegno delle elezioni amministrative della prossima tarda primavera a Roma, Milano, Napoli, Torino, Firenze, Bologna, per restare solo alle citta’ maggiori.

E’ un passaggio che sarebbe sbagliato sottovalutare, consentendo che la crisi politica ne oscuri il rilievo.

Vanno, infatti, al rinnovo amministrativo, i maggiori contesti urbani del Paese, cioe’ gli ambiti nei quali una società’ globale, in perenne evoluzione, elabora nuove forme di civismo e di convivenza, destinate a proiettarsi nel tempo.

Accanto alla particolarità di ogni città, c’é, dunque, un tratto comune da osservare.

Sia in ordine alle dinamiche ed agli equilibri Interni alla “città post-moderna” come tale, sia in ordine – e non è questione irrilevante – al ruolo che le “conurbazioni”, ciascuna con la propria particolare conformazione storica, possono avere nel processo di costruzione dell’unità europea.

A tale proposito, Milano merita una specifica attenzione.

Nel solco della sollecitazione che l’Arcivescovo Mons. Delpini ci ha rivolto, in occasione della celebrazione di Sant’ Ambrogio di due anni or sono, quando ci ha invitati a sentirci “autorizzati a pensare”.

Affermazione che, a prima vista, potrebbe apparire ovvia ed, al contrario, se correttamente intesa, è, a suo modo, addirittura, rivoluzionaria, oltre che coraggiosa, nella misura in cui ci induce ad abbandonare i percorsi scontati di un pensiero ossificato per guardare la realtà che ci circonda con uno sguardo disincantato e nuovo, ricco di fiducia ed aperto alla speranza.

MILANO, CITTA’ INTERNAZIONALE.

Milano è l’unica città italiana effettivamente internazionale – con l’eccezione di Roma, peraltro inclassificabile –  e rappresenta, sia per il suo rilievo  in campo economico che per la sua stessa posizione geografica, l’anello – il “giunto cardanico” –  che connette l’Europa Transalpina e l’Europa Mediterranea.

La città, in quanto tale, si pone come punto di aggregazione di dinamiche che vanno ben oltre i suoi confini amministrativi.

Nei confronti dell’ area metropolitana che le fa da corona e del complessivo territorio lombardo, esercita un ruolo di attrazione che, secondo gradienti diversi, si allarga all’ intero Nord ed alla generalità del nostro Paese.

Le elezioni amministrative della prossima primavera, in tal senso, non hanno solo un valore “intra moenia”, bensì investono il ruolo di Milano nel più vasto scacchiere geopolitico nazionale ed europeo.

Il che concerne sì la Milano dei grandi eventi, dall’Expo, alle Olimpiadi invernali del 2026, ma soprattutto la Milano di tutti i giorni, la Milano che quotidianamente “produce valore”.

Valore  economico-finanziario e, nel contempo, valore umano fatto di dedizione al lavoro, di sviluppo di nuove competenze, di crescita intellettuale, di creatività e di impegno volontario, secondo una tradizione di solidarietà tipica del carattere milanese e tuttora viva.

Milano produce valore grazie al ruolo dell’impresa e dell’innovazione, della ricerca e del terziario avanzato, della comunicazione, delle nuove professioni e della cultura.

Città della conoscenza, grazie alla sua importante dotazione accademica.

La Milano multietnica e della solidarietà, cattolica e liberale,  della sussidiarietà e del partenariato pubblico-privato.

La città, come la sognava il Cardinal Martini, quale “luogo adatto al ri-conoscimento di sè”, “capace di conciliare passato e futuro”, spazio “dove gli stranieri si incontrano”.

MILAN0 “EUROPEA” “

Mi chiedo se non sia il caso che Milano lanci – come punto programmatico che possa essere condiviso da tutte le forze che concorreranno alla competizione elettorale amministrativa –  l’iniziativa di proporre e promuovere attivamente la creazione di quello che intanto potremmo chiamare – salvo migliore denominazione –  “Forum europeo delle aree metropolitane”, assumendo la leadership di una iniziativa organica e strutturata, che, coinvolgendo le piu’ rilevanti citta’ europee, sia diretta a studiare sistematicamente le dinamiche dei grandi contesti urbani, disegnando, nella misura del possibile, politiche congiunte orientate ad affermare valori civili di libertà e di accoglienza, di giustizia sociale e di uguali opportunità, nel segno di una consapevole “cittadinanza europea”.

Nell’età globale che viviamo, la “conurbazione” come tale rappresenta un nodo tematico inaggirabile ed essenziale in vista di forme nuove di convivenza civile che siano adatte alle sfide del nostro tempo.

La densità crescente dei contesti urbani, con tutti i fattori critici che implica, ad esempio, nel rapporto tra centro e periferie, ma anche la straordinaria opportunità di rapporti interpersonali multipli e significativi che la “citta” offre , rappresentano lo snodo critico ed il “laboratorio” a cielo aperto in cui sperimentare nuove forme di civismo e nuove, differenti modalità’ di connessione tra momento istituzionale, corpi intermedi e soggetti sociali attivi.

Rispondere alla sfida della pandemia, affermare un nuovo sentimento del valore pieno della vita, dopo tanti lutti, vuol dire anche lanciare una stagione di forte investimento sul piano dei “diritti sociali”: lavoro, casa, scuola ed educazione, salute ed ambiente, servizi sociali, vivibilità ed accoglienza.

E non è forse nel contesto urbano, in stretta aderenza al vissuto quotidiano incarnato nella concreta dimensione fisica di un territorio, che tali diritti possono passare da una enunciazione di principio ad una attuazione concreta?

Peraltro, più delle stesse Regioni, le “aree metropolitane” rappresentano, in virtù del loro plurisecolare insediamento territoriale e della conseguente “cifra” culturale, storicamente consolidata, originale e caratteristica di ciascuna, un forte riferimento di identità locale.

Ed il “genius loci” di ogni grande città è linfa vitale per la costruzione di quella comune coscienza europea di cui abbiamo assolutamente bisogno.

Milano ha molte frecce al suo arco, molte risorse da valorizzare per politiche che siano utili alla città e, nel contempo, rappresentino  modelli emblematici in un’ottica europea.

MILANO “CAPITALE” ECONOMICA E MORALE

La straordinaria crescita produttiva che ha fatto di Milano la capitale economica del Paese storicamente nasce, anzitutto,  da un fattore morale, cioè da un costume di impegno, di senso del dovere, di rispetto della dignità del lavoro del tutto identico e condiviso da ogni classe sociale, dai lavoratori come da coloro che hanno fatto impresa.

Ed altrettanto oggi , in un contesto civile tutt’affatto diverso, in una fase inedita, di grave difficoltà, il primato di capitale economica del Paese che tuttora Milano riveste, non può andare disgiunto dal primato di “capitale del valore umano e della solidarietà”.

Sviluppo, rispetto della persona e politiche di inclusione sociale sono oggettivamente, reciprocamente necessarie.

Nel tempo, un deficit di giustizia sociale e di solidarietà produce diseguaglianze che, oltre ad essere eticamente inaccettabili,  di fatto, compromettono anche la ricchezza,  le opportunità di crescita , il tenore di vita e la sicurezza di tutti i cittadini.

Dunque, la tradizionale leadership che Milano esercita nel campo delle attività produttive ed economico-finanziarie va accompagnata, anzi integrata  con un ruolo altrettanto primario che la città deve esercitare nel campo delle politiche sociali e della lotta alla povertà.

A cominciare dal contrasto alla povertà educativa, fino al più generale processo educativo delle giovani generazioni, alla lotta contro la micidiale minaccia della dispersione scolastica, cui possono concorrere anche importanti risorse della società civile, ad esempio, lo straordinario impegno delle parrocchie e dei dopo-scuola parrocchiali.

Crescita in termini di “valore umano”, nonché innovazione e progresso dei fattori produttivi rappresentano  due versanti che, in una prospettiva di medio termine – al di là dello stesso profilo etico che ne impone la contestualità – sono connessi strutturalmente più di quanto non appaia a prima vista e, pertanto, da promuovere congiuntamente per un modello di sviluppo che sia emblematico ed esemplare, anche in ordine al rilievo che oggettivamente compete alle grandi conurbazioni europee  per la costruzione di paradigmi di convivenza civile adatti alle sfide della società globale.

MILANO, CITTA’ DELLA CONOSCENZA E DI UN NUOVO “UMANESIMO SCIENTIFICO”

Milano è dotata di una importante rete di atenei e tra questi i più rilevanti e più antichi sono nati da partenariati tra pubblico e privato.

Così per quanto riguarda la ricerca scientifica, ambito che trova a Milano il più qualificato punto di riferimento a livello nazionale ed uno dei più significativi nel contesto europeo.

E ciò avviene sia nel campo delle scienze della natura che nel campo delle competenze umanistiche e delle scienze dell’uomo.

Milano è, altresì, un nodo fondamentale nel campo della comunicazione e dell’editoria.

Si tratta di indirizzi e di spazi tematici che hanno bisogno di interloquire, di rapportarsi vicendevolmente, per cui non è fuori luogo pensare che la città debba, a maggior ragione e su un piano di alto livello culturale, diventare il luogo privilegiato in cui prende forma quel nuovo “umanesimo scientifico”, destinato a rappresentare una delle “cifre”. del tempo “post-mnoderno”.

E’ del tutto evidente come la scienza e la tecnica avanzino con un incedere, di cui la riflessione etica che dovrebbe accompagnarne  il cammino, non sa tenere il passo.

Eppure anche questi versanti vanno riportati ad un confronto e ad una sintesi e spetta anche a chi amministra la città proporre iniziative che vadano in questa direzione.

Anche per guadagnare un primato che arricchisca il ruolo della conurbazione milanese in quell’insieme di città metropolitane di cui si diceva sopra.

MILANO “MULTIETNICA” E CITTA’ DELL’ ACCOGLIENZA

Milano da tempi non sospetti, e cioè da ben prima che avanzasse il processo di globalizzazione, ospita decine di etnie, alcune delle quali – dalle Filippine, dall’Egitto e dalla Cina, in modo particolare  – anche numericamente importanti ed ancora crescenti.

Gli immigrati di seconda generazione si sono sostanzialmente integrati nel nostro sistema scolastico ed educativo, segnalando  difficoltà e ritardi, ma anche numeri che attestano, in linea generale, un buon sviluppo del loro percorso formativo, anche a livello delle  scuole secondarie superiori e degli stessi licei.

La città ha, dunque, maturato nel tempo un’importante esperienza di integrazione che rappresenta una risorsa preziosa su cui investire in vista di puntuali ed aggiornate politiche di accoglienza e di accompagnamento  dell’ inevitabile, ulteriore sviluppo multietnico dei nostri contesti urbani.

Anzi, in tale ambito, Milano può rappresentare un prezioso ed esemplare riferimento anche in quel concerto europeo delle grandi conurbazioni di cui si diceva.

Questo avviene anche in relazione al carattere profondo ed alla stessa  composizione di uno spazio urbano che è un insieme di borghi, piuttosto che di “banlieue” come le conoscono altre città; un contesto civile che si riconosce in una pluralità di “luoghi di comunità” che consentono la formazione di micro-identità localmente circoscritte, le quali  non soffocano nella freddezza dell’anonimato quella rete di significativi rapporti interpersonali che concorrono a dare senso compiuto alla vita.

Occorre sostenere, alimentare, incentivare questa dimensione, ad esempio, moltiplicando, a cominciare dal patrimonio pubblico degli stessi edifici scolastici, spazi, luoghi fisici di incontro e di socializzazione.

Insomma, dovremmo tenere dritta la barra del timone verso una Milano che – del resto, coerentemente al suo storico sentimento di fondo – si concepisca, anzitutto, come  città del “valore umano”.

Una città  che sappia ricondurre a quest’ultimo anche la sua straordinaria capacità di produrre ricchezza nei mille campi della sua prorompente vita attiva.

Una città che non retoricamente, ma studiando politiche ed investimenti appropriati ed intuendo nel disagio degli ultimi una misura della nostra condizione comune, anziché emarginare ed escludere, sappia essere inclusiva e solidale.

Domenico Galbiati

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