C’è modo e modo di declinare il concetto di autonomia della politica. Assistiamo da mesi, se non anni, ad un dibattito sull’autonomia della politica che, come spesso succede, finisce col trascendere e perdersi in mille rivoli. Sappiamo bene che ormai la politica ha perso quasi ogni forma di autorevolezza, assoggettata a troppe varianti che ne hanno bloccato la crescita e l’evoluzione. Abbiamo iniziato con l’economia, che ha iniziato a dettare tempi e ritmi dell’agenda dei governatori di tutto il mondo, e stiamo proseguendo con la comunicazione, che sta scelleratamente mettendo la politica nella condizione di banalizzare tutto, ridurre ad un hashtag o un tweet concetti che meriterebbero approfondimenti, dibattiti e ragionamenti articolati.
Il punto di partenza per discutere dell’autonomia della politica (o, per meglio dire, del suo primato) è questo e, francamente, è così lontano dalla pole position che la gara sembra già persa in partenza. Per questo la nascita di un nuovo partito non deve far paura: perché oggi c’è la necessità impellente di rivedere davvero tutto, di salvare ciò che può essere salvato ma allo stesso tempo di rilanciare un’azione nuova, più concreta ma soprattutto più ancorata a concetti autenticamente politici. Penso alla politica estera, a quella economica, alla scuola e alla formazione.
C’è la necessità di iniziare un cammino che può e deve portare lontano, nella consapevolezza che può esserci bisogno di tempo e che, in ogni caso, non deve essere la fretta a condizionare certe decisioni. E allora cominciamo col dire che un nuovo soggetto politico non deve nascere chiedendosi da che parte può stare, ma che contributo può dare al panorama politico, sociale e culturale italiano. Si può ipotizzare una equidistanza dagli attuali schieramenti che è quasi naturale, figlia di scenari che costringono a stare lontani da (quasi) tutti.
Un nuovo soggetto politico, infatti, deve innanzitutto mettere al primo posto l’idea sturziana della politica come servizio di promozione del bene comune. E tuttavia per Sturzo il perseguimento del bene pubblico non poteva essere separato dalle virtù individuali. C’era (e c’è) un rapporto fra la morale sociale e quella individuale. Va da sé che il quadro politico di oggi impedisce ogni ragionamento su possibili alleanza da parte di un partito che voglia partire da tale presupposto. Alleanze no ma, attenzione: dialogo sì.
Perché il dialogo è contemporaneamente un metodo ma anche un valore, una strada per individuare almeno un percorso condiviso, in attesa del traguardo. E, dunque, in nome del dialogo come metodo e valore andiamo avanti e procediamo spediti: parliamo con tutti, spieghiamo, argomentiamo, non ci stanchiamo di dire quello che pensiamo. Si può fare, si deve fare.