Dichiarazione congiunta delle religioni monoteiste abramitiche sulle problematiche di fine vita.
Preambolo
Le problematiche morali, religiose, sociali e legali del trattamento del paziente in fase terminale sono tra gli argomenti più complessi e dibattuti nell’ambito della medicina moderna. Hanno sempre provocato un’ampia e pregnante discussione teorica ma anche densa di contenuti emotivi, nelle culture e nei diversi contesti sociali. Le tematiche inerenti le decisioni sul fine-vita presentano non facili problematiche, non nuove ma molto intense, soprattutto negli ultimi anni, a causa dei molteplici sviluppi che abbiamo di fronte. Tra questi:
- I grandi progressi scientifico-tecnologici che rendono possibile il prolungamento della vita in situazioni e modalità finora impensabili. Tuttavia la prolungata sopravvivenza è spesso accompagnata da sofferenza e dolore a causa di disfunzioni organiche, mentali ed emotive.
- Il fondamentale cambiamento nel rapporto medico-paziente: da un approccio di tipo paternalistico ad una maggiore autonomia.
- Il fatto che moltissime persone nei paesi sviluppati muoiono in ospedali o cliniche, dunque in ambienti impersonali e per niente familiari per loro. Molti pazienti vengono attaccati a macchinari, circondati da persone indaffarate e poco familiari. In passato, al contrario, solitamente le persone morivano a casa, circondate dai loro cari in un ambiente conosciuto e abituale.
- Il maggiore coinvolgimento di diversi professionisti nel trattamento del paziente in fase terminale nonché il coinvolgimento dei media, del sistema giudiziario e dell’opinione pubblica in generale. Tutto ciò è spesso espressione di diversi retroterra culturali, di prospettive e opinioni differenti e talvolta tra loro contrastanti su cosa dovrebbe o non dovrebbe esser fatto per il paziente in fase terminale.
- Cambiamenti culturali, soprattutto nelle società occidentali.
- La crescente carenza di risorse dovuta alle opzioni diagnostiche e terapeutiche costose.
Le principali questioni aperte sulla cura e il trattamento del paziente in fase terminale non sono mediche o scientifiche, ma piuttosto sociali, etiche, religiose legali e culturali. Mentre i medici si basando sui fatti, la maggior parte delle decisioni sul paziente in fase terminale non sono di natura medico-scientifica. Sono piuttosto basate su valutazioni personali e sull’etica.
Quindi, prendersi cura del paziente in fase terminale da parte delle famiglie e da parte degli operatori sanitari, nell’ambito delle consuetudini sociali, è un compito impegnativo.
I principi e le prassi da parte delle religioni monoteistiche Abramitiche, in particolare la ricerca del giusto equilibrio tra valori in conflitto, non sono sempre in linea con gli attuali valori e prassi umanistiche laiche.
Gli obiettivi di questa dichiarazione d’intenti sono:
- Presentare la posizione delle religioni monoteistiche Abramitiche rispetto ai valori e alle prassi rilevanti per i malati in fase terminale, a beneficio dei pazienti, dei familiari, degli operatori sanitari e dei responsabili politici aderenti a una di queste religioni.
- Migliorare la capacità degli operatori sanitari nel comprendere meglio, rispettare, guidare, aiutare e confortare il credente e la sua famiglia nel momento del fine-vita. Rispettare i valori religiosi o culturali del paziente non è solo un problema religioso ma è un requisito etico per il personale negli ospedali e nelle altre strutture che ospitano anche pazienti di diverse fedi.
- Promuovere comprensione reciproca e sinergie tra i differenti approcci tra le tradizioni religiose monoteistiche e l’etica laica in merito alle convinzioni, ai valori, alle prassi rilevanti per il paziente in fase terminale.
Definizione
Un paziente in fase terminale viene definito come una persona affetta da male incurabile e irreversibile, in una fase in cui la morte quale esito della malattia o delle complicazioni ad essa conseguenti, giungerà, con ogni probabilità, nell’arco di pochi mesi, malgrado il miglior sforzo diagnostico e terapeutico.
Soffrire e morire
Pur plaudendo ai progressi della scienza medica nella prevenzione e nella cura della malattia, dobbiamo riconoscere che ogni vita dovrà alla fine sperimentare la morte.
L’assistenza a chi sta per morire, quando non è più possibile alcun trattamento, rappresenta da un lato un modo di aver cura del dono divino della vita e dall’altro è segno della responsabilità umana e etica nei confronti della persona sofferente e in fin di vita.
Un approccio olistico e rispettoso della persona deve riconoscere come obiettivo fondamentale la dimensione straordinariamente umana, spirituale e religiosa del morire.
Tale approccio richiede compassione, empatia e professionalità da parte di ogni persona coinvolta nell’assistenza a un paziente che sta per morire, particolarmente di quanti hanno la responsabilità del benessere psico-sociologico ed emotivo del paziente.
Uso della tecnologia medica nel fine vita.
Gli interventi sanitari tramite trattamenti medici e tecnologici sono giustificati solo nei termini del possibile aiuto che essi possono apportare. Per questo il loro impiego richiede una responsabile valutazione per verificare se i trattamenti a sostegno o prolungamento della vita effettivamente raggiungono l’obiettivo e quando invece hanno raggiunto i loro limiti.
Quando la morte è imminente malgrado i mezzi usati, è giustificato prendere la decisione di rifiutare alcuni trattamenti medici che altro non farebbero se non prolungare una vita precaria, gravosa, sofferente.
Tuttavia, anche quando il persistere nel cercare di scongiurare la morte sembra irragionevolmente difficile e oneroso, dobbiamo comunque fare quanto possibile per offrire sollievo, alleviare efficacemente il dolore, dare compagnia e assistenza emotiva e spirituale al paziente e alla sua famiglia in preparazione alla morte.
Il personale sanitario e in generale la società dovrebbero avere rispetto dell’autentico e indipendente desiderio di un paziente morente che voglia prolungare e preservare la propria vita anche se per un breve periodo di tempo, utilizzando misure mediche clinicamente appropriate. Ciò implica la continuazione del supporto respiratorio, nutrizione e idratazione artificiali, chemioterapia o radioterapia, somministrazione di antibiotici, farmaci per la pressione e altri rimedi. Tale volontà può essere espressa dallo stesso/a paziente in “tempo reale”; o, se impossibilitato al momento, tramite direttive anticipate o da una persona delegata oppure dalla dichiarazione di un parente prossimo.
Questo approccio coniuga il rispetto per la vita e il rispetto per l’indipendenza, che non dovrebbe esser presa in considerazione solo in accordo con chi fornisce assistenza medica. Nel prendere questa decisione la famiglia consulta spesso il personale religioso. Nei casi di pazienti praticanti o laddove i parenti più stretti siano osservanti, il personale religioso andrebbe consultato.
Rifiuto dell’eutanasia e del suicidio medicalmente assistito.
Le questioni attinenti alla durata ed il significato della vita umana non dovrebbero essere dominio del personale sanitario, la cui responsabilità consiste nel fornire le cure migliori e la massima assistenza al malato. Ci opponiamo ad ogni forma di eutanasia – che è un atto diretto deliberato e intenzionale di prendere la vita – cosi come al suicidio medicalmente assistito che è un diretto, deliberato ed intenzionale supporto al suicidarsi – in quanto sono atti completamente in contraddizione con il valore della vita umana e perciò di conseguenza sono azioni sbagliate dal punto di vista sia morale sia religioso e dovrebbero essere vietate senza eccezioni.
Sostegno comunitario
Vogliamo dare molta rilievo al supporto comunitario nel processo decisionale che un paziente in fase terminale e la sua famiglia si trovano ad affrontare. Il dovere di aver cura del malato richiede una revisione delle strutture e delle istituzioni tramite le quali viene fornita assistenza sanitaria e religiosa. Come società dobbiamo assicurarci che il desiderio del paziente di non essere un onere dal punto di vista finanziario, non lo induca a scegliere la morte piuttosto che voler ricevere la cura ed il supporto che potrebbero consentirgli di vivere il tempo che gli resta nel conforto e nella tranquillità. Per i pazienti religiosamente osservanti e per le loro famiglie, ci sono molte forme possibili di supporto comunitario: momenti di preghiera e riflessione per le persone coinvolte, con sostegno medico e religioso adeguato. È un dovere che ogni comunità di fede ha verso i propri appartenenti, ciascuno secondo le proprie responsabilità.
Assistenza spirituale
Il migliore contributo all’umanizzazione della morte, che gli operatori sanitari e i religiosi possono offrire, è la garanzia di una presenza piena di fede e di speranza. L’assistenza spirituale e religiosa è un diritto fondamentale del paziente e un dovere della comunità religiosa. È anche riconosciuto come un importante contributo da parte degli esperti in Cure Palliative, per la necessaria interazione tra la dimensione fisica, psicologica e spirituale della persona, unitamente al dovere di mostrare rispetto per le convinzioni e la fede della persona; tutti gli operatori sanitari sono tenuti a creare le condizioni in base alle quali l’assistenza religiosa è garantita a chiunque ne faccia richiesta, esplicitamente o implicitamente.
Promuovere le cure palliative
Ogni paziente in fase terminale deve ricevere la migliore e più completa assistenza palliativa, possibile: fisica, emotiva, sociale, religiosa e spirituale. Il settore relativamente nuovo delle Cure Palliative ha fatto grandi progressi ed è in grado di fornire un supporto completo ed efficiente ai pazienti in fase terminale e alle loro famiglie. Quindi incoraggiamo le Cure Palliative per il malato e per la sua famiglia nella fase finale della vita. Le Cure Palliative mirano a garantire la migliore qualità di vita ai malati di una malattia incurabile e progressiva, anche quando non possono venire curati. Esprimono la nobile devozione umana del prendersi cura l’uno dell’altro, specialmente di coloro che soffrono. I servizi di Cure Palliative implicano un sistema organizzato e altamente strutturato e sono fondamentali per realizzare la più antica missione della medicina: “prendersi cura del malato anche quando non esiste una cura”. Incoraggiamo professionisti e studenti a specializzarsi in questo campo della medicina.
Conclusione
Sulla base degli argomenti e delle motivazioni di questo documento, le tre religioni Abramitiche monoteistiche condividono scopi comuni e si trovano in completo accordo nel nostro approccio sulle seguenti situazioni riguardanti il fine-vita:
- L’eutanasia ed il suicidio assistito sono moralmente ed intrinsecamente sbagliati e dovrebbero essere vietati senza eccezioni. Qualsiasi pressione e azione sui pazienti per indurli a metter fine alla propria vita è categoricamente rigettata.
- Nessun operatore sanitario dovrebbe essere costretto o sottoposto a pressioni per assistere direttamente o indirettamente alla morte deliberata e intenzionale di un paziente attraverso il suicidio assistito o qualsiasi forma di eutanasia, specialmente quando tali prassi vanno contro le credenze religiose dell’operatore. È stato favorevolmente recepito, nel corso degli anni, che dovrebbe essere rispettata l’obiezione di coscienza agli atti che contrastano i valori etici di una persona. Ciò rimane valido anche se tali atti sono stati dichiarati legali a livello locale o da categorie di persone. Le credenze personali sulla vita e sulla morte rientrano sicuramente nella categoria dell’obiezione di coscienza che dovrebbe essere universalmente rispettata.
- Incoraggiamo e sosteniamo una qualificata e professionale presenza delle Cure Palliative ovunque e per ciascuno. Anche quando allontanare la morte è un peso difficile da sopportare, siamo moralmente e religiosamente impegnati a fornire conforto, sollievo al dolore, vicinanza, assistenza spirituale alla persona morente e ai suoi familiari.
- Sosteniamo leggi e politiche pubbliche che proteggano il diritto e la dignità del paziente nella fase terminale, per evitare l’eutanasia e promuovere le Cure Palliative.
- Dal punto di vista sociale dobbiamo impegnarci affinché il desiderio dei pazienti di non essere un peso non ispiri loro la sensazione di essere inutili e la conseguente incoscienza del valore e della dignità della loro vita, che merita di essere curata e sostenuta fino alla sua fine naturale.
- Tutti gli operatori sanitari dovrebbero essere tenuti a creare le condizioni in base alle quali l’assistenza religiosa sia assicurata a chiunque ne faccia richiesta, sia in modo esplicito che implicito.
- Ci impegniamo a utilizzare la conoscenza e la ricerca per definire le politiche che promuovono la cura e il benessere socio-emotivo, fisico e spirituale, fornendo le massime informazioni e cure a coloro che affrontano gravi malattie e morte.
- Ci impegniamo a coinvolgere le nostre comunità sulle questioni della bioetica relative al paziente in fase terminale, nonché a far conoscere le modalità di compagnia compassionevole per coloro che soffrono e muoiono.
- Ci impegniamo a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle Cure Palliative attraverso una formazione adeguata e la messa in campo di risorse relative ai trattamenti per la sofferenza e il morire.
- Ci impegniamo a fornire soccorso alla famiglia e ai cari dei pazienti che muoiono.
- Chiediamo ai politici e agli operatori sanitari di familiarizzare con la vasta prospettiva e l’insegnamento delle religioni Abramitiche, per fornire la migliore assistenza ai pazienti morenti e alle loro famiglie che aderiscono alle norme religiose e alle prove dei rispettivi religiosi tradizioni.
- Ci impegniamo a coinvolgere le altre religioni e tutte le persone di buona volontà.
Città del Vaticano, 28 ottobre 2019