Europa chi siamo noi? La domanda è d’obbligo anche alla luce dell’ennesima brutta figura che dobbiamo rimediare grazie al “sultano” Erdogan.

Il tramonto di questo decennio mostra chiaramente che le varie nazioni stanno svoltando per seguire diversi modelli di sviluppo sociale, ciascuno con pro e contro. Gli europei intesi tanto come cittadini quanto come Unione Europea e singoli stati dovrebbero interrogarsi e fare delle scelte da perseguire, poi, con coerenza e determinazione.

La recente crisi turco-curda, rientrata grazie alla mediazione di Putin e all’incredibile ritirata americana ci offre una magnifica occasione per fare una panoramica, rapida, degli indirizzi che stanno prendendo le varie superpotenze. Sicuramente si tratta di trend rapidamente invertibili, specie nel caso degli USA, di cui dobbiamo però tenere conto nel nostro stesso interesse di europei, italiani e cittadini.

Oltre oceano gli Stati Uniti sembrano sempre più convinti di voler essere una superpotenza “business oriented”: prima eleggono un tycoon tanto pittoresco quanto furbo che ha il merito di dire ciò che pensa (anche troppo a volte) e candidamente tratta di politica estera come fossero affari secondo il ben noto detto americano “Sono affari, niente di personale”.

Trump basa la sua politica sul guadagno: sul clima, sui migranti e ora anche in Medio Oriente: “Se ne avremo interesse sapremo intervenire…” “l’interesse degli Stati Uniti…”. Da un lato la rinuncia al ruolo di poliziotto del mondo e la dispendiosità delle guerre all’estero vedranno una superpotenza meno bellicosa dall’altro però sarà lecito aspettarsi le più inedite giravolte, del resto il mercato, se va bene, attende solo la trimestrale.

A est dell’Europa la Russia, archiviata la parentesi sovietica e apprese le opportune lezioni, pare intenzionata a una riedizione moderna dello zarismo: una democrazia molto autoritaria dove i ruoli chiave non escono dalle urne ma, sono decisi altrove e tutto è basato sul mito della madre Russia da difendere e rendere grande. In nome della grandezza della Russia la Federazione potrà sacrificare quasi ogni cosa dalla pace all’ambiente e, persino, le ambizioni e la vita di qualche oligarca. Diversamente dagli americani e malgrado il timore che incutono con il loro autoritarismo i Russi sembrano promettere di essere un soggetto geopolitico più stabile e garante di stabilità poiché, perseguendo il sogno di grandezza a lungo termine della madre patria, non si troveranno a ondeggiare seguendo l’interesse immediato.

Ancora più a oriente rispetto alla Russia troviamo la Cina, il colosso asiatico pare saldamente ancorato all’idea di essere una tecno-dittatura dove, grazie alla tecnologia, il controllo centrale è assoluto. In cambio della scarsa libertà il cittadino cinese gode di ampio accesso ai ritrovati tecnologici (ovviamente ben controllati) e ottiene un miglioramento delle proprie condizioni di vita che in 20 anni sono cresciute vertiginosamente. Con ogni probabilità il patto sociale su cui si regge il dragone cinese resisterà ancora per anni, almeno fintanto che non verranno al pettine i nodi originati dalla politica del controllo delle nascite recentemente abolite. La politica del figlio unico ha infatti creato preoccupanti anomalie demografiche quali la sproporzione maschi-femmine con una preminenza dei primi e la creazione della “piramide demografica rovesciata” che però si manifesterà appieno solo tra vari anni. Tutti questi problemi peseranno sulla Cina probabilmente dal prossimo decennio e, non dimentichiamolo, saranno affrontati e rielaborati secondo gli schemi di pensiero asiatici che distano anni luce dai nostri e quindi meglio non aspettarsi analogie con quanto fatto in occidente per arginare fenomeni simili.

L’Europa sia come unione continentale, sia come singoli stati pare non aver ancora capito né, tantomeno, scelto quale modello perseguire. Da un lato invidia il progresso e la ricchezza dei cugini americani ma non vuole rinunciare al welfare state, dall’altro sempre più forte sente il richiamo al suo passato che è incarnato dal modello Russo. Non per caso venti nazional-populisti soffiano forte in tutto il continente e, soprattutto a est hanno già dato origine al “gruppo Visegrad” che vede un buon numero di nazioni avviate sul modello della democrazia autoritaria cementata attorno a un forte amor patrio e a un fortissimo identitarismo cultural-nazionale.

Nelle nazioni dell’Europa occidentale oltre a solide, e minoritarie, correnti nazional-populiste prende piede una visione ecologista-libertaria che però non vuol rinunciare agli affari. In Francia, Italia, Germania la confusione pare sovrana, si vuole tutto e il contrario di tutto: si vuole essere potenze, ma senza esercito. Si vuole la massima tutela ambientale, ma senza rinunciare al profitto. Si vuole promuovere il rispetto dei diritti umani ovunque, ma prima gli affari…

Insomma occorre decidersi, ma, soprattutto, occorre avere il coraggio di fare delle scelte, di riflettere seriamente sul futuro e scegliere di conseguenza. Si vuole accodarsi agli Usa? Ai Russi? Ai Cinesi? Allora la via è tracciata, basta percorrerla, se invece si vuole essere alternativi l’alternativa va trovata e costruita sapendo che ciò comporterà fatica e rinunce.

Con buona pace di tutti, alcuni stati membri potrebbero non condividere l’idea di una quarta via di sviluppo e potrebbero, legittimamente, trovare altre strade volgendosi magari a modelli già proposti dalle attuali superpotenze.

Dicendo ciò non alludo solo all’autoritarismo di Orban o simili ma, anche alle scelte inglesi sulla Brexit, ai comportamenti spregiudicati di Francia e Germania, ecc. perché, è bene dirselo, l’autoritarismo est europeo è sicuramente un problema ma, un problema altrettanto grave è rappresentato dall’ipocrisia degli stati atlantici dove, a parole, si difendono i diritti più disparati e gli alti valori umani ma, alla prova dei fatti si agisce in funzione della convenienza del momento come successo nel caso delle sanzioni alla Turchia: a parole condannata ma, nei fatti, semplicemente sfiorata dalle sanzioni.

Per dovere di cronaca ricordo soltanto che l’attuale governo giallo-rosso, autocandidatosi al ruolo di coraggioso paladino dei diritti umani e dei perseguitati, ha avallato il divieto di vendita di armi alla Turchia ma, SOLO, per i contratti non ancora in essere. Adelante Pedro, con Juicio!

Mattia Molteni

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