Il welfare aziendale è un settore in continua evoluzione all’interno di processi ormai irreversibili che riguardano il nuovo approccio alle relazioni industriali ed al modo di considerare le imprese all’interno del territorio.

Si tratta di misure, iniziative e opportunità a sostegno dei lavoratori collocate in diverse aree di intervento: servizi socio-assistenziali e di conciliazione tra lavoro e vita privata e familiare, formazione, istruzione e percorsi educativi, mobilità, cultura e tempo libero, previdenza integrativa, coperture sanitarie, assicurazioni ecc.

Finalmente si è compreso che la tenuta delle imprese dipende non soltanto dalla loro performance economica ma anche da una serie di fattori – i legami tra lavoratori e azienda ed il livello di fidelizzazione, la motivazione, la coesione interna, il senso di appartenenza e la partecipazione – che incidono sul benessere organizzativo e conseguentemente sui risultati economici in una prospettiva di lungo periodo.

Nonostante non manchino resistenze ed obiezioni soprattutto in riferimento al rischio che tali misure possano in qualche indebolire il nostro modello di welfare universalistico e che le agevolazioni possano provocare una riduzione del gettito fiscale e quindi una diminuzione di risorse da destinare al sistema di welfare pubblico, è ormai evidente l’impatto complessivo di tipo generativo del welfare aziendale che si esplica in più direzioni e va oltre i benefici diretti in termini di detassazione e di deducibilità fiscale a vantaggio di imprese e lavoratori.

  • Lo sviluppo delle imprese è legato alla loro produttività strettamente connessa alla stabilità dei rapporti di lavoro e professionali che a sua volta incide positivamente sulla produzione di ricchezza e sul gettito fiscale, riducendo gli interventi a carico della collettività.
  • Il valore potenziale delle prestazioni di welfare aziendale (calcolato in circa 21 miliardi di euro l’anno) è tale da attivare un circuito virtuoso che si traduce in una nuova domanda di beni e servizi, favorendo la creazione di nuovi posti di lavoro e di nuove figure professionali coinvolte nelle varie fasi di gestione di un Piano di welfare aziendale (analisi del contesto, interventi formativi e consulenziali, erogazione dei servizi anche attraverso la loro digitalizzazione, valutazione ecc.).
  • E’ da evidenziare che tali iniziative spesso si inseriscono in progetti e percorsi avviati da imprese sensibili ai temi della Responsabilità sociale e attente allo sviluppo di un welfare territoriale comunitario e partecipato, che coinvolge le Amministrazioni pubbliche, gli Enti di Terzo Settore, la cooperazione nelle sue varie forme e le Organizzazioni di rappresentanza imprenditoriale e sindacale.

Pur tuttavia, nonostante gli effetti ormai inconfutabili ed i segnali di crescita di un intero settore, la normativa di riferimento è ancora frammentata e le imprese che intendono adottare piani di welfare devono districarsi in un groviglio di leggi, contratti nazionali, circolari, accordi e regolamenti che spesso generano confusioni interpretative, inevitabili difficoltà operative e ritardi che disincentivano l’adozione di un piano di welfare.

I riferimenti legislativi si trovano principalmente nel Testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), in particolare all’art. 51 più volte modificato e integrato con le tre leggi di stabilità (2016, 2017, 2018) che com’è noto riguardano materie e settori diversi; i Contratti nazionali hanno introdotto da alcuni anni l’assistenza sanitaria e di recente in sede di rinnovo hanno inserito una quota obbligatoria da destinare a misure di welfare che integrano (quindi non sostituiscono) la retribuzione monetaria; l’Agenzia delle Entrate interviene con Circolari finalizzate a definire, chiarire, specificare il perimetro di applicazione delle norme e tutti gli elementi di contenuto e procedurali in relazione ai benefici fiscali; è previsto, infine, il rinvio ad Accordi territoriali, nonché ad accordi aziendali (ad es. per la conversione dei premi di risultato in misure di welfare) ed a Regolamenti interni specifici per ogni singola impresa.

In questo quadro disarticolato e non ancora sistematizzato, emerge la necessità di una normativa organica che riconosca e valorizzi il welfare aziendale definendone e disciplinandone i vari aspetti e le diverse implicazioni.

Il Governo che si è appena insediato si è presentato agli italiani all’insegna della novità e della discontinuità e con un Programma che in vari punti contiene un chiaro riferimento alle politiche di welfare ed alla conciliazione tra lavoro e vita privata.

E’ auspicabile che gli impegni si traducano in azioni concrete che nel caso del welfare aziendale potrebbero concretizzarsi nella costituzione di un Tavolo di consultazione aperto a tutti i Soggetti interessati per avviare un confronto finalizzato ad una proposta legislativa ad hoc ampiamente condivisa.

Ci auspichiamo che ciò avvenga in tempi brevi per dare alle imprese ed ai lavoratori, nonché alle loro famiglie ed ai territori un ulteriore strumento di potenziamento delle opportunità e delle risorse a disposizione.

Oreste De Pietro

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