Gli ultimi nove Governi della Repubblica italiana sono riusciti nell’incredibile risultato “protettivo” d’impedire quanto preteso dalle norme europee (sempre che non valga l’improbabile argomento che le spiagge sono Beni e non Servizi e quindi non soggette alla Direttiva 2006\123\CE, Bolkenstein), la messa a bando delle Concessioni Demaniali Marittime (8.000 chilometri quadrati di stabilimenti). Una rendita da cui i beneficiari incassano più di 15 miliardi di Euro l’anno, versando all’Erario quali canoni di concessione la risibile cifra di 103 milioni pari a meno di 5.000 euro l’anno per ogni chilometro quadrato. Per avere in senso della  irrisorietà di questi canoni, vale il confronto con quelli versati al Comune per gli immobili della Galleria di Milano, pari a 65 milioni di euro l’anno. Una sostanziale ingiustizia elevata a pretesa politica.

Cosa accadrebbe ai bisogni ai quali lo Stato deve provvedere, sanità, scuola, pensioni, se questo parametro fosse assunto a principio generalizzato?

Una porzione di ragione bisogna concedere a chi teme che, messe a bando le concessioni, tramite le gare, qualcuna di esse possa essere vinta da imprese multinazionali o semplicemente straniere, senza contatti con le realtà locali fino ad ora concessionarie; ciò potrebbe essere in qualche misura esorcizzato favorendo aggregazioni di esperienze di successo che potrebbero fare accedere gli imprenditori più intraprendenti a mercati possibilmente ancora più redditizi, favoriti dalle esperienze realizzate nonché dalle positività della concorrenza.

Il pregresso: Il Governo Prodi ha approvato una proroga fino all’anno 2015; il Governo Monti ne ha approvato un’altra fino al 2020; il Governo Draghi, con la Legge 5 agosto 2022, approfittando di quanto preteso in ordine alla concorrenza dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ha prorogato le concessioni balneari fino al 31 dicembre 2023, termine allungabile di un anno. I relativi decreti attuativi di quest’ultima Legge non sono mai stati emanati per la fine anticipata della legislatura.

Adesso c’è da ricordare che la proroga delle concessioni balneari è incompatibile con la normativa dell’Unione Europea (Direttiva Bolkenstein, anno 2010, norma Self Executing, superione alle norme nazionali nella gerarchia delle fonti e la sua mancata applicazione potrebbe avere serie conseguenze anche per ciò che riguarda l’erogazione all’Italia dei fondi del PNRR.  La Magistratura può disporre l’applicazione di questa Direttiva europea, ancorché in contrasto con una sotto ordinata Legge Nazionale).

Sul tema, l’Italia ha un contenzioso con l’Unione Europea, sin dall’anno 2020, quando ha subito l’apertura di una procedura di infrazione per il mancato rispetto della detta Direttiva sulla concorrenza. Il 9 novembre del 2021 una sentenza del Consiglio di Stato ha confermato che ulteriori proroghe contrastano con il diritto dell’Unione Europea.

L’attuale Governo, all’interno della Legge Mille proroghe, ha previsto la proroga delle “Concessioni balneari” al 31 dicembre 2024, oppure, per particolari ragioni al 31 dicembre 2025; provvedimento non ancora notificato all’Unione Europea che, ciò nonostante, ne ha notizie dettagliate.

Il Capo dello Stato ha perfettamente chiaro che il Decreto approvato nei giorni passati verrebbe bocciato dalla Commissione dell’Unione Europea; ciò lo ha indotto ad attuare una mossa preventiva per evitare sia ulteriori tensioni  tra l’Italia e l’Europa, assolutamente inopportuna e pregiudizievole, sia per evitare di condividere misure incompatibili con il Diritto europeo.

Così, Sergio Mattarella ha firmato con riserva, il 24 febbraio scorso, il testo del Decreto legge Mille proroghe, elaborato dal Parlamento e sul quale il Governo Meloni aveva posto la questione di fiducia, accompagnando la firma con una lettera indirizzata ai due Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. La ragione della missiva? La proroga delle Concessioni Balneari:“Le predette disposizioni , oltre a contrastare con le ricordate definitive sentenze del Consiglio di Stato, sono difformi dal diritto dell’Unione Europea, anche in considerazione degli impegni di apertura al mercato assunti dall’Italia nel contesto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.

Il Presidente della Repubblica elenca critiche di metodo (delle quali questa nota non potrà occuparsi) e di merito, scrivendo di “specifiche e rilevanti perplessità”. La Corte di Giustizia europea “ha ritenuto incompatibile con il Diritto europeo la proroga delle Concessioni”. Quindi, sulle Concessioni demaniali “sono indispensabili, a breve, nel primo provvedimento utile, ulteriori iniziative di Parlamento e Governo; sarà, infatti, necessario assicurare l’applicazione delle regole della concorrenza”. Sostanzialmente, il Presidente della Repubblica chiede al Parlamento ed al Governo un urgente nuovo pronunciamento per ripristinare le regole della concorrenza in necessaria coerenza con il Diritto dell’Unione europea.

Per il Quirinale il capitolo non è chiuso, anche perché ha dimostrato con atti concreti di considerarsi il garante dei rapporti corretti con le istituzioni europee, rapporti indispensabili per continuare ad ottenere i fondi del PNRR, destinati all’Italia.

Il 27 febbraio 2023 è stato lasciato scadere, senza fare alcunché, il termine per stabilire i criteri di partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica relative alle Concessioni de quo loquimur; fortunatamente il termine in questione è stato rinviato.

Il Governo, in prossimità delle due elezioni regionali del febbraio 2023, ha probabilmente voluto fare constatare al proprio elettorato che voleva proteggerlo, andando anche contro ogni possibile evidenza.

Il Presidente del consiglio, dovendo e volendo, ora, riscontrare positivamente i rilievi del Capo dello Stato, ritorna sul Dossier delle Concessioni balneari, che riguarda circa 30.000 imprenditori (di uno dei quali, il Twiga di Briatore, è socia il Ministro Daniela Santanché) con circa 60.000 dipendenti, probabilmente approssimati per difetto, decidendo di non subire più le pressioni che hanno avuto come conseguenza i rilievi del Presidente Mattarella.

L’obiettivo di una ineludibile trattativa con l’Unione Europea appare opportuna per arrivare alla soluzione della questione “emanazione dei bandi”, sperando di ottenere dalle stazioni appaltanti le possibili tutele per gli attuali concessionari e la conferma della proroga al 31 dicembre del 2024 prevista, in via eccezionale, dalla Legge approvata dal Governo Draghi. Necessario ripristinare il vetusto rituale del vertice di maggioranza per risolvere nei tempi pretesi dal Quirinale la insidiosa questione delle Concessioni per la gestione delle spiagge.

Il 25 febbraio il Governo ha  diffuso  una nota ufficiosa nella quale si è fatto un passo verso i rilievi del Presidente della Repubblica, sostenendo che la norma che proroga le Concessioni balneari è ormai legge, ma si cercherà di modificarla. Due giorni dopo, la portavoce della Commissaria Europea per il Mercato Interno, Sonya Gospodinova, ha parlato di uno “sviluppo abbastanza inquietante”.

I titolari delle concessioni, che si sentono protetti dai parlamentari del destra centro sono arroccati a difesa del loro status, non percependo il pericolo che potrebbe venire dalle singole Procure nel caso decidessero di disapplicare la norma contrastante con la Direttiva Bolkenstein, e causando, così, una ulteriore, enorme ed irresolubile confusione politico\economico\sociale.

Secondo il Senatore a vita Mario Monti[1], “c’è la tendenza in chi governa lo Stato a dare priorità non all’interesse dello Stato, ma agli interessi di categorie organizzate di cittadini; categorie alle quali regalare risorse dello Stato, nella speranza che contraccambino il favore con il loro voto”; quanto ora riportato, pur essendo il nostro uno dei paesi con il maggiore debito pubblico a cui si contrappone una grande ricchezza del comparto privato e con una importante azione di lobby, tesa a scoraggiare l’apertura a confronti concorrenziali.

L’unico compromesso possibile, anche con l’Unione europea potrebbe consistere nell’emanazione da parte del Governo, di un decreto legge con il quale si decida di bandire le gare, “tutelando i gestori”. Ma, ancorché il Governo abbia promesso al Capo dello Stato “attenzione ed approfondimento”, la maggioranza di Governo è tutt’altro che unita: Lega e Forza Italia sono i diretti referenti  dei concessionari balneari. La Lega dice di attendere il “tavolo tecnico istituzionale”. FI punta sulla “non scarsità” delle spiagge: su 7.500 chilometri di spiagge, solo lo 0,75% è attualmente occupato da stabilimenti; probabilmente, però, sono i chilometri più appetibili. Secondo il sindacato di categoria la concorrenza si opera ampliando l’offerta, non sostituendo nei singoli luoghi chi operava in precedenza.

L’accordo è complesso perché si deve trovare il metodo per contemperare i diversi interessi economici, giuridici, istituzionali, politici i quali, fino ad ora, si sono confrontati dimostrando l’incapacità di fare sintesi, anche eliminando l’incongruenza di avere in vigore due norme diverse con lo stesso oggetto (Legge Draghi, Decreto Meloni). La Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, è attesa al varco delle decisioni.

Una ipotesi appena accennata: i “bandi condivisi”. Cosa che significa: si bandiscono le gare, i concessionari in proroghe (scadute?) accettano il principio, purché con una tutela rafforzata che enfatizzi il ruolo fino ad ora svolto negli anni di concessione, purché il tutto sia corredato da una congrua rivalutazione logica dei canoni previsti dai Bandi. Senza un intervento risolutivo all’orizzonte si vedrebbero migliaia di giudizi dall’esito probabilmente esiziale per gli attuali titolari delle concessioni in scadenza e non prorogabili secundum jus. Gli interessati ne sono consapevoli?

Chi scrive ritiene che il presupposto della tutela di cui sopra è la disponibilità, da parte di chi ne godrà, a rivedere, fin nella fase della stesura dei bandi, e notevolmente, i canoni relativi alle Concessioni.

A queste condizioni si potrebbe mettere tutte le concessioni a gara pubblica entro due\tre anni, con bandi che tengano conto, in termini di punteggi, del “know how” aziendale, degli investimenti realizzati, dell’avviamento, dell’esperienza, della qualità, delle strutture create a beneficio di quella concessione, del valore delle aziende, tanto familiari quanto di capitale, consentendo lo svolgimento delle procedure di evidenza pubblica che la Direttiva europea pretende ed allo Stato di non subire danni a vario titolo dalla sua elusione. Sembra ai Sindaci che la Legge Draghi  del 2022 consenta agli attuali gestori delle concessioni di concorrere nell’ambito delle nuove gare per ottenere l’assegnazione delle concessioni.

I comuni (e le altre eventuali stazioni appaltanti) potrebbero, quindi, iniziare a preparare i nuovi bandi per le concessioni di loro competenza, individuando, magari tramite l’Associazione Nazionale Comuni d’Italia (ANCI) una base giuridico tecnica economica comune.

Massimo Maniscalco

 

[1] L’Ultima spiaggia (per pochi), Corriere della Sea, 26 Febbraio 2023.

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