Il governo Draghi ha giurato. Auguri Presidente. Sono auguri che ci facciamo, tra italiani. Ci sono tutte le premesse per un anno di stabilità, almeno fino all’uscita dalla pandemia e dall’emergenza economico-sociale. Poi si vedrà.
Da questo passaggio, quali sono i partiti che escono vincitori o vinti? La domanda è lecita, tenuto conto dell’alto tasso di competitività (spregiudicatezza?) immessa da alcuni capi partito nella gestione della crisi, con l’occhio a massimizzare il proprio tornaconto elettorale.
Vince di sicuro Matteo Salvini, anche se qualcuno gli attribuirà il marchio dell’incoerenza (infamia?). Ma! Quando si lascia la strada vecchia (sbagliata) per la nuova (l’Europa) più che incoerenza c’è ravvedimento.
In una settimana ha preso le distanze dal Rassemblement National di Marine Le Pen e dal partito dell’ultra destra tedesca Alternative fur Deutschland. Con la nuova collocazione assunta in Italia, può sperare che la possibile richiesta d’ingresso nella famiglia del PPE, possa essere presa in considerazione con buone probabilità di successo.
Questo è il conto che ha fatto Salvini. L’unico interrogativo riguarda semmai se il gesto “d’incoerenza” sarà duraturo. Fino al 2023 ci si può sperare, perché Salvini sa che, dopo la conversione all’Europa, se il centro-destra vincerà le prossime elezioni politiche, sarà lui, molto probabilmente, piaccia o no, il nuovo Presidente del Consiglio.
Viene collocato tra i vincenti, nella gestione della crisi, anche Matteo Renzi. Sul punto però non ho altrettante evidenze.
Il progetto di Renzi è parzialmente riuscito, almeno nel primo passaggio: l’allontanamento di Giuseppe Conte, di ostacolo al decollo del progetto di costruzione di un centro-sinistra simile a En marche. Tuttavia, lo spazio di centro che Renzi immaginava di poter liberare, al di là di ogni previsione, con la nascita del Governo Draghi, si è ulteriormente ristretto invece che dilatarsi. E questo mortificherà ancora di più le aspettative centriste di Italia Viva.
Come ne esce il Movimento 5 Stelle? Il partito di Grillo è anch’esso in mezzo a un faticoso processo di ridefinizione della propria identità politica. È uscito dall’originaria collocazione che lo vedeva schierato tra sovranisti e populisti. Non ha ancora trovato però una nuova sede.
Qui Di Maio, a mio avviso, ha commesso un grande errore nella formazione della squadra di governo. Il presidente del Consiglio uscente avrebbe potuto ragionevolmente assumere l’incarico di responsabile della Farnesina, quale attestazione visibile di continuità e riconoscimento dei meriti conseguiti, nell’aver contribuito ad assegnare all’Italia più di 200 miliardi dal Recovery fund. Invece, Giuseppe Conte esce, almeno per adesso, dal palcoscenico della politica. Non doveva rappresentare Conte la testimonianza della maturità acquisita e fornire attestato delle competenze maturate dal Movimento 5 Stelle?
Giuseppe Conte è uomo di centro. Nonostante le sue indecisioni, l’ha fatto capire in tutti i modi. Se M5S intende consolidare la propria vocazione di governo, non potrà fare a meno di lui.