Siamo già intervenuti sull’attualissima vicenda del Mes ( CLICCA QUI ). Ora ci torniamo sopra con un articolo di Guido Puccio e una riflessione che l’amico Alessandro Diotallevi ha inviato al ” blogger ” Becciolini che interviene spesso in materia.
Non poteva mancare l’ennesima conferma che la politica di casa nostra procede a tentoni e segue solo la cronaca, tra improvvisazioni e tentativi di approfondimento, slogan e dichiarazioni frettolose, interventi a pioggia sui social media e pareri di esperti, siano essi i soliti professori o i giornalisti di successo.
Dopo la TAV, l’Alitalia e l’ILVA è ora il turno del MES (il trattato detto Meccanismo Europeo di Stabilità) che a febbraio dovrebbe riformare il vecchio trattato “salva Stati”.
L’argomento è serio e la discussione è in corso in Parlamento e nelle piazze, sia in quelle reali che in quelle virtuali della rete, dove affiorano visioni a volte imbarazzanti dei rapporti con la Comunità Europea.
Per rendersi conto di che cosa comporti per il nostro Paese l’adesione a questa riforma del trattato è necessario partire dalla domanda più semplice che si pone anche l’uomo della strada: che cosa è il MES? E’ un trattato europeo da sottoscrivere da parte di tutti i Paesi dell’Unione, che già esiste con altro nome dal 2012 e che prevede interventi finanziari massicci a sostegno di un Paese membro quando è in difficoltà per eccesso di debito o per gravi crisi bancarie.
Nel 2017 è stato avviato dalla Commissione Europea un progetto di riforma che, da un lato, assicura consistenti prestiti e acquisto di titoli di Stato per fare fronte alla crisi e scoraggiare le speculazioni al ribasso, ma contemporaneamente pone delle condizioni: interveniamo in tuo aiuto se rispetti precisi obiettivi di bilancio e se dimostri che sarai in grado di rimborsare i prestiti (erogati con i soldi dei contribuenti europei). Se poi non ce la fai, o si allungano i tempi che ti abbiamo concesso, oppure tagli il debito dichiarando che i tuoi titoli di Stato saranno ripagati solo parzialmente. Come è avvenuto per la Grecia con le conseguenti micidiali misure di austerità. Questa eventualità non è però automatica e si verifica solo se continui a fare la cicala mentre le formiche lavorano.
La sostanza è tutta qui, ed è proprio questa eventualità che in questi giorni provoca lo scontro tra le forze politiche e non solo.
I sovranisti di casa nostra non perdono l’occasione di drammatizzare e diffondere paura: Salvini come al solito si è spinto a dire che il trattato “sarebbe mortale per l’economia italiana” e parla già di traditori della Patria e di subordinazione al volere dei tedeschi. Di Maio e la Meloni per non essere da meno chiedono interventi correttivi.
Il Governo sostiene che l’eventualità del taglio del debito, con quanto ne consegue, non ci riguarda: prima di tutto perché la clausola non è automatica e soprattutto perché l’Italia ha certo un debito pubblico abnorme, ma ha pur sempre fatto fronte ai suoi impegni, rimborsando alla scadenza i titoli e pagando puntualmente gli interessi.
Tutto il resto è polemica, a cominciare dal fatto che Salvini e Di Maio intervengono oggi quasi fossero stati solo spettatori della riforma del MES mentre entrambi erano addirittura vice-premier quando l’argomento è stato trattato in ben due Consigli dei Ministri della Repubblica, nel 2018 e nel 2019. I casi sono due: o non avevano capito, oppure in quelle occasioni non avevano interesse ad utilizzare l’argomento per la propaganda.
Che siano necessarie alcune precisazioni sul trattato è vero, come osservano in questi giorni autorevoli banchieri, per cogliere l’occasione di emendare alcuni allegati essendo il testo già praticamente completato. Ma da qui a mettere in discussione l’adesione dell’Italia al MES ce ne corre.
Che cosa succederebbe se non si aderisse? Sarebbe come dichiarare che non abbiamo fiducia nemmeno in noi stessi e i mercati ne trarrebbero le conseguenze in tempi brevi. Tanto più che si è già ottenuto un risultato nel corso dei lavori preparatori, essendo la sanzione del taglio del debito non certo un automatismo (come chiedevano i Paesi membri del nord Europa), ma in ogni caso argomento di negoziazione.
La buona politica, a tale riguardo, dovrebbe occuparsi non tanto della riforma del MES quanto piuttosto del debito pubblico che ogni anno aumenta per provvedimenti finanziati in deficit (come “quota cento” e il reddito di cittadinanza), per il peso della burocrazia, per il PIL che si è inchiodato e non cresce, per la produttività che ci vede tra gli ultimi, per la incertezza delle regole. Quando manca la buona politica e lo Stato-nazione è lasciato ai populismi, come scrive Michael Broning su Foreign Affairs, “anche un grande Paese può rivelarsi un nano”.
Guido Puccio
Commento di Sandro Diotallevi
Caro Becciolini, mi pare di capire che tu rifugga da massimalismi, aggressioni e stupidità. E, correggimi se sbaglio, hai una vocazione alla giustizia. Nei limiti di questo tipo di comunicazione sincopata, a proposito di Mes, provo a dirti: 1. Cipro, Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna sono i paesi che hanno usufruito di diversi tipi di sostegno finanziario. 2. L’ultimo ha riguardato la Grecia. 3. Se l’Italia dovesse ricorrervi, il nostro Paese sarebbe bello che morto, al pari dell’Europa. 4. Questo meccanismo soccorre paesi le cui classi dirigenti si sono di mostrate antipopolari per aver esposto la loro finanza all’aggressione dei mercati.5.la finanza globale non salvaguarda i popoli. E non sono salvaguardati da sovranismi impotenti o da classi politiche inadeguate (posto che i tecnocrati preferiscono chi li remunera meglio e nel tempo postdemocratico le istituzioni pubbliche sono state svuotate delle loro migliori competenze attraverso campagne di informazione lobbistica dei neoliberisti. 6.Ovvio che non si desideri la sorveglianza macroeconomica della Ue o del FMI, ma allora dotiamoci di rappresentanza politica ELETTA adeguata. 7. Non considero adeguato Paragone, considero adeguato Draghi, purché si adoperi nella luce solare delle istituzioni democratiche.
Alessandro Diotallevi