Si è ricordata l’alluvione del Polesine di 70 anni fa. Le conseguenze più gravi le subirono ampie zone del Veneto. Terra allora ancora martoriata da fame e miseria. Terra che continuava ad essere costretta ad assistere all’impotente fenomeno dell’emigrazione.

L’alluvione del ’51 aprì la lunga serie degli eventi calamitosi che muovevano ad un moto di solidarietà l’intera Italia. A confermarlo ci pensarono i tanti terremoti che si susseguirono dal Belice, al Friuli, all’Irpinia. Quella del Polesine fu in effetti una delle prime occasioni in cui il Paese nel suo complesso si accollava, anche emotivamente, una responsabilità collettiva.

In qualche modo, avuta alle spalle da poco la Seconda Guerra mondiale, e nel pieno di un conflitto politico lacerante, com’era quello determinato dalla presenza del più forte partito comunista d’Europa, quel disastro accrebbe il senso dell’unità nazionale e di quei sentimenti collettivi, in primo luogo, erano fatti di compassione ed istinto solidale.

Dopo di allora il Veneto ha sovvertito tutta la propria pregressa storia miserevole ed è giunto ad avere uno dei Pil pro capite più alto d’Europa. Forse,  è per questo se il riconoscimento di quella tensione solidale nazionale ha finito per allentarsi e a trasformarsi in velleità di autonomia se non, addirittura, di secessione. Oggi colpisce che sul sito della Regione Veneto ( CLICCA QUI ) non sia presente neppure una riga sull’alluvione di 70 anni fa. Rimozione di un evento drammatico o di quel moto di solidarietà nazionale che avvolse i veneti?

 

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