“Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce” (Isaia). E il Natale è essenzialmente luce per cristiani e non cristiani, è la luce da seguire ma che si fa fatica a discernere quando si è immersi nella tenebra, nella oscurità senza barlumi e ad essi ci si è ormai rassegnati, anche talvolta in nome di ideologie di “progresso”. Si sa, ce lo dice l’evangelista Giovanni, che talvolta “gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce”, è un mistero ma è così.
Ed è quello che succede nella vita delle persone e nella storia dei popoli che hanno spesso preferito le tenebre. Le guerre sono una delle manifestazioni di questa “tenebra” ma ce lo dimentichiamo sempre. La guerra “liquida e globale” che sembra dilagare dall’ Ucraina all’ oriente pare una “oscurità” inevitabile, che si può fermare solo con altra guerra. Tutto infatti pare diventare un’arma. Weaponsation è il termine che si adopera per definire questa grande mutazione, la trasformazione di ogni oggetto in potenziale strumento di guerra e di morte. Una guerra necessaria per la”pace”!
E’ in questi momenti che la via d’uscita dall’oscurità non è la vittoria militare, la corsa agli armamenti, l’individuazione di armi sempre più micidiali per battere il nemico, ma, per quanto paradossale, è solo l’irrompere della coscienza che ci fa vedere quello che non vedevamo e che rovescia i potenti presunti invincibili dai loro troni.
Ottanta anni fa, nel sesto Natale di guerra, proprio all’acme dei massacri e delle disumanità della guerra totale perpetrati dai nazisti (dopo Marzabotto, S. Anna di Stazzema, l’ Olocausto, …) Papa Pio XII lanciò uno straordinario Radiomessaggio (CLICCA QUI) natalizio in cui non esprimeva soltanto una speranza di pace, ma asseriva, con una incredibile forza, la certezza di un mutamento già in atto, in piena guerra. Ci faceva capire in altri termini che per vie misteriose – che mente umana non può indagare a fondo- il male morale della guerra stava cedendo ad un bene che era già in atto, non in potenza, e che si chiamava riscoperta della dignità e della libertà responsabile dell’uomo.
Del resto che cosa ha condotto, in ultima analisi , alla sconfitta finale del nazismo ed alla successiva costruzione della pace nelle forme specifiche da essa assunte? Non le armi, non le strategie, non le diplomazie, o non soltanto esse, ma soprattutto la immane resistenza morale e materiale della società civile europea, frutto della riscoperta da parte di uomini comuni del valore della dignità della persona che imponeva di resistere al male , anche se soverchiante ( ed in apparenza invincibile) e di dare un senso nuovo alla pace. Quello che abbiamo chiamato Resistenza e che si estese in ogni plaga d’ Europa.
Nel Radiomessaggio tutto ciò è detto con una assertività che stupisce e col rigore che può contraddistinguere i grandi storici ( che scrivono però a fatti conclusi). Affermò il 24 dicembre 1944 Papa Pio XII, in occasione del sesto Natale di guerra: “Dai lugubri gemiti del dolore, dal seno stesso della straziante angoscia degli individui e dei paesi oppressi, si leva un’aurora di speranza. […] Inoltre — e questo è forse il punto più importante —, sotto il sinistro bagliore della guerra che li avvolge, nel cocente ardore della fornace in cui sono imprigionati, i popoli si sono come risvegliati da un lungo torpore. Essi hanno preso di fronte allo Stato, di fronte ai governanti, un contegno nuovo, interrogativo, critico, diffidente. Edotti da un’amara esperienza, si oppongono con maggior impeto ai monopoli di un potere dittatoriale, insindacabile e intangibile, e richieggono un sistema di governo, che sia più compatibile con la dignità e la libertà dei cittadini”.
I popoli, cioè, si sono risvegliati da un lungo torpore nell’ardore cocente della fornace che li ha imprigionati. Nel mezzo della Guerra mondiale è già evidente il germe della pace e della futura democrazia ed è in questo risveglio della coscienza del bene e della dignità. Nei momenti più terribili della storia la differenza decisiva non è più giocata dalle armi, ma dalla luce della coscienza che riemerge dalla oscurità della storia. Ed ancora oggi forse, nel terzo Natale di guerra in Ucraina, il fattore decisivo per ripristinare il ruolo della pace è proprio ancora la forza morale , il valore infinito ed assoluto della dignità umana che occorre tornare a discernere. Al di là di ogni opposizione materiale, di ogni boicottaggio economico, di ogni sanzione, e di ogni denuncia, di ogni sciopero, di ogni disobbedienza civile, cioè di ogni atto di pur utile contestazione della violenza delle armi.
E’ solo l’idea di bene che può sconfiggere l’idolo del male, l’idolo della guerra. Riscoprire la luce è allora contemporaneamente una speranza ed una forza. La riscoperta di quella luce anzi è già la vittoria. Quella di cui il Radiomessaggio papale dava la certezza nell’ inferno bellico del 1944.
Umberto Baldocchi