Il Corriere della Sera del 23 gennaio ospita un articolo di Angelo Panebianco che, in riferimento alle dichiarazioni del Presidente Conte favorevoli a un sistema elettorale proporzionale, titola: “Il sistema sbagliato”.

La lettura dell’articolo non rispecchia, però, tutte le granitiche certezze che il titolo prospetta. Infatti, piuttosto che dire dei difetti del proporzionale, sottolinea i pregi del maggioritario, tralasciando per converso i “pregi” del proporzionale, che pur ci sono. I vantaggi del maggioritario sono di due tipi: 1) il corpo elettorale non esprime soltanto una preferenza politica ma, in base all’effetto Westminster, offre anche un’indicazione di governo; 2) si caratterizza per distribuire prevalentemente “beni pubblici” (investimenti, riforme, crescita), in raffronto all’offerta politica del proporzionale, dove le politiche assistenziali (o clientelari) privilegerebbe la distribuzione di “beni privati”.

La Germania di Adenauer, Schmitt, Schröder, Kohl, Merkel, nota per stabilità e buon governo, ha sempre eletto il Bundestag col proporzionale (temperato dalla sperrklausel del 5%). Allo stesso modo la Spagna, fino a pochi anni fa, è stata segnalata come modello di stabilità ed efficienza, anche per il suo sistema proporzionale.

In base a questi dati oggettivi, è verosimile ritenere che instabilità ed inefficienza non siano tanto legati alla formula elettorale, ma vadano piuttosto ricondotti al sistema dei partiti. Il riscontro più evidente di quest’ultima affermazione, viene proprio dalla Spagna, dove la formula proporzionale, con sbarramento (3% di collegio), ha offerto sia governabilità che buona amministrazione, almeno fino a quando sono comparsi sulla scena partitica nuove formazioni (Podemos e Ciudadanos, Vox), dai caratteri marcatamente “populisti”.

L’esperienza tedesca e spagnola, lette in contemporanea, ci offrono il ragionevole riscontro che il diverso funzionamento dei sistemi proporzionali è strettamente correlato alla diversità del sistema dei partiti. In Germania, Cdu-CSU e SPD, sono stati capaci di garantire la necessaria stabilità. In Spagna, la crisi del Partido Popular ha coinciso con la crisi del sistema. Sono i partiti, allora, che possono assicurare o compromettere la funzionalità del sistema proporzionale.

Panebianco afferma che il proporzionale sarebbe la principale causa dello sperpero di denaro pubblico, profuso per la predominanza delle politiche distributive di tipo “privato” e clientelare. Per quanto riguarda l’Italia, l’assunto è vero, se il riferimento va alle prassi di governo della prima repubblica. Tuttavia, lo scarso rigore nella gestione delle finanze pubbliche di quel periodo storico, piuttosto che essere addebitato al proporzionale, risulta essere il prodotto del sistema politico allora in vigore, ove dominavano prassi consensuali, modelli associativi ed assembleari, in conseguenza della rigida applicazione della conventio ad excludendum, ai danni del maggior partito della sinistra.

La ragionevole indicazione del Presidente Conte per la reintroduzione del proporzionale, nell’attuale contesto, è condivisa dalla neonata formazione politica Insieme. Dopo la scomparsa dei partiti storici, a seguito delle note vicende di “tangentopoli”, sembra infatti auspicabile ogni tentativo volto ad incrementare il tasso di rappresentatività del Parlamento, in modo da rifarne il luogo del confronto delle idee, piuttosto che il teatro di guerre partigiane.

Il maggioritario delle regioni e degli enti locali non è in discussione. Ha assicurato la stabilità e la trasparenza del governo locale. La rappresentatività del Parlamento nazionale però è un’altra cosa. Qui i temi in discussione sono di altra natura. Serve innanzitutto il recupero del senso di riconoscimento della comunità nazionale. Per questo, la divisione bipolare è innaturale, se non dannosa, al fine d’introdurre una nuova fase “costituente delle idee”.

Il principio maggioritario non è in discussione. Nemmeno la contrapposizione ideologica destra-sinistra è da buttare. Ciò che è discutibile è l’attribuzione ai sistemi elettorali di fini diversi da quelli loro propri. La formula elettorale indica i mezzi non i fini. Non si occupa di altro. La Costituzione ne è consapevole e appositamente non ne tratta, lasciando ogni libera scelta ai partiti. La crisi odierna della democrazia, al di là della scarsa consapevolezza di tanti i partiti, richiede una rivoluzione costituente delle idee. Tutte le fasi costituenti richiedono la massima espressione del consenso, che si ottiene con il proporzionale. Per Westminster se ne riparlerà.

Guido Guidi

About Author