Il ritiro della candidatura di Berlusconi al Quirinale fa oggettivamente compiere un passo avanti alla faticosa ricerca di un Presidente che, se non fortemente unitivo, sia, se non altro, meno divisivo e libero dall’intrico dei veti incrociati. In sostanza, il pallone che era finito in tribuna torna in campo. La partita può riprendere e, finalmente, si potrà capire chi ha più filo da tessere.

Va, ad ogni modo, riconosciuto che il gesto di Berlusconi si presta a due letture che non sono necessariamente antitetiche. Per un verso, va dato atto al Cavaliere di aver assunto, forzato o meno dallo stato di fatto dei consensi insufficienti, un atteggiamento di responsabilità – né, per la verità, poteva essere diversamente – evitando di mantenere sotto scacco l’intero sistema politico. A cominciare dal suo stesso schieramento, anzi dalla stessa Forza Italia dove molti, anche tra esponenti autorevoli, erano ben consci di quanto fosse impropria una simile candidatura.
Insomma, pagato un debito di immagine, o sia pure di riconoscenza nei confronti del loro vero capo, quelli del centrodestra hanno tirato un sospiro di sollievo.

Per altro verso, la sostanziale sconfitta – per abbandono, che è pur sempre la modalità peggiore – del “campione” della Seconda Repubblica e del bipolarismo maggioritario, ribadisce come sia giunta al suo epilogo una stagione, che forse un giorno verrà riconosciuta come niente più di una faticosa parentesi di transizione da un sistema politico che ha costruito la democrazia del nostro Paese ad una fase successiva cui è affidato il compito di rifondarla in una condizione storica decisamente “altra”, che, di fatto, risponde alla temperie dei nostri giorni.

In sostanza, la Seconda repubblica lascia un vuoto che va colmato e si tratta di capire se i partiti in campo siano in grado di assumere un’iniziativa privilegiando l’interesse generale del Paese piuttosto che la ricerca, da parte di ciascuno, della “pole position” in vista del Gran Premio elettorale prossimo venturo. Ma chi vuol bene davvero all’Italia deve sperare che, al di là di ogni improbabile attesa, la prossima elezione del Capo dello Stato si riveli come il virtuoso avvio di un nuovo percorso. La speranza è l’ultima a morire. Comunque, il getto della spugna dall’angolo del ring in cui siede Berlusconi, semplifica una partita che non è affatto in discesa, anzi prevede tornanti impegnativi.

In quanto a Draghi che molti dicono di voler tutelare, forse è bene che – se ritiene di continuare a servire, come ci auguriamo in molti, il suo e nostro Paese – cominci a tutelarsi da solo.

La dichiarazione che Berlusconi ha fatto seguire al suo “bollettino della resa”, non è per niente serena e rassicurante.
Così pure le parole pronunciate al tavolo della Gruber da Goffredo Bettini, che, intanto che passano i segretari del PD, ma lui non passa mai e, anzi, sovraintende, come una sorta di Giove Olimpio, ai loro destini.

Non vorremmo che il riposo del Presidente del Consiglio possa essere turbato da un incubo notturno nelle forme di una reminiscenza della “carica dei 101”. E non sarebbero i cuccioli dalmata cui dà la caccia Crudelia DeMon.

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